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R Recensione

6,5/10

The Ex & Brass Unbound

Enormous Door

Una porta enorme verso un concetto decisamente personale di ciò che il post-punk dovrebbe essere nell'anno di grazia 2013.

E' quella che aprono gli Ex (band olandese old style, anarco-punk sgraziato e plasmato su dinamiche funk-politiche degne della Banda dei Quattro) e i Brass Unbound, combriccola di fiati sgargianti dedita a un funk-jazz slabbrato che evoca i contorsionismi della Hypntic Brass Ensemble.

Il revival wave che ha veleggiato per un decennio sull'oceano della musica alternativa ha guardato prevalentemente al chitarrismo angelico dei Chameleons, alle figure cupe dei Joy Division, alle litanie dei Television. Atmosfere chitarristiche malinconiche (devo citare quantomeno Johnny Marr) fanno da sfondo a melodie soffuse e dolci, amplificano l'eco dell'anglo-pop a tinte scure che ha segnato il passaggio fra gli anni '70 e gli anni '80. A volte con personalità, altre come semplici emuli privi di un talento anche solo lontanamente paragonabile a quello delle muse ispiratrici.

Gli Ex appartengono a un filone new-new-wave decisamente diverso, che si appropria con decisione dei ritmi eversivi della musica nera: non parlo tanto di un delirio Beefhartiano stile Pop Group, ma del funk granitico, più bianco del bianco, dei Gang of Four e di alcuni fra i loro migliori discepoli (lo spazio sonoro acrobatico dei Fugazi, e non cito a caso una band hardcore-punk che ha saputo inglobare stilemi funk e reggae/dub).

Aggiungiamoci un filo di antagonismo politico militante di scuola Oi!, ammorbidito e ridimensionato da un'ironia amara e surreale in stile Devo, e possiamo farci un'idea della proposta articolata del curioso ensemble che ha pubblicato "Enormous Door".

Sempre di revival post-punk si parla, ma le coordinate di riferimento sono decisamente diverse rispetto alla media: la propulsione ritmica che trascina i vari pezzi è contagiosa e a tratti dirompente.

La presenza di un folto gruppo di strumenti a fiato, ora più vicini ad abbracciare atmosfere da blaixploitation anni '70, ora più brutalmente funk, rendono la miscela gustosa e affascinante. Il fitto dialogo fra tromba, sassofoni vari e percussioni tribali (si presti l'orecchio al prologo di "Red Cow", per farsi un'idea) è il vero valore aggiunto.

Quello che manca è forse una ispirazione costante e sontuosa in fase di songrwriting: le costruzioni melodiche sono sempre piuttoso elementari e ripetitive, si accasciano troppo presto, si riducono spesso a mere declamazioni. Fortunatamente, però, l'enfasi e l'energia che le innervano (salutari quanto mai, in un contesto dominato da voci spettrali e prive di grana), sono in grado di redimerle e di originare un impasto accattivante.

Gli Ex sono fra i pochi fedeli alla linea che hanno ancora qualcosa da dire: auguriamoci che contiuino così.

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Voto degli utenti: 8/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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Franz Bungaro (ha votato 8 questo disco) alle 9:22 del 28 giugno 2013 ha scritto:

Mi dispiace Fra che non ti sia piaciuto molto. Personalmente credo che i The Ex siano tra i pochissimi gruppi della scena punk rimasti in vita che siano ancora credibili, e lo sono proprio perchè sempre capaci di reinventarsi e dare voce a chi voce non ha. Nonostante la formazione abbia subito non so quanti cambiamenti (anche il nostro Massimo Pupillo, "bassista" degli Zu e degli Ardecore, è stato in passato in formazione) ed ora rimanga solo il chitarrista Terrie Hessels della formazione originale, restano una delle cose più belle del panorama internazionale punk-avantgarde. In questo album I fiati della Brass Unbound (tra i quali figurano, solo per la cronaca, Roy Paci e soprattutto Mats Gustafsson, il sassofonista più "creativo" e visionario in Europa) danno un tocco di sana follia, deliziosa quando diventa pure etnica come nei momenti più afrobeat (Belomi benna, Red Cow). Si, concordo sul fatto che l'ispirazione in fase di songwriting non sia eccezionale, ma se così fosse stato sarebbe stato un capolavoro. Qui invece i ragazzi si divertono, con poca attenzione alla strutturazione troppo meditata. Metti in gabbia dei fuori classe come tutti loro per un paio di settimane ed esce fuori una meraviglia, comunque. Insomma, trovo quest'album delizioso, per quello che è. Grazie per essertene occupato!

FrancescoB, autore, alle 15:22 del 28 giugno 2013 ha scritto:

Franz, ti dirò che non mi è affatto discipiaciuto il lavoro! Un 6,5 è pur sempre un 6,5, ovvero un giudizio "medio". Diciamo che non sono riuscito a esaltarmi come speravo e come credevo, perché trovo che non sempre i pezzi siano incisivi. Rimane comunque un disco godibile e un po' fuori tiro rispetto alla media del revival wave, e quindi ammirevole.