R Recensione

8/10

Elena Ledda

Làntias

Elena Ledda, una delle voci più belle e affascinanti dal canto popolare sardo e italiano, torna con un nuovo album a distanza di otto anni dal precedente disco a suo nome. “Làntias”, questo il titolo del progetto, vede la cantante sarda accompagnata, oltre che da un quartetto di ottimi musicisti, anche da alcuni ospiti di assoluto rilievo, impegnati nel dare risalto a dodici composizioni (nove inediti e tre cover), che ci raccontano non tanto del mondo di oggi, quanto dell’umanità che lo abita, e dei suoi problemi quotidiani. E lo fa scegliendo una musica che risulta assolutamente attuale, senza però dimenticare il legame con le radici, che resta ben saldo.  

Ne è esempio il brano “De Arrubiu”, forse il più bello e riuscito di tutto il lavoro.  Aperto dalla chitarra acustica e dal sax di Enzo Avitabile, il brano è costituito da una sola strofa, ripetuta. Un brano intenso, aperto dalla voce calda di Avitabile e chiuso da quella di Ledda, due voci che colpiscono in profondo, voci che sembrano uscire dall’animo di questi due grandi artisti, con il sax di Avitabile che pare piangere tutti i mali del mondo. Un piccolo grande capolavoro di raffinata sensibilità artistica, che riesce, come succede anche in “Ses Andau”, nella difficile impresa di parlare di grandi tragedie senza citarle direttamente, ma solo evocandole. Altrettanto riusciti sono due canti che raccontano in maniera poetica, e soprattutto non retorica, del dramma dell’emigrazione: quella di chi attraversa il mare in “Cantu Luxis”, brano che vede ospite il clarinetto di Gabriele Mirabassi, e quella di chi attraversa il deserto in “Arenas”, una canzone che dà modo alla Ledda di dispiegare la sua splendida voce in tute le sue sfumature.

In “Nora” gli strumenti e la voce richiamano suoni e atmosfere che sanno di mediterraneo, su cui si innesta lo splendido clarinetto di Mirabassi, producendo quel riuscito amalgama tra tradizione e contemporaneo che ritroviamo anche nella travolgente filastrocca di “Ca sa terra est tunda”, dove i suoni del mediterraneo si sposano alla batteria, così come in “Làntias” il suono antico delle launedas di Luigi Lai è affiancato alla percussioni, che qui ricoprono un ruolo di primo piano.

Il tema dell’amore è riservato alle tre cover del disco: “Ninna nanna in re”, una dolce ballata su testo di “Bianca d’Aponte” tradotto in sardo; “Ojos Azules”, brano tradizionale sudamericano (già nel canzoniere di grandi artiste quali Violeta ParraMercedes Sosa) lasciato in lingua originale, con una grande interpretazione di Elena Ledda; “Serenada” (cover del brano di Antonio Placer tradotto in sardo), una vera e propria serenata, appassionata e carica di sensualità. Il disco si chiude con un altro brano intenso, “Torrandi”, con la chitarra acustica e la voce in primo piano, quasi una preghiera laica, “una richiesta di perdono per quello che stiamo facendo alla Terra, intesa sia come mondo che come umanità”.

Accompagnata da un quintetto di grandi musicisti (Mauro Palmas liuto, mandola e mandoloncello, Marcello Peghin chitarra classica, chitarra baritona e chitarra elettrica, Silvano Lobina basso e arrangiamenti, Andrea Ruggeri batteria e percussioni e Simonetta Soro voce) in grado di mischiare tra loro, con sapienza e intelligenza, suoni e strumenti antichi e contemporanei, la voce sublime e senza tempo di Elena Ledda (complici i testi poetici di Maria Gabriela Ledda e la produzione artistica di Michele Palmas) fa rivivere il canto di origine tradizionale portandolo nel nuovo secolo, arrivando quasi a sfiorare i vertici del “Crêuza De Mä” di Fabrizio De André

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