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R Recensione

6,5/10

Keiji Haino & Sumac

Even For Just The Briefest Moment / Keep Charging This “Expiation” / Plug In To Making It Slightly Better

Come detriti di un’esplosione nucleare, le testimonianze della collaborazione tra il principe del japanoise Keiji Haino e i devastanti Sumac di Aaron Turner continuano ad affiorare a distanza di tempo. Un anno e mezzo fa finì, sul doppio vinile griffato Thrill Jockey, il delirio di un paio di giorni di mezza estate ai Goksound Studios di Tokyo (“American Dollar Bill – Keep Facing Sideways, You’re Too Hideous To Look At Face On”). Oggi – nell’istante che precede la formazione di un nuovo triumvirato che riunisce Haino, Merzbow (!) e Balázs Pándi (!!) sotto l’egida delle quattro apocalittiche suite di “Become The Discovered, Not The Discoverer” (RareNoise) – viene resa disponibile un’ulteriore session edochiana d’inizio luglio, questa volta registrata al Fever. Segni particolari: quattro pezzi per quasi settanta minuti, triplice limited edition in cd, vinile e cassetta per la lungimirante Trost, mix e mastering curati dalle mani di Randall Dunn e James Plotkin.

Arroccarsi dietro la facile scusa della “devastazione sonora”, pur risolvendo alcuni problemi metodologici, finirebbe solamente per crearne degli altri. Questo perché “Even For Just The Briefest Moment / Keep Charging This “Expiation” / Plug In To Making It Slightly Better” (…eh?) è sì un concentrato di fumanti scorie metalliche e ripugnanti rottami rumoristici, ma è anche, sorpresa!, un disco d’estetica ben definita e di progettazione lucidissima, a tratti persino comprensibile nel suo dipanarsi. “Interior Interior Interior Interior – Space – Disgusting Disgusting Disgusting” fissa le colonne d’Ercole della nuova esplorazione: un noir dodecafonico marcito nell’ombra il cui funerale, tra spizzate chitarristiche e spazzole discrete, viene bachtinianamente celebrato dal flauto e dal taepyungso di Haino. Un vago sentore jazzato riemerge in più punti dell’atlantica title track, il cui tentativo di astrazione fusion (in crescendo nei primi tre minuti, ancora discontinuo dopo i diciotto) viene sgozzato dalle interferenze della sei corde di Haino e infine trucidato dalle coltellate inferte per mano di un muro di suono noise mai così implacabile (assolutamente terrificante la potenza di Nick Yacyshyn dietro le pelli): la faccenda si conclude con un recital frammentato e sballottato tra free form strumentali divorate dai feedback. Dalle vocals harsh à la Fuck Buttons primo periodo riparte anche l’oceanica “(First Half) / Once, Twice, Thrice / When You Press The Third Time / Carve Esteem And Despoliation Into Your Heart (Second Half) / Every Historical Scar / Has Been Lined Up At Regular Intervals But / Their Permeation Is Different / Beautified With A Loss Spray”, che successivamente si evolve inaspettatamente in una sinfonia militare avvolta nel fil di ferro, la cosa più vicina ai Sumac che la collaborazione potesse produrre. Unico elemento leggermente fuori contesto, in questa perenne tessitura di rimandi, il quarto d’ora di “Now I’ve Gone And Done It I Spilled Holy Water (Just Water) Over That Thing Called Healing Music……………………………. / There Was A Faint “Tsk” Noise”, un impro-core che viene sparato in battaglia da monodimensionali cannonate chitarristiche (ma bello il finale a mo’ di cicalino doom).

Non l’avreste mai detto? Noi meno ancora. Eppure: provare per credere.

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