Garbage
Not your kind of people
Sarà la crisi dell’arte che, come la risacca del mare, continua a portare a riva le stesse band che avevano preso il largo dopo i fasti splendori oppure sarà la tanto sbandierata crisi economica che costringe coloro che sguazzavano nei facili guadagni degli anni ’90 a riproporsi tempestivamente per godere dell’agognata e temuta pensione? Da qualche annetto le reunion hanno popolato (e popolano tutt’ora) le news delle webzine e ci ritroviamo, sovente, dinnanzi a qualche musicista incartapecorito che cerca la stessa musa che in passato lo aveva dolcemente lambito. Senza stare a lanciare invettive a vuoto, penso al Chris Cornell del periodo Timbaland, nerboruto, abbronzato e col viso crucciato da pene amorose mai sopite, e lo paragono al Cornell contemporaneo della reunion coi Soundgarden, bardato da jeans sdruciti, t-shirt occasionali e capelli scarmigliati a nascondere il ghigno beffardo. Questo è il problema delle reunion, il più delle volte vengono discusse nell’ufficio di un produttore in smoking, tra una risata d’intesa intrisa di falsi propositi e dati percentuali che riempiono le bocche dei presenti manco fossero dipendenti Istat.
Nonostante tutto, c’è chi riesce ancora minimamente a partorire idee interessanti, mantenendo quella cifra stilistica necessaria per portare a casa un buon risultato. Era dal 2005 che non si avevano notizie concrete dei Garbage, da quel Bleed like me che sanciva il loro approccio con il genere rock vantando la partecipazione dell’istrionico Dave Grohl alle pelli. Poi, per sette anni, i segnali di vita della band sono stati intermittenti, glaciali, rappresentati esclusivamente da un inedito dalle sfumature Beat (Tell me where it hurts) e dai prodromi circa la carriera solista di Shirley Manson, sfortunatamente mai decollata. La reunion arriva inaspettata, preannunciata dal singolo Bloody for Puppies, che unisce un’atmosfera reggae a degli incisi power pop. I Garbage del 2012 riprendono il discorso esattamente da dove lo avevano lasciato. Niente innovazioni, niente rischi, solo molto mestiere. Neanche Stunvolume, etichetta creata ad hoc dalla band per fuggire - a detta loro - ai sordidi artifici delle major, sembra aver sortito il tanto atteso effetto indie.
L’approccio manierista nella creazione delle canzoni, calcolate geometricamente nel minutaggio e nella metrica, si sente perfettamente in brani come Automatic sistematic habit, portatore sano del Garbage-pensiero, pompato da pacchiani motivetti electro in stile Righeira ed intervallato da una melodia manga. In alcuni casi, invece, gli arrangiamenti opulenti e bilanciati restituiscono il compitino solerte dello studente preparato, come nel sopracitato Bloody for puppies o nella pallosissima title track Not your kind of people, che interloquisce con algide fascinazioni trip hop senza eguagliarne il pathos. Fortunatamente la band si smarca dal tranello dei facili revival e riesce a virare con acchito vigoroso su lidi cristallini. Ed è lì che ti accorgi che una macchina vecchia ma ben oliata riesce ancora a percorre onestamente svariati chilometri. Quando riesci a percepire la passione della Manson che, nonostante i quasi cinquant’anni, trasuda eros come ai tempi di Version 2.0 (Man on a wire) o quando i nostri riescono a piazzare uno splendido affresco rock dalle tinte spy (I hate love).
Not your kind of people è il classico album dei Garbage che si porta dietro lo strascico di pregi e difetti. D'altronde oramai sappiamo perfettamente che sono marchiati dal peccato dell’instabilità artistica che li ha resi così incostanti da piazzare banali hit radiofoniche obsolescenti accanto a brani dal raro e preziose valore artistico. Due facce della stessa medaglia, prendere o lasciare.
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