R Recensione

7/10

Niacin

Deep

I dischi strumentali in generale piacciono meno di quelli cantati, quelli poi nei quali il protagonista è un unico strumento possono venire a noia. Prodotti di artisti come Steve Vai e soci ( non necessariamente chitarristi ) alla fine sembrano solo degli esercizi di ginnastica, come a dire: "vedete quanto sono bravo?". A mio parere la musica sta da un'altra parte, essere ottimi chitarristi ( o tastieristi o quant'altro ) non significa essere anche ottimi compositori.

Dopo questa premessa vediamo da vicino questi Niacin: John Novello alle tastiere, Billy Sheehan al basso e Dennis Chambers alla batteria, una formazione che fa venire in mente immediatamente Emerson Lake and Palmer. In realtà anche se le sonorità dell'hammond qui e là ricordano il celebre trio, l'impostazione musicale dei Niacin è completamente diversa: un rock-fusion moderno laddove ELP avevano una impostazione decisamente classicheggiante. Anche la differenza fra i musicisti è notevole: Novello è bravo, ma Emerson aveva tutt'altra personalità. Se Novello ha una dote è quella di limitarsi all'uso dell'hammond, senza quell'orgia tastieristica che sarebbe lecito aspettarsi da un disco di questo tipo dove per forza di cose la parte del leone la fanno le tastiere. Al contrario Billy Sheehan dilaga col suo basso usato in maniera solista, spesso con sonorità distorte che lo avvicinano alla chitarra, laddove Lake lavorarva piuttosto di cesello.

Il primo pezzo, "Swing swang swung" è accattivante, orecchiabile, e i musicisti mettono subito in chiaro la loro abilità. Anche "Best laid plans" si fa ascoltare con piacere. "Sugar blues" è il tipico pezzo costruito per fare sfoggio di tecnica, infatti dalla metà inizia un susseguirsi di assoli, prima l'organo, poi il basso, poi la batteria e così via fino alla fine, un po’ troppo pretenzioso. Il resto dell'album si sviluppa sulla stessa falsariga, tra voli tastieristici e impennate bassistiche che alla fine annoiano un po’ anche se la sonorità dell'hammond è straordinaria, sempre un gran piacere sentirla.

Il brano migliore è "Things ain't like they used to be" che oltre ai titolari vede la partecipazione di Glenn Hughes ( ex bassista dei Deep Purple ) alla voce e Steve Lukather, dei Toto, alla chitarra. Si tratta di un lungo blues lento nel quale Hughes sfodera la sua grande voce che nei Purple rischiava di mettere in ombra perfino Coverdale. Lukather è il solito raffinato chitarrista dal tocco inconfondibile, che qui spara uno degli assoli più devastanti della sua onorata carriera. Grande pezzo, non a caso l'unico cantato. Unico neo: non c'entra niente col contesto del disco. E' come se in un disco di Casadei spuntasse d'improvviso un brano di John Coltrane, Che c'azzecca? come direbbe quello là famoso…

In definitiva comunque un disco che stupisce per l'alta qualità tecnica dei singoli, ma che musicalmente non contiene niente di veramente entusiasmante.

Meglio il Sheehan dei Mr.Big.

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