R Recensione

7/10

Patrick Watson

Wooden Arms

Non ha mai goduto delle moine riservate dai vari Pitchfork e derivati verso tanti nomi dall’eldorado indie canadese, Patrick Watson, deus ex machina di un quartetto che porta il suo nome.

Eppure non sfigurerebbe tra i nomi  più celebrati sfornati nell’ultima decade dalla nazione di Neil Young e dell’hockey su ghiaccio. Uscito lo scorso maggio, “Wooden arms” è il seguito dell’ottimo “Close to paradise” e ha confermato l’uomo del Quebec come cantautore in possesso di una cifra stilistica credibile, in cui l’impianto folk di base, venato di nervosi impulsi elettronici, sa espandersi attraverso tinte che spaziano dal jazz a vestali baroque pop usate per fortuna con sapienza e parsimonia.  

L’uno-due iniziale di “Firewood” e “Tracy’s waters” è un degno manifesto programmatico, con efficaci melodie incastonate tra una ritmica sconnessa e uno scampanellio percussivo scoppiettante. Per non parlare dei rintocchi pianistici dell’epica “Beijing” e delle aritmie della jazzata “Wooden Arms”. 

Chi di “Close to Paradise” aveva apprezzato il songwriting vivace potrà invece consolarsi con “Man like you”, in cui una tenue piuma  à la Nick Drake fluttua al di sopra di una ballata intima, e con la filastrocca stralunata di “Big bird in a small cage”, trainata da un continuo e placido inserto di banjo e da una ritmica felpata. Fino alle dissonanze incontrollate del dormiveglia di “Down at the beach”, il cui piglio conturbato riporta a galla certe delizie del tardo e incanutito Robert Wyatt.  

Nessuna sconvolgente novità sotto il sole, per carità. Ma un'opera solida al quale può essere forse rimproverata una eccessiva attenzione alle strutture dei pezzi a scapito delle canzoni e che lo rende inferiore al predecessore, caratterizzato da una scrittura brillante e precisa. E la thomyorkite acuta della voce di Watson alla lunga inficia leggermente un progetto così ambizioso, mal sposandosi ad esempio con la chincagliera waitsiana di “Traveling salesman” e rendendo noiosa la lunga e tormentata stasi che con “Machinery of the heavens” – quasi una outtake dal disco smemorato dei Radiohead – fa calare il sipario.

V Voti

Voto degli utenti: 7,6/10 in media su 5 voti.
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REBBY 9/10
giank 8/10
nd1967 9/10

C Commenti

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Luca Minutolo alle 8:53 del 16 dicembre 2009 ha scritto:

Quest'album mi ha lasciato un pò perpelesso e l'ho abbandonato dopo pochi ascolti...Il precedente Close To Paradise mi aveva stretto un nodo alla gola...è uno di quei album che non posso ascoltare perchè mi fanno un brutto effetto...Mi basta ascoltare le prime note di piano di The Great Escape per inondarmi di lacrime...

Wooden Arms è sicuramente più articolato e meno diretto dell'esordio, e dovrei ascoltarlo meglio per poterlo giudicare.

Comunque Patrick Watson rimane un artista capace e con un senso della melodia fuori dal normale, e non serve Pitchfork per capirlo.

REBBY (ha votato 9 questo disco) alle 11:01 del 16 dicembre 2009 ha scritto:

E' vero "non sfigurerebbe (non sfigura ndR) tra i

nomi più celebrati sfornati dall'ultima decade..."

ed è "un cantautore in possesso di una cifra stilistica credibile -e notevole ndR- , in cui

l'impianto folk di base, venato di nervosi impulsi elettronici, sa espandersi attraverso tinte che spaziano dal jazz a vestali baroque pop

usate per fortuna con pazienza e parsimonia". Io

Watson l'ho conosciuto con l'ottimo disco

precedente grazie a Peasy, proprio su queste pagine. Per me Wooden arms ancor meglio di Close

to paradise, perchè ha un impianto ritmico e

musicale più "originale" ed una maggiore maturità

canora (voce stupenda ndR). Il fatto poi che lo

apprezzi anche il Don, nonostante quella che lui

chiama "thomyorkite acuta" (per lui evidentemente

un difetto, visto che è notorio che non ama i

Radiohead ndR) mi convince sempre più che si tratta del migliore album cantautorale (perlomeno versante continente americano) dell'anno e che

tiene dietro i pur ottimi Callahan e Chesnutt.

Anzi dirò di più quest'album per me se la gioca

anche con lo splendido Veckatimest (a naso a chi

è piaciuto il Grizzly Bear probabile piaccia anche questo e viceversa) ed è pure più

"manufatto indie", nel vecchio senso del termine.

In Canada cumunque questo musicista (ho parlato

con vari musicofili canadesi a Cuba) è conosciuto

ed apprezzato, ad esempio è stato molto applaudito

al Festival jazz di Montreux. Eh si questo 2009 è

l'anno dei Patrick e i perplessi rischian di essere lessi (eheh).

