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R Recensione

8/10

Amy Winehouse

Back To Black

“(...) è una storia un po’ sputtanata / è una storia sbagliata

(Fabrizio De Andrè)

Amy ha molti tatuaggi di donne nude e si sente “più uomo che donna. Però non lesbica, non prima di una sambuca, comunque”; Amy ha perso quattro taglie fra il primo e il secondo disco; Amy soffre “un po’ di bulimia, un po’ di anoressia”, non è del tutto ok, insomma, ma crede che “nessuna donna lo sia mai veramente”; Amy interrompe Bono (e, cazzo, se era ora! Peccato che nessuno c’abbia pensato vent’anni fa) durante un discorso di ringraziamento ai Q Awards; Amy vomita sul palco d’un famoso locale londinese, pare a causa d’un’intossicazione, ma poi si riprende e continua a cantare; Amy non sa vestire: sempre a braccia scoperte, viene pizzicata piena di tagli e cicatrici d’ogni sorta e il suo portavoce non trova di meglio che dare la colpa ad una caduta per strada; Amy viene arrestata in Norvegia per possesso di marijuana; Amy non ha stile: se appena si fa una pipa di crack poi deve prendere “sei valium per calmarsi” e finisce puntualmente su YouTube; Amy ha i polmoni in cattivo arnese: quando finalmente si fa ricoverare il verdetto è “enfisema polmonare”. Fosse una scimmia, Amy, la caccerebbero dalla