R Recensione

7,5/10

Emmet Choen Giuseppe Venezia Elio Coppola

Infinity

Una delle piu'frequentate formule del jazz , il piano trio, costituisce, al tempo stesso, un catalogo di infinite variazioni, in funzione della personalità' e delle sensibilita' dei musicisti coinvolti, tanto che risulta impossibile, a priori, immaginare come potranno interagire musicisti magari gia' conosciuti in alte formazioni. Infinity rappresenta la storia fino ad oggi di una unione consacrata a New York nel 2012 e gia' rodata attraverso un corposo tour nazionale e statunitense; protagonisti due giovani della scena nazionale, il contrabbassista lucano Giuseppe Venezia, gia' titolare di un bel cd in settetto "Let the jazz flow" lo scorso anno, ed il batterista partenopeo Elio Coppola, esperienze fra gli altri con Benny Golson e Joey DeFrancesco, insieme al giovanissimo pianista statunitense Emmet Cohen, finalista al premio intitolato a Thelonius Monk e gia' partner di Christian Mc Bride e Joshua Redman.

A giudicare dal disco, pubblicato dalla giovane e coraggiosa etichetta partenopea Skidoo come quarto titolo in catalogo, il trio costituisce una macchina sonora perfettamente equilibrata, con spazi equamente divisi fra i tre componenti, una scelta originale ed ineteressante del repertorio, costruito senza preclusioni di genere, spaziando fra le esperienze dei musicisti, ed un amalgama che produce pagine intense e coinvolgenti. L' inizio e' con una delle sorprese del cd " Nun e' peccat" di Peppino Di Capri, proposta da Coppola a Cohen ed interpretata da quest' ultimo come fosse uno standard del songbook americano, con una bella alternanza fra l'esposizione del suggestivo tema e le parti piu' libere ed improvvisate, che si ritrova anche in "Moonlight in Vermont", secondo titolo in scaletta, nel quale emerge in modo piu' marcato la propensione allo swing. "Infinity" ha una toccante melodia composta da Cohen e lo svolgimento rarefatto del pezzo offre anche spazio per un bel dialogo fra il piano ed il contrabbasso ispirato  di  Venezia, mentre la successiva "Hop, skip and jump" rappresenta l'episodio piu' movimentato e swingante che, dal vivo, dovrebbe trovare la dimensione piu' congeniale.

 L'alternanza di temi e climi fornisce qualche traccia sui riferimenti musicali del trio che non si fatica ad individuare nell'opera di pianisti come Oscar Peterson, omaggiato con "Blues Etude" , Bill Evans , evocato nei fraseggi di "Autumn nocturne", o Amhad Jamal, anche se non manca un riferimento alle radici classipunto nato una sera a fine concerto, "Simona" ed e' un sigillo ideale per questa bella avventura di cui la scena del jazz , italiano ed internazionale non tardera' ad accorgersi.

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