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R Recensione

6,5/10

Bad Uok

Enter

Enter” è un disco strampalato. Non che non lo sapessimo prima di ascoltarlo – sia chiaro – ma la sua conformazione musicale è davvero spiazzante. Questi quattro ragazzi, un po’ bolognesi un po’ fiorentini, sono molto bravi con gli strumenti ma li usano come se non sapessero mettere in fila due note. Ovviamente si scherza quindi la cosa si fa perlomeno affascinante. Leonardo Rizzi alla chitarra elettrica e baritona, Federico Pierantoni al trombone, Andrea Calì al pianoforte classico e a quello elettrico, Andrea Grillini (autore di quasi tutti i pezzi del disco) alla batteria. L’impostazione di base è quella liberissima del jazz d’avanguardia, ma i Bad Uok passano con grande facilità da brani dichiaratamente pianistici (come “Intro”), in cui le incursioni elettriche di qualche strumento mal collegato generano una sorta di straniamento, a pezzi totalmente free jazz (come “Congo”). Così come ci rammenta il titolo della pubblicazione, questo lavoro è totalmente aperto, è una sorta di piattaforma open source nella quale ognuno dei quattro artisti ha liberamente dato sfogo al proprio pennello sonoro.

I titoli dei brani sono numeri e il motivo ci è oscuro: “105” (divisa in due parti), “66”, “1112”, “33”, “1003”, “88” e “1000”, a cui si aggiunge la splendida coda per piano della title-track. In “Enter” c’è il disordinato rumorismo del futurista Russolo, l’opalescente follia di Miles Davis e Herbie Hancock, la trasognata lucidità di Ludovico Einaudi, il tocco mordace e spregiudicato di Frank Zappa, fino ad un certo utilizzo della batteria che ricorda Jojo Mayer e i Nerve. Il risultato finale di questo incrocio di stili artistici e rimembranze sonore è un disco di gusto delicato, avvincente, in cui è possibile assaggiare le sfumature più nascoste degli strumenti messi in campo. D’altronde il disco ha una durata complessiva forse troppo lunga (parliamo di quasi un’ora di ascolto) per lasciare incollato l’ascoltatore all’hi-fi, ma è anche vero che “Enter” è talmente free che poteva tranquillamente durare una giornata intera. È un’improvvisazione ma non troppo, è un esperimento ma non sappiamo se sia riuscito, è un happening in corso d’opera, di certo è un buon disco.

In copertina troviamo infine due belle ragazze al guinzaglio di una terza mascherata da mostro marino su un terrazzo vista mare. Ma stiamo davvero diventando pazzi?

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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Marco_Biasio (ha votato 7 questo disco) alle 14:51 del 20 marzo 2013 ha scritto:

Avevo quasi una mezza idea di buttare io giù due righe, ma l'hai fatto tu in maniera egregia, devo dire. Loro sono proprio bravi ed hanno ampissimi margini di miglioramento, anche considerata la giovane età (strepitosi quando sfumano il loro persistente newyorchismo - tantissima libertà espressiva della Grande Mela qui dentro - in fraseggi che alle mie orecchie suonano quasi math). Per il resto, è "solo" free jazz: ti prendono a schiaffi per tutto il tempo e solo alla fine scopri che ti è piaciuto. Sugli scudi 105 e 1000.

mendustry, autore, alle 17:09 del 20 marzo 2013 ha scritto:

E' vero... io ho citato Jojo Mayer ma avrei potuto menzionare anche i Battles... ma come si fa a catalogare il free jazz? Mentre lo ascolti ti vengono in mente un sacco di cose e poi sulla carta non sai che scrivere!

Andrea Grillini alle 19:22 del 21 marzo 2013 ha scritto:

Ciao Marco e Francesco. Sono Andrea dei bad uok.mi piace il commento di marco ''ti prendono a schiaffi per tutto il tempo e solo alla fine scopri che ti è piaciuto.''