Iggy Pop
Préliminaires
Quantè bella giovinezza, che si fugge tuttavia! / Chi vuol esser lieto, sia: di doman non cè certezza.
Onestamente, dubito che Iggy abbia mai letto la Canzona di Bacco. Culture troppo distanti fra di loro, geograficamente e cronologicamente parlando. Eppure, leggendo fra le righe, sembra incredibile come linsegnamento di Lorenzo de Medici sia penetrato fra le intricatissime trame della sua vita. Una giovinezza spericolata, la gloria degli Stooges, ladrenalina dei concerti, un tracollo psichico e fisico di quelli da mettere in ginocchio chiunque: non lui. Che nasce, subisce e risorge sotto legida del rocknroll. È stato fortunato, non cè alcun dubbio, molto più di tanti suoi colleghi di sfrontatezza ed eccesso. Di doman non cè certezza, proprio vero: il povero Ron Asheton, lo scorso gennaio, lo ha potuto testare di persona. La fine ufficiale di una storia, in realtà, interrottasi per ricezione disturbata un Metallic K.O., lo definirei quasi quarantanni fa.
Già, probabilmente ad Iggy i sonetti del principe fiorentino non interessavano proprio. Vi immaginate, il punk rocker più inossidabile del pianeta Terra (e, data la resistenza, mi sa anche qualcosa oltre) che si immerge nellerudizione della letteratura rinascimentale?
Molto meglio, anche se vista da unaltra prospettiva, quella contemporanea. A questo punto, le cose cominciano a farsi interessanti. Il punto di svolta si chiama La possibilità di unisola, romanzo scritto da Michel Houellebecq: il Nostro lo prende sotto mano, se lo legge e ne rimane colpito a tal punto da decidere, ex nihilo, di realizzarne una impossibile colonna sonora. Senza chitarre cioè, specifichiamo: senza chitarre rock , senza ritmiche forsennate, senza provocazioni di fondo. O forse sì, anche il progetto si basa su una sfida: quello di riuscire a rimanere sé stesso, rinunciando a sé stesso. In soldoni: far trasparire lanima del vero James Osterberg sotto una patina jazz.
Metà de tàuta giusto perché lambiente si fa raffinato e bisogna dimostrare un certo aplomb culturale Préliminaires è un disco allapparenza tanto fascinoso, quanto in realtà pericoloso ed ambiguo. Una considerazione, prima di tutto: i tempi cambiano, le persone invecchiano. Cè poco da fare. Iggy ha ancora i capelli lunghi, gli occhi di ghiaccio, gli addominali e il physique du rôle dei tempi migliori, ma lanagrafe recita 21 aprile 1947, e questo è un dato che, ahimè, nessun allenamento potrà mai cancellare. La diretta conseguenza di questo è che, ora, cè un uomo che chiede, al contrario di quanto avveniva nella prima parte della sua carriera, dove lirriverenza ed il mancato rispetto erano password giornaliere. Iggy chiede a Marjane Satrapi, autrice del fortunatissimo Persepolis, di disegnare la copertina dellalbum: chiede allo stesso Houellebecq il permesso di musicare il suo testo; sembra chiedere al proprio pubblico, infine, comprensione per la svolta artistica che ha deciso di prendere in considerazione. La musica si accoda al proprio creatore: un disco breve, urgente, incantevole, ma allo stesso tempo compromissorio, strambo, sottotono.
Ecco, nonostante milioni di giri di parole siamo riusciti ad esprimere il concetto base: questo lavoro riesce, a volte, noioso. Si dice che con larrivo della senescenza si acquisti in saggezza e rettitudine, ma forse qui si esagera. Questo voler suonare a tutti i costi ripulito, signorile e raffinato cela quella che, più di una volta, sembra solamente essere una spassionata conoscenza dei propri polli ed una scaltra furbizia manageriale. Ognuno, poi, comè ovvio che sia, arriverà a pensare ciò che vuole, ma io credo che, invece di una meditata svolta intellettuale, Préliminaires rappresenti un pit stop importante, che mette di fronte il fu Iggy con lIggy che, invece, è. Non senza qualche importante caduta di stile, e sempre con il sentore della beffa che aleggia sotto il naso. Lo si capisce dal fatto, ad esempio, dellimprobabile accostamento di pezzi come King Of The Dogs, parata di fiati che trasuda New Orleans da tutti i pori, assieme al breve divertissement elettronico di Party Time, che non può non far storcere il naso.
Chiaramente, ad uno come lui si finisce per perdonare un po tutto, ed i pezzi proposti riescono a tenere desta lattenzione, almeno per un po: bene quando si improvvisa Frank Sinatra dellera Duemila in I Want To Go To The Beach, spoglia e tenebrosa, ancora meglio nel blues cajun di Je Sais Que Te Sais riproposta, verso la fine, anche in versione inglese col titolo di Shes A Business -, con un vero e proprio picco deccellenza nello splendido country per voce e chitarra di Hes Dead / Shes Alive. Ma, sintende, la candela brucia troppo in fretta, e si rischia di brancolare nel buio perché, diciamola pure tutta, il disco è anche un po povero di contenuti: e se vi intristirà sentire Iggy alle prese con gli squisiti francesismi del classico Les Feuilles Mortes, swing cantautorale quivi in due versioni poste a capo e in chiusura, non vi rimarrà altro che baloccarvi con gli archi di Spanish Coast e con uno spoken word senza infamia e senza lode (A Machine For Loving). Alla fin fine, quando ci si rituffa nel passato i risultati reggono ancora alla grande. Insomma, vi dovrebbe far pensare, e molto, che la cosa più diretta e sincera appaia proprio la pecora nera, quasi uno sfregio in mezzo alla compostezza del materiale rimanente, quel garage rumoroso ed inconfondibile che è ormai, da decenni, marchio di fabbrica di Osterberg (Nice To Be Dead: giusto per ricollegarci allinizio, eh?).
Non pretendiamo più da Iggy sangue e sudore, come allinizio. Nemmeno vogliamo costringerlo a cambiare bruscamente direzione. E, giusto per aggiungere carne al fuoco, non distoglieremo la sua attenzione dal progetto intrapreso o forse no? con Préliminaires. Semplicemente, onde evitare che ognuno vada per la propria strada senza nemmeno un saluto sentito, esigiamo un po più di onestà intellettuale. Per questa volta passa: non so, con onestà, se la prossima qualora ci fosse sarò così indulgente.
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