DonJunio, autore, alle 12:45 del 16 dicembre 2009 ha scritto:

Due giudizi opposti, vediamo che dice il Peasy, autorità in materia....ottimo intervento, Rebby. Di Yorke e soci certamente non porterei nulla nella famosa isola deserta e ogni tanto lancio qualche frecciatina ai loro fan. Ma mi piacciono abbastanza e non posso certo negarne l’importanza, nonostante quel "notorio" di feltriana memoria faccia pensare il contrario eheheh. La voce di Yorke invece sì, riesco a sopportarla solo a rate, e trovo che il buon Patrick la emuli un po’ troppo spesso. Concordo col discorso sulla ritmica e apprezzo che abbia sfornato un disco così diverso dal precedente, ma la mia idea è che in questo disco ci sia stata troppa attenzione nello scolpire il suono rispetto all’intrinseca scrittura delle canzoni ed è per questo che preferisco i da te citati Chesnutt e Callahan. Piuttosto, dacci qualche dettaglio appetitoso sui tuoi viaggi a Cuba, non ti sarai certo limitato a parlare di Patrick Watson..

Totalblamblam (ha votato 6 questo disco) alle 16:32 del 16 dicembre 2009 ha scritto:

e che titolo devo dare?

canta sempre così tutte le sue songs? sembra che stia per svenire e illuderci di poesia...tra jeff buckley e antony questa è roba per 14-enni, ho bisogno di più che è finito il tempo delle mele: 6.5

REBBY (ha votato 9 questo disco) alle 17:31 del 16 dicembre 2009 ha scritto:

Tranqui Don a Cuba sono andato con la moglie e i

figli giusto per far vedere loro quant'è bella

l'Isla grande, l'abbiamo girata in lungo e in largo. Tutto quello che dovevo fare d'altra parte

l'avevo gia fatto al tempo delle mele (eheh),

quando c'era ancora il muro di Berlino in piedi,

io ero un giovanotto scapolissimo e la polizia

cubana non ammetteva contatti. 6,5 addirittura

gli hai dato Stoke? Dato da te che ... è un buon voto (eheh)

Totalblamblam (ha votato 6 questo disco) alle 21:34 del 16 dicembre 2009 ha scritto:

RE:

grazie rebby... beh si non mi scianco troppo coi 9 e 10 tutti capolavori, ci credo poco a sto andazzo;

vedo che avete devendra in primo piano: quando uscirono i primi dischi i miei voti andavano dal 4 al 5 per lui, mi faceva davvero cacare e di brutto nonostante i consensi alti su OR, questo lo voto 3 senza ascolto che

non ho tempo da perdere e che ho classe da preservare LOL

REBBY (ha votato 9 questo disco) alle 9:22 del 17 dicembre 2009 ha scritto:

"...questo lo voto 3 senza ascolto che non ho tempo da perdere..."

Ma ormai gli hai dato 6,5, troppo tardi eheh. Fai

male a non ascoltarlo tu che sei di grana fine...

Anche il suo principale Holmes (John eheh) si è

lamentato: elementare Watson! Ma è un disco che

non rende ascoltato sul computer... Devendra non

c'azzecca, magari Yorke, Buckley e Antony qualcosa

si (ma è di gran lunga meglio dell'ultimo Antony,

questo non si discute o forse si eheh). Stralol.

Luca Minutolo alle 9:30 del 17 dicembre 2009 ha scritto:

Più che Thom Yorke, a tratti la sua voce mi ricorda quella di Jeff Buckley

Dr.Paul alle 10:51 del 17 dicembre 2009 ha scritto:

RE: Più che Thom Yorke, a tratti la sua voce mi ricorda quella di Jeff Buckley

eh be la zuppa è sempre quella ahr ahr ahr

REBBY (ha votato 9 questo disco) alle 10:53 del 17 dicembre 2009 ha scritto:

Meglio la zuppa che il pan bagnà ... eheh

Totalblamblam (ha votato 6 questo disco) alle 11:40 del 17 dicembre 2009 ha scritto:

rebby il 3 era per devendra (che non ascolterò di certo), watson l'ho ascoltato su SPOTIFY mica sono così ingenuo a votare senza ascolto

REBBY (ha votato 9 questo disco) alle 12:01 del 17 dicembre 2009 ha scritto:

Ah scusa Stoke non ti avevo capito ... (cos'è

SPOTIFY però non lo so). Il tuo ritorna ad essere

un buon voto eheh anche perchè tu di soup dovresti

essere esperto, visto che se ho capito bene sei

coi sudditi di sua maestà...

ozzy(d) alle 15:48 del 17 dicembre 2009 ha scritto:

cristo, tra yorke, buckley, anthony e wolf ci manca solo che spunti fuori chris martin e facciamo il filotto dell'orrido!

REBBY (ha votato 9 questo disco) alle 16:07 del 17 dicembre 2009 ha scritto:

No mancavi (quasi) solo tu Gulliver, ma ti stavo aspettando eheh

ozzy(d) alle 16:13 del 17 dicembre 2009 ha scritto:

ah ah, evito di esprimere giudizi taglienti sul disco( che ho ascoltato solo una volta e subito riposto nel cestino al fine di liberare spazio per cose più degne nel mio pc lol).

REBBY (ha votato 9 questo disco) alle 16:19 del 17 dicembre 2009 ha scritto:

Che a te non piaceva c'avrei giurato. Mi sarei

stupito del contrario ... ma la vita è lunga ...

eheh

ozzy(d) alle 16:21 del 17 dicembre 2009 ha scritto:

forse dovrei ascoltarlo un'altra volta, ma "ormai è tardi" come cantava Vasco lol.

Alessandro Pascale alle 11:41 del 22 dicembre 2009 ha scritto:

ringrazio junio per il giudizio lusinghiero ma il peasy non è ancora riuscito manco a procurarselo sto disco. Cmq stiamo cercando di rimediare, che in effetti Close to paradise era un disco ben meritevole