Caterina Palazzi Sudoku Killer
Infanticide
La sinossi de La morte accarezza a mezzanotte (coproduzione italo/spagnola del 1972 diretta da Luciano Ercoli) è al contempo bizzarra ed originale. La protagonista, una modella snob di nome Valentina, accetta lofferta dell(intimo) amico giornalista Stefano: assumerà un allucinogeno di recente invenzione, riportando le sue impressioni in tempo reale. Limprevisto si materializza, puntualmente, nella sagoma di un guanto chiodato, impiegato per uccidere brutalmente una giovane donna: lomicidio si compirà con le modalità previste, ma qualche giorno dopo la visione di Valentina. Da qui si snoda una trama complicatissima e ricca di inverosimili colpi di scena, uno dei parti migliori di un cinema forse naïf, ma mai banale, mai timoroso, mai ingabbiato nei propri limiti. Basta un po di fantasia per immaginare lurlo di Dolores Iachia trasfigurato nellapertura allo zolfo di Sudoku Killer: il primo, peraltro, non lultimo, giacché in Futoshiki continuano ad essere perpetrate sevizie terribili (gli archetti sfregano le corde così come le lame penetrerebbero nella carne) e gli strepiti si alzano rauchi, disperati, lancinanti.
I Sudoku Killer, valentissimo quartetto capitanato dalla contrabbassista-prodigio Caterina Palazzi, firmano il loro sophomore sulla lunga distanza cinque anni dopo il s/t che li aveva consacrati, su solco, in ambito jazz. Infanticide è il micro musical, nero come la pece, che si adatterebbe splendidamente al linguaggio cinematografico di un Michele Pastrello: orrorifico nel sommerso, nel rimosso, nellobliato ancor prima che nellesplicito e nellatmosferico. Per cui sì, quelle urla sono schizzi di sangue sulla steady cam, appariscenti segni identificativi di genere: in realtà ogni anfratto è permeato di violenza, ogni passaggio teso al punto di rottura. Nurikabe, che del disco rappresenta lo spartiacque e il momento di stasi suprema, è una ballata plumbea e funerea, un saggio di cool jazz dolente e, a suo modo, ieratico. Per quanto sia delicata la melodia, tuttavia, mai per un attimo ci si riesce a rilassare. La bipolarità manifesta di Sudoku Killer ne altera perpetuamente trama ed ordito: se le progressioni armoniche sono pervase di uno struggimento estatico fra Trovajoli e Umiliani, gli scollamenti nellinterplay strumentale sono la spia di sostanziose infiltrazioni free e gli sbalzi chitarristici di Giacomo Ancillotto una macina di power chords e feedback noise denunciano la giovanile filiazione grunge della Palazzi (il grunge dei Tad ben più di quello dei Nirvana, sintende, a dispetto dellomaggio del titolo). Futoshiki, ancora, sembra puntare sul disfacimento ben prima che sulla composizione (il sax di Antonio Raia cita gli esercizi di respirazione del Braxton di For Alto, sebbene mantenga un decimo di quella carica atonale) ma gli ultimi due minuti, di tremolante e vigoroso quasi-post rock in filigrana, sembrano negarne i presupposti.
Controverso e acuto, sperimentale e fruibilissimo, fisico e rarefatto. Infanticide, come da tradizione Auand, immagazzina unenorme riserva di input semiotici. Il disco che ai primi ascolti sembra ancora più brillante di quanto non lo sia nella realtà raggiunge lapice con Masyu, nella quale scintillano variopinti frammenti ethio-jazz fra Luca Lo Bianco e Squarcicatrici, e le ripartenze di una Hitori pulsante e frenetica per quanto, a tratti, un po schematica. Caterina è lautrice di tutti i brani: ulteriore testimonianza, premi accumulati negli ultimi anni a parte, del suo indiscusso valore di performer e compositrice.
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