Supersilent
8
Supersilent numero 8, si riparte.
Gorgheggi elettronici, vibrazioni industriali e synth minacciosi, così, con “8.1”, si apre il nuovo disco del quartetto di Trondheim.
Dopo il live “7” (comprendente il dvd della stesso concerto) si ritorna quindi al disco in studio.
Il jazz e il freddo polare sono sempre alla base della musica dei norvegesi, ma stavolta si respira un’atmosfera molto più oscura: il già citato “8.1” è doom-jazz tenebroso e meccanico, “8.2” ci trasporta con incursioni di suoni alieni, nelle terre desolate dell’ambient più cupa, così come “8.3” che ripete il gioco inserendo però un motorik sbilenco da colonna sonora sci-fi Lynchiana.
Proseguendo con “8.4” ci si accorge che la profondità delle sonorità suadenti della tromba di Arve Henriksen, ricalcano sempre di più il profilo di Jon Hassell, ma con un’attitudine decisamente più urbana e meno etnica; “8.5” invece è il vocalismo situazionista dello stesso Henriksen, adagiato su free-jazz post-atomico e “8.6” similmente gli ruota attorno.
“8.7” e “8.8” sono due facce di una stessa medaglia: il primo è un baccanale dove il frastuono, prodotto in un flusso continuo, ondula ipnoticamente dal principio alla fine; il secondo invece crea impulsi improvvisati in un’atmosfera di calma assoluta (seppur non priva di tensione).
Un disco in pieno stile Supersilent quindi, che segue l’ispirazione cercando però di guidarla in un contesto di attualità, quasi a voler rappresentare la situazione catastrofica in cui l’umanità è riversa.
Una visione dunque pessimistica o solo obiettiva? Chi lo sa.
Speriamo però che il prossimo lavoro sia l’esatto contrario, perché tutto ciò ci mette una tremenda paura.
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