V Video

R Recensione

7,5/10

Neneh Cherry/ The Thing

The Cherry Thing

Nel 1994 l'estate fu particolarmente intensa. Io avevo 11 anni e mezzo, ero in piena fase "Stand By Me" ("Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a 12 anni. Gesù, qualcuno ne ha?") e la passione per la musica era in sostanza un miraggio sull'orizzonte dell'esistenza. Qualcosa però si poteva intravedere.

La colonna sonora si strutturava fra euro-dance, oasis & blur, forse persino qualche pezzo di Luca Carboni e gli ultimi vagiti del grunge. La mia attenzione però, per un certo periodo, fu catturata da un pezzo che ancora oggi trovo incantevole: Youssou N'Dour si mise in coppia con una ragazzina dai lineamenti raffinati (tale Neneh Cherry), e il duo regalò al mondo i quattro minuti e mezzo di "Seven Seconds", soul-pop elegante ed obliquo che strizza l'occhio alla imperante moda world. Un pezzo di enorme successo che ancora oggi si intrufola fra le onde della radio (il video in bianco e nero, poi, lo conosciamo tutti).

Ecco, diciotto anni più tardi Neneh Cherry torna alla ribalta con un disco di avanguardia-jazz-blues intriso di furia "core", ed ecco allora che lo stupore mi si rovescia addosso: la voce ha conservato qualcosa della purezza originaria, è rimasta bellissima peraltro, ma si muove in territori completamente diversi. In soldoni, mi sono chiesto: cosa c'entra Neneh Cherry con questa roba?

Beata ignoranza, la mia, altro che stupore.

Solo pochi mesi orsono, infatti, e proprio grazie al disco in oggetto, ho scoperto che Neneh è la figlia adottiva di Don Cherry, ovvero di uno fra i miei musicisti preferiti in assoluto, trombettista free-jazz capace di aprire la strada proprio alle contaminazione world, cultore della musica etnica e del minimalismo, interprete capace di compensare con la propria straordinaria umanità capacità tecniche non sempre all'altezza di alcuni grandi virtuosi dello strumento.

Ecco, visto cotanto padre adottivo mi riesce di mettere a fuoco un po' meglio la traiettoria di Neneh: mi accorgo che i suoi occhi nerissimi non si erano eclissati per quasi un ventennio, perchè la ragazza si è data da fare in mille modi diversi (fra post-punk e trip-hop), e nel 2010 ha costruito dal nulla una band dopo aver fatto amicizia con il trio di Mats Gustafsson a Londra.

Trio che ha illuminato il firmamento jazz grazie alle impressionanti scariche di adrenalina del leader, sassofonista che ha ricavato barlumi di splendore puro dalle imprese più intransigenti dei musicisti free, supportato da altri due scandinavi di prim'ordine al basso e alle percussioni (per inciso, anche Neneh è nata in Svezia).

"The Cherry Thing" è una piccola gemma che amalgama con calore e spunti di pura originalità le due anime: e la cosa risulta a maggior ragione sorprendente se pensiamo che il disco, in sostanza, consta quasi solo di cover. Anche se il termine è decisamente riduttivo: più che coverizzare Neneh e Gustafsson si immergono nella struttura armonica e melodica dei pezzi, la destrutturano e quindi la riassemblano in un puzzle straniante, intriso della visionaria bellezza del free-jazz così come della suadente voce soul-blues di Neneh. Lucida astrazione che si scontra con un impatto fisico quasi violento: ed il bello è che la voce di Neneh non perde nulla in termini di spiritualità, anche se decontestualizzata, anche se a tratti pare smaterializzarsi.

"Cashback" è l'unico pezzo firmato dalla musicista: suadente e forte di una propulsione blues quasi tangibile, ha il pregio di spalancare le porte di un mondo affascinante

"Dream Baby Dream" spiazza subito: i Suicide che omaggiano chiaramente Lou Reed e la sua combriccola di bontemponi dandy-perversi vengono purificati e sollevati fino al cielo. Il sassofono si muove leggero e poi si deforma la sua sitassi in rumore. "Too Tough To Die" non arretra di un centimetro e anzi nel finale condensa tutta la sapienza strumentale del trio. "Golden Heart" prende una forma sinuosa, quasi fosse lento swing d'annata, e poi si libra nei saliscendi della voce, circondata da un'aura magica e sottile.

"Dirt" omaggia Iggy e svela una volta per tutte l'animo profondamente rock dell'opera: è un pezzo che ti strapazza senza pudore, e alla fine ti costringe a raccogliere la mascella dal pavimento.

Un po' come tutto il disco: forse non siamo dalle parti del capolavoro, ma ci andiamo vicini.

V Voti

Voto degli utenti: 6,8/10 in media su 3 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
REBBY 6,5/10

C Commenti

Ci sono 4 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

REBBY (ha votato 6,5 questo disco) alle 9:55 del 20 dicembre 2012 ha scritto:

Ascoltato ieri sera per la prima volta, anche se non sempre con attenzione, sembra molto interessante...

Io Neneh Cherry l'ho conosciuta quando avevo 20/21 anni e lei cantava nei Rip rig + panic, band di Bristol, per cui presi una solenne sbandata (e i loro tre album), nata da una costola del Pop group.

Nel '94 Neneh Cherry sembrava ancora una ragazzina, ma in realtà aveva 30 anni ed una figlia di 11 anni.

REBBY (ha votato 6,5 questo disco) alle 10:12 del 20 dicembre 2012 ha scritto:

Ah, il primo album dei Rip rig + panic (God) è del 1981 e Neneh aveva solo 17 anni!

Marco_Biasio (ha votato 7 questo disco) alle 11:56 del 20 dicembre 2012 ha scritto:

Quindi Neneh Cherry ha quasi 50 anni?? Complimenti a lei e alla mamma, li porta da Dio! Il disco è molto bello, l'accoppiata vincente, The Thing è un progetto eccezionale che merita di essere visto dal vivo.

REBBY (ha votato 6,5 questo disco) alle 16:34 del 20 febbraio 2013 ha scritto:

"Cashback è l'unico pezzo firmato dalla musicista: suadente e forte di una propulsione blues quasi tangibile".

Ed è anche nettamente il mio preferito. Non dico che le cover non siano interessanti e godibili, ma tutte, in taluni momenti, mi pare eccedano in esercizi di stile. Peccato non abbia dato più fiducia alle sue doti compositive.