R Recensione

7/10

Enrico Testa

Chromatic Life

L’armonica cromatica è uno strumento che nel jazz contemporaneo ha ben pochi esempi: tributato il giusto onore al maestro belga Tooth Thielemans, classe 1922 , attivo fin dagli anni ’50,  e ricordato Bruno De Filippi, autore, fra l’altro,  di Tintarella di luna,   fra i musicisti in attività oggi e per di più italiani, si può citare il lombardo Max De Aloe, che porta il suo strumento a spasso fra sperimentazione e  mainstream.

Per questo, quella di Enrico Testa, armonicista e chitarrista di Rapallo, che ha scritto, suonato e prodotto in proprio il cd “Chromatic life” inciso presso gli studi OrangeHome Records di Raffaele Abbate a Leivi, con un quartetto acustico e l’armonica cromatica come principale voce solista , oltrechè scelta originale , si può considerare una piccola sfida rispetto alle tradizionali formazioni del genere. Competizione portata a termine con ottimo risultato, va detto subito, dato che la “vita cromatica” di Testa si compone di  felici episodi melodici, è variegata, e saggiamente bilanciata fra momenti di relax e sprazzi di inquietudine. Al primo genere appartiene la title track dalla immediata presa , con il  refrain dell’armonica che si stampa nella memoria al primo ascolto. Ma già alla seconda traccia Ego,  protagonista assoluta la chitarra acustica -  il panorama si fa più mosso e si alternano sezioni più meditative a spazi caratterizzati da un notevole drive ritmico. Un po’ come gli umori cangianti di un ego, appunto. “Muy obrigado” è invece un omaggio al jazz latino basato sul vortice ritmico del batterista Cervetto , mentre “Buon tutto”  declina la bossa nova in versione “cromatica”. L’armonica di Testa sfugge a tutte le trappole più diffuse nel genere: solo raramente (Sweet waltz, Gocce d’acqua) qualche tema sfiora i cliché o il già sentito, mentre nel resto del repertorio non mancano freschezza, entusiasmo e sorprese. E’ il caso di Trying to say ,  nu jazz in chiave acustica, o dello sghembo swing di March, pazza ed imprevedibile come il mese cui è intitolata. Da segnalare, oltre alla ottimale resa sonora, fondamentale per una incisione popolata da soli strumenti acustici,  la prova esecutiva dei musicisti: dal leader, davvero bravo a domare l’armonica (ascoltatelo nel finale di Last dream) e dotato di ottime intuizioni alla chitarra , a Marcello Picchioni, pianoforte, Dino Cerruti, contrabbasso e Rodolfo Cervetto alla batteria, tutti in evidenza oltrechè per l’interplay collettivo, anche per le ispirate parti soliste.

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