Junkfood
The Cold Summer of the Dead
«È lestate fredda, dei morti». Con questultimo verso crepuscolare il nostro Giovanni Pascoli concludeva la poesia Novembre (1891), un mese che comincia sotto i migliori auspici, da principio tiepido e bonario come la primavera, poi tetro antipasto dellinverno caratterizzato da luce esigua e fredde piogge. È proprio lossimoro pascoliano a dare il via al nuovo disco del quartetto Junkfood, tre anni dopo lesordio di Transience. Paolo Raineri (tromba e flicorno), Michelangelo Vanni (chitarra elettrica), Simone Calderoni (basso elettrico) e Simone Cavina (batteria) effettano i propri strumenti per dar luogo ad una sintesi avant-jazz dei più disparati elementi stilistici contemporanei: il rock, lelettronica, il noise e il jazz. Prodotto da Tommaso Colliva, The cold summer of the dead si presenta piuttosto eterogeneo dal punto di vista musicale ed offre unampia panoramica sulle tendenze più recenti del filone jazz. A proposito della nascita di questo LP, la band parla di fughe, stati di alterazione, labirinti, deliri e rivelazioni inattese, dovute al fatto che hanno registrato il tutto in presa diretta nei soli giorni di Halloween, Ognissanti e dei Morti. Una folgorazione sulla via di Damasco. La natura funebre di questopera, che poco spazio sembra lasciare alla leopardiana speranza, sta tutta nellacidulo divagare dei suoi otto brani, a partire dalla cacofonia imperante della brevissima In. Se un free jazz di pregiata fattura pervade lintero lavoro tra ritmiche rotonde, mirabolanti aperture e insperati assoli di tromba uninclinazione marcatamente math-rock dà invece a questopera una struttura lineare e longilinea: ogni brano si alterna perfettamente. Ledificazione razionale di Days are numbered e The maze viene affaticata dallo splendore tipicamente jazzistico di On canvas; il libertinaggio compositivo di The quiet sparkle e As one viene irregimentato nella successiva Below the belt, forse il momento più elettr(on)ico dellintero disco. Infine In circles, un brano che rende benissimo lidea di circolarità del progetto Junkfood.
The cold summer of the dead rinsalda il legame tra musica e letteratura, fra lespressività istintiva del suono e quella introspettiva della poesia. Entrambe sottomesse alle regole compositive e sintattiche, le due anime pure dellarte umana diventano qui un oggetto misterioso, cupo e a tratti micidiale. Il quartetto Junkfood utilizza strumenti e device in modo saggio e coerente per offrirci uninterpretazione del novembre, quel periodo dellanno così vicino alla fine da non accorgercene.
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