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R Recensione

7/10

Samuel Yirga

Guzo

Guardando i vecchi video dei Black Sabbath la vostra attenzione si sposta istintivamente sulla chioma selvaggia di Geezer Butler? Vi è sempre piaciuto Art Garfunkel e ogni tanto spulciate la sua libreria? Firmereste una petizione per imporre Lee Ranaldo come unico vocalist dei Sonic Youth? Bene, subite il fascino dei comprimari. Non vi interessano le comparse, i mestieranti o i mercenari. E al tempo stesso vi annoiano i protagonisti. Vi piacciono i personaggi di "seconda linea", in penombra tra le luci della ribalta e il buio dell'oblìo. Da bambini, tra le spacconate di Lupin e i proiettili di Jigen, sceglievate i silenzi misteriosi di Goemon.

 

Se vi capitasse di assistere ad un concerto dei Dub Colossus, formazione dub anglo-etiope attiva dal 2008, tra il protagonismo muliebre delle vocalist Sintayehu 'Mimi' Zenebe e Tsedenia Gebremarkos e quello scintillante della sezione fiati, il vostro udito selezionerebbe istintivamente gli accenti "in levare" del pianoforte di Samuel Yirga. Quella specie di Ronaldino in minatura (minuto 00:27) all'età di 16 anni (e senza aver mai toccato uno strumento musicale!) supera le selezioni per accedere alla scuola di musica di Addis Abbeba e - dato il brillate risultato (terzo su 2.500 candidati) - ottiene carta bianca sulla scelta dello strumento. Il ragazzino decide subito per il pianoforte, ma i professori sostengono che le mani di Samuel, palmi piccoli e dita tozze, non siano adatte. Il ragazzo se ne frega, suona dodici ore al giorno dimenticandosi spesso persino di mangiare, rilegge al pianoforte la musica funk e la tradizione etiope (e per questo viene allontanato dalla Scuola di Addis Abbeba, che prevedeva lo studio esclusivo della musica classica), diventa il miglior pianista etiope ed entra nei Dub Colossus. Adesso Samuel ha 25 anni e "Guzo" è il suo debutto solista.

 

"Guzo" è un volo tra l'Etiopia e l'Inghilterra (ricordate "Mulatu of Ethiopia" per l'Ethiopian Airlines?), è un caleidoscopio di influenze e riferimenti che riflettono il carattere eclettico e sfrontato del suo autore. "Firma Ena Wereket" prende di peso il tema vocale di "Masenquo" (brano storico di Mulatu Astatke, indimenticabile in apertura di "Inspiration Information 3") e lo trasforma in un ethio-jazz assolutamente all'altezza del suo mentore, l'iniziale "Abet Abet" cita un classico della leggenda etiope Asnakech Worku, mentre la successiva "Tiwista" riprende un brano tradizionale e lo trasforma in un nostalgico duetto tra pianoforte e sassofono. C'è davvero tanta Etiopia nei solchi di "Guzo": la musica popolare, l'ethio-jazz, le scale usate da Yirga ("Drop Me Here" è Keith Jarrett trapiantato in Abissinia, "Yeh Bati Koyita" è di fatto un omaggio alla scale Bati), i richiami ai mostri sacri della storia della musica Etiope come Tilahun Gessese ("Dance with the Legend"). In mezzo a tante perle d'Africa compaiono anche timidi tentativi di intraprendere una strada più "occidentale", a volte con risultati brillanti ("My Head", funk-jazz latino con gli amici Dub Colossus), altre volte strizzando troppo l'occhio al (potenziale) pubblico (la cover di "I'm The Black Gold of The Sun" dei Rotary Connection, la bonus track "African Diaspora"). Peccati veniali del tutto trascurabili in un esordio che è una sorpresa di oggi e una certezza per il futuro. Con un desiderio: vederlo dal vivo, magari sulle note di "The Blues of Wollo" (splendido ibrido tra il jazz "moderno" e la tradizione vocale dell'ospite Genet Masresha), alla destra di Re Mulatu Astatke. Comprimario sì, ma che sia di lusso.

 

 

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gull alle 18:52 del 27 ottobre 2012 ha scritto:

Mi piace moltissimo il suono (i suoni) che tira fuori dal suo piano. Ottima segnalazione.