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R Recensione

7/10

Luca Gemma

Supernaturale

Artista eclettico e compositore dal riconosciuto talento, (ha scritto per Fiorella Mannoia e Malika Ayane, e composto musiche per i più importanti canali televisivi), Luca Gemma, dopo l’esordio negli anni ’90 con i Rossomaltese insieme a Pacifico, ha intrapreso una carriera solista che l’ha portato oggi a pubblicare il suo quarto capitolo.

Un lavoro che gode del supporto di presenze importanti, dal produttore Paolo Iafelice (già al lavoro con alcuni dei nomi più importanti della canzone d’autore italiana, come De André, Capossela, Jannacci, Vecchioni e decine di altri) a musicisti noti del rock italiano, quali Andrea Viti (Afterhours), Roberto Romano (Baustelle) e Patrizia Laquidara, una delle migliori voci femminili italiane (Premio Tenco 2011 per il migliori disco in dialetto). Dal punto di vista dei testi, i brani di Supernaturale si possono quasi dividere in due filoni: quelli più impegnati, diremmo quasi politici, anche se mai semplicemente e banalmente di protesta, ed altri più introspettivi. Spiccano tra i primi senza dubbio Una mela rossa, uno splendido pop cantato in falsetto, un brano delicato ma con un testo acido e corrosivo (l’Italia non mi piace, è un posto per carogne e figli di papà) su un paese da cui spesso è meglio fuggire (diventare grandi, è prepararsi al meglio per spingersi più in là, e fottere l’inverno). Un paese fotografato in maniera sarcastica in Bye bye. Ritmo incalzante e contrappunti di chitarra, per una fotografia ironica e acida della situazione politica (politica bye bye, che non insegni mai, a immaginare un mondo, ma a farti i cazzi tuoi) e culturale (che musica stupenda, invade la tv, la radio e l’ascensore, il cesso e l’autogrill, è sempre più assordante, però non canta niente) del nostro paese. Discorso che sfocia in Credo, un lento in cui Gemma racconta la disillusione verso un mondo in cui non si crede più, descrivendo le poche e semplici cose in cui ancora crede (io credo al sole quando splende, agli occhi dei miei figli, poi credo di esser libero, o almeno provo a dirmelo).

Cantato quasi solo voce e chitarra elettrica, il brano si riempie nel finale, un finale che ricorda volutamente certe chiusure orchestrali alla Beatles (con tanto di cori, sax, batteria, chitarre). Un brano riuscitissimo, il cui tema viene ripreso in Io voglio, un funk ritmato il cui testo cita il De Andrè più arrabbiato de La domenica delle salme (io voglio, gambe allenate che la strada è lunga, e braccia aperte a quello che verrà, voce potente per un sano vaffanculo, per un futuro come piace a me). Altro vertice del disco, nonché probabile hit single, è L'alba, sostenuto da un’ottima batteria, un brano dall’andatura pop, veloce e gioioso. Perfetto anche l’uso del flauto, per descrivere le sensazioni provate dalla gioiosità dell’alba, l’inizio di un nuovo giorno. Un brano che trasmette gioia, rilassatezza, benessere. Questa in fondo è la forza del miglior pop, il potere della musica, anche di una sola nota giusta, di un ritornello azzeccato, di cambiarti l’umore in un minuto, come in Blu elettrico (un accordo di chitarra, che non riesci a stare fermo, e il mondo è come vuoi per un attimo). E queste sono le sensazioni che si provano ascoltando i brani di questo lavoro, dalla splendida melodia di Soprannaturale, cantata benissimo, agli archi campionati in apertura di Canzone al buio registrata tutta dal solo Gemma, al canto elettrico Natura, dedicato alla natura, alla bellezza, alla vita, al dolce canto sull’amore de Il cielo sopra di te, con il suo intro lento, voce, chitarra e grilli in sottofondo.

Un disco in cui c’è la grande canzone d’autore e il rock, i Beatles e De Andrè, il funk e il pop, tutto amalgamato alla perfezione, dove testi acuti e intelligenti, scritti con semplicità ma senza mai risultare banali o scontati, si uniscono a suoni puliti, cristallini, accattivanti, originali. Un disco che ci fa ritrovare il piacere di emozionarci semplicemente ascoltandolo.

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