V Video

R Recensione

7,5/10

Pet Bottle Ningen

Non-Recyclable

Psst… Ehi, debunkers? Vi ricordate di quando sputavate sul free jazz e genericamente parlavate di “accozzaglia” (di note, ritmi, stili…)? Impossibile venirne a capo, dicevate. Impossibile uscirne fuori indenni. Psst… Debunkers? Siete ancora lì in agguato? C’è posta per voi. L’Ayler sottolineato per gli stupidi, la circolarità del formato canzone sottoposta a pressioni (tutto sommato non) inaudite, il titillare di un sonetto piazzato ed ignifugo, il costruire, fermarsi e ricostruire, le chitarre blues del Bill Frisell formato Naked City ricamate su di insistiti fraseggi di sax, una raffica distonica che sfregia il volto al ritmo di “Metaltov”: ecco a voi “Konta”, il free jazz che mai inciampa su sé stesso e sempre si ritrova. Semplici prodigi di natura sono i Pet Bottle Ningen, trio catapultato nel reame Tzadik delle meraviglie grazie al puro valore dello skill dei componenti: l’art rock dada e stralunato che non perde di consistenza ed identità, laddove il compromesso ne incurva verso il basso le asperità gratuite e regala – in un limbo indefinibile tra composizione ed improvvisazione – esaltanti sprazzi di coinvolgimento.

Quando, in “Peacock Spider”, la granulosa materialità dell’interplay tra corde e fiati prende spontaneamente fuoco in un violento riff distorto e deforme – “an introduction to Borbetomagus”, la potevano chiamare, ma anche “the gist of jazzcore” non sarebbe stato male, visto e considerato il finale delirante in sfumare, tra le impennate Sonic Youth di Dave Scanlon e l’astrale concretezza di Nonoko Yoshida –, ecco che “Non-Recyclable”, di nome e di fatto, sbatte in faccia all’ascoltatore tutta la sua newyorkesità. Tossine noise ammorbano il torso di “Creatures Of Habit”, un Ornette Coleman che dirige una banda paesana monopolizzata dai Neptune: in “Eleven Months”, i Gutbucket si spappolano in un riflusso liquido di armonici e singhiozzi ritmici, ricompattandosi poi in un salmodiare demente; “Mijinko” è il susseguirsi di microfasi armoniche incise a velocità supersonica, sul filo del rasoio, atto d’amore verso il chitarrismo abrasivo di Robert Quine (che ricompare, in un’orgia di saliscendi, anche nell’implacabile “Lick Sketches #3”); per converso, “Tiny Sonata”, raccolta e compiuta in sé stessa, è un miracolo di sintesi cool che trova pochi pari, nell’esacerbato cerebralismo del free jazz dei nostri giorni.

Non è jazz rock (anche se gli spasmi matematici di “Glaucus Atlanticus” lo ricordano), non è impro jazz (anche se “Chocolate With”, lacerante, sembra un sofisticato arrangiamento dei duetti tra Fred Frith e John Zorn di metà anni ’90), non è jazz da camera (anche se i tentacoli bebop con glassa chicagoana di “Ai” e, soprattutto, il romantico requiem di “While Sitting” ne condividono la matrice) e non è punk-jazz (anche se, “Lick Sketches #4”… con quel groove così quadrato!). “Non-Recyclable” è il parto di tre preparatissimi musicisti, al secondo disco in tre anni, proiettati verso un futuro scintillante. La creatività al potere. L’iconoclastia come manganello e rapporto di forza. Una prova, ça va sans dire, maiuscola.

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.