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R Recensione

7/10

Orchestra In-Stabile Dis-Accordo

Live In Hamburg

Fitzcarraldo, in Italia, è sinonimo di libera creatività associata, dalla scelta dei packaging in cartoncino assemblati senza l’utilizzo di colle all’espressione in note: qualcosa che va oltre il film di Werner Herzog, perché non chi sogna, ma chi suona – foneticamente ci siamo quasi – può muovere le montagne. Un contagio progressivo, ma virulento: l’espressione di una città, Palermo, che vive, pulsa, ringhia nei bassifondi e nei pertugi della Vucciria, emerge pian piano con il suo carico di creatività mai perduta. A capo dell’associazione per delinquere troneggia uno dei “giovani” musicisti jazz più competenti e sensibili della sua generazione, il contrabbassista Luca Lo Bianco, per dovere d’informazione segnalato qualche anno fa, nel marasma delle recensioni, grazie all’impressionante autografo “Ear Catcher”, esempio in minore di perfetta congiuntura e coordinazione di un ensemble musicale autorevole seppur nuovo.

Orchestra In-Stabile Dis/Accordo non è un progetto parallelo di Lo Bianco ma, semplicemente, l’aggregazione naturale dei maggiori talenti della scena – se di scena si può parlare – magistralmente coordinati dalla conduzione del chitarrista Francesco Guaiana. Le registrazioni del disco dal vivo (peraltro non il primo, se si ricorda il fratello maggiore catturato nel palermitano Mikalsa), pubblicate su formato fisico solamente l’anno scorso, sono state effettuate durante uno spettacolo di free improvisation al Jazztage di Amburgo, in Germania, nel 2008, in cui tredici musicisti tredici si sono dati appuntamento lungo un’ora abbondante, per minutaggio e densità di contenuti, di musica senza confini e limiti. Due chitarre, un basso elettrico, un basso acustico, clarinetti alto e basso, sassofoni alto, tenore e soprano, un pianoforte, una tromba, un trombone, un sousafono e due batterie: piatto ricco mi ci ficco.

E che ricchezza, davvero. Bene sottolinearlo, perché dischi così, almeno nello Stivale, sono letteralmente in via d’estinzione. “Live In Hamburg” fa parte della categoria di finta composizione, composizioni sesquipedali in cui gli incastri tra i vari ingranaggi ed il rispetto degli spazi musicali arrivano ad un livello tale da non poterli credere frutto d’improvvisazione. Il jazz viene sezionato ed esposto alle spezie dell’euronoto, che gli imprime un dinamismo anarcoide presto regolamentato da un acquattato stomp klez-noir a ripetizione continua (“Miconduco”). Sul tema principale di “Disaccordo Sulla Meridiana”, brano di eccezionale spessore melodico, pendono le ombre della canicola sicula, rifratte da un memorabile ingresso in sovrapposizione della slide guitar dalla quale, in una frazione di secondo, vengono catturati e fatti scivolare su di essa tutti gli altri strumenti. Il crescendo inarrestabile di “Let’s Them Play” viene fatto vibrare tra le metamorfosi del piano di Domenico Argento, le scorribande dei clarinetti e i motori ritmici nelle retrovie, in evidente contrapposizione con l’ermetismo evolutivo di “Fitzcarraldo”, portata alla detonazione solo sul finale bandistico. “The Hamburg Bis”, irretita dalla rabbia agonistica di un Trapattoni formato bavarese, uccide a passo di danza – citazione d’obbligo –, con un tortuoso segmento conclusivo di bassi e batterie a spegnersi lentamente sul fondo, scandito da un progressivo handclapping.

Il voto aggiunto per il comprensibile entusiasmo patriottico viene sottratto, in un secondo momento, per la mancanza di un supporto visivo che avrebbe reso l’esperienza ancora più coinvolgente. Il resto? Inappuntabile.

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