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R Recensione

8/10

GoGo Penguin

A Humdrum Star

Pochissimo e moltissimo – quantitativamente e qualitativamente – si può dire di “A Humdrum Star”, quarto disco in studio dei GoGo Penguin (ad appena due anni dal notevole “Man Made Object”), cui ci si avvicina col timore reverenziale di chi in esso vi riconosce i crismi del capolavoro contemporaneo, del coronamento più alto e perfetto di un percorso artistico originalissimo ed ineguagliato. Un paradosso, forse, visto che nessuno oggi suona come il trio di Manchester, né può ambire a contenderne e limitarne il raggio d’azione: o forse è proprio questa radicale impermeabilizzazione alla definibilità, questo suonare sempre e solo come sé stessi a stordire, confondere, in ultima istanza inibire. Giusto per capirci, o forse no: “A Humdrum Star”, come il precedente capitolo, esce per la prestigiosissima Blue Note, ma starebbe benissimo anche nei cataloghi di Deutsche Grammophon, ECM, persino Hyperdub. Tale è la dialettica compenetrante delle tre maggiori componenti stilistiche – il jazz pianistico, la classica, la drum’n’bass – che un purista ammattirebbe al solo pensiero. Ma quando mai i puristi si sono trovati dalla parte giusta della storia?

Qui – mi perdonerete se la frase vi riporterà alla memoria ben più ignominiose dichiarazioni a mezzo stampa di queste ore – si fa difatti la storia. Si scrive una nuova e splendente pagina nel grande libro degli avvenimenti: ma si persegue, anche, e con ottimi risultati, una narrazione più modesta, tutta interna al disco stesso. Il minimalismo malinconico di un’ouverture pianistica su cui mugghiano tramontane di bassi (“Prayer”) è il primo ed introduttivo atto di una maestosa pièce, che si snoda e denuda tra i volteggi jarrettiani del solismo di Chris Illingworth (“Raven” frattura il neoclassicismo in severe sezioni di breakbeat), si perde in candidi anfratti spaziali (“Bardo” gira attorno ad un’emozionante frase pianistica che mette a contatto Bill Evans e la deep house: superba qui l’interazione della sezione ritmica), recupera lontani esotismi armonici e timbrici (“A Hundred Moons” potrebbe figurare nella tracklist di un “Jazz Impressions Of Eurasia”: notevole anche l’alternate take, che avanza concisa su un discreto rotolare di spazzole) e immerge in una colata sinfonica nervose suggestioni soulish (“Transient State”). È però la massiccia, costante e dirompente presenza del contrabbasso di Nick Blacka e della batteria di Rob Turner ad impressionare: i due imbrigliano ed aguzzano il lirismo di Illingworth, sballottandolo per dedali da free form e lungo stop&go di micidiale forza esplosiva (“Strid” è un’epifania che in coda si carica di accenti quasi post rock), per poi contrappuntarne cineticamente le trine più drammatiche e tarantolate (“Reactor” raddoppia in direzione hip hop l’impatto della “Protest” di “Man Made Object”) e dettare il passo nelle semiballate (le sincopi trip hop nella volatile meditazione mertensiana di “Window”).

Non un attimo di troppo, non un passo falso: “A Humdrum Star” pulsa di una luce inestinguibile anche nei suoi recessi più reconditi. Il che, se ci pensate bene, è una chiosa che sul disco dice pochissimo e moltissimo, qualitativamente e quantitativamente.

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 2 voti.
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C Commenti

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fgodzilla (ha votato 8 questo disco) alle 17:59 del 15 maggio 2018 ha scritto:

Michia ma sommo perche' sei cosi sommo .........se ti avessero dato un euro per ogni disco figo che mi hai fatto scoprire .....

Marco_Biasio, autore, alle 21:41 del 15 maggio 2018 ha scritto:

Ehilà, chi si rivede! Troppo buono, come sempre. Mi fa piacere che hai raccolto il suggerimento e che ti sia piaciuto il disco. Loro, purtroppo, sono tanto talentuosi quanto (ancora) criminosamente sottovalutati. Speriamo che la tendenza si inverta presto.

fgodzilla (ha votato 8 questo disco) alle 16:37 del 16 maggio 2018 ha scritto:

A sommo ma gli A perfect li vai a vedere ? Ti e' piaciuto il disco nuovo ?

Marco_Biasio, autore, alle 22:37 del 16 maggio 2018 ha scritto:

No, costano troppo. Il disco nuovo lo sto ascoltando in questi giorni: lo sto trovando molto denso e complesso e credo mi ci vorrà del tempo per capirlo per bene.