R Recensione

7/10

Alessandro Florio

Roots Interchange

Lo scambio di radici del titolo è quello fra la cultura italiana ed il linguaggio della musica afroamericana, che ha prodotto numerosi ed importanti frutti, in un processo tuttora in corso e di rilevanza sempre crescente. A loro, ai musicisti italiani ed italoamericani, è dedicato il secondo lavoro da solista del chitarrista Alessandro Florio, “nell’intento di rivendicare e non trascurare il  ruolo chiave di questi musicisti nella storia ed evoluzione del jazz”.

Lo stesso Florio, qui insieme ai due autorevoli compagni d’avventura di evidenti origini italiche (l’organista Pat Bianchi ed il batterista Carmen Intorre, spesso al fianco di Pat Martino, ed il secondo anche dietro ai tamburi con George Benson) è un esempio vivente del fenomeno interculturale che lega, per il tramite del jazz, le coste italiane al mondo intero: allevato alla scuola di Franco Cerri, laureato al Prins Claus Conservatorium di Groningen in Olanda, un Master in Jazz Performance conseguito studiando  tra l’Olanda e New York sotto la guida, fra gli altri, di Freddie Bryant, ed oggi pronto ad affrontare con prospettiva mondiale la propria carriera di autore e performer. Il disco è una vera manna per gli amanti dell’Hammond trio, la formazione senza basso che, a partire dagli anni ’50 è diventata una delle formule standard del jazz virato soul e blues, reso celebre da Jimmy Smith e praticato, nella versione con chitarra, da musicisti come Kenny Burrel e Wes Montgomery. “Feel Good Music”, in apertura, è una sorta di menu di quello ci aspetta, con un irresistibile swing ed il tema articolato della chitarra, precisa e tagliente del leader che introduce gli spazi solisti per Intorre e Bianchi. Seguendo il consiglio di copertina di Freddie Bryant, particolare attenzione meritano le due ballad originali “V”, intima e quasi sussurrata, e la sorniona “Ring Shout”  nelle quali la chitarra di Florio e l’organo di Bianchi (grandissimo nel secondo pezzo) si superano per eleganza ed inventiva, proponendo in continuo frasi e suggestioni che alimentano un fervido interplay. Ritorna nel cd anche lo spirito di Thelonius Monk che aveva già ispirato il  precedente “Taneda” di Florio in duo di sole corde con Mattia Magatelli, qui attraverso una calda e spumeggiante “In Walked Bud” e con la “Straight No Chaser” che ospita lo scat dell’amico Gegè Telesforo.

E nei due brani rimanenti composti dal chitarrista, “Il Dottor Thomas non è in sede” e “Lo zio del mare” c’è la sintesi più completa dei tanti elementi che alimentano l’immaginazione del trio: si parte da una passeggiata notturna e circospetta fra i vicoli di Brooklyn, si imbarcano generose dosi di funk e blues e si approda, infine, sulle coste amalfitane, con un viaggio sonoro che può essere considerato lo  sviluppo metaforico del titolo. Una bella e rigogliosa pianta cresciuta su quelle radici intrecciate.

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