Skunk Anansie
Black Traffic
Mettiamolo subito in chiaro:oggi, anno del signore 2012, gli Skunk Anansie non hanno più molto da dire.
Tuttavia la loro parabola iniziale, durata lo spazio di tre splendidi album, è stata talmente luminosa e di successo da prestarsi egregiamente alle mode revivalistiche che accompagnano questi anni musicalmente asfittici e privi di fenomeni davvero convincenti.
Skin e soci ci (ri)provano guardando al loro glorioso passato, cercando di recuperare le idee, la passione e il mestiere che tanto li aveva caratterizzati negli anni 90 e che, nel precedente “Wonderlustre” che ne aveva sancito il ritorno sulle scene, sembrava scomparso o per lo meno decisamente fuori fuoco.
Va detto, il risultato stavolta è complessivamente superiore rispetto al lavoro del 2010.
Vengono (ri)proposti brani aggressivi vicini al primo album (l'iniziale “I Will Break You” o la trascinante “Sticky Fingers In Your Honey”), pezzi pop rock accattivanti (il singolo “I Believe In You”) e le ormai classiche ballate che esplorano il lato “più morbido” della band (“I Hope You Get To Meet Your Hero”, “Driving Down”).
Qualche momento stucchevole non manca (penso sopratutto a “Drowing”) ma nel complesso l'album è ben costruito e non mancherà di far felice i fan più nostalgici e magari chissà, conquistarne di nuovi grazie all'attitudine “catchy” che aleggia strizzando l'occhio alle nuove generazioni.
Quello che però manca per reputare questo lavoro davvero riuscito è la voglia di guardare avanti e di esplorare nuovi territori, il fare tesoro del proprio passato non per riproporlo all'infinito ma per tessere le basi sulle quali cercare nuove strade e rinnovarsi.
E' questo che critico agli Skunk Anansie e a molti altri gruppi tornati alla ribalta negli ultimi anni: la loro resa creativa a favore del mestiere e degli approdi più sicuri, il dare per scontato che il futuro sia già scritto e non resti che assecondarlo.
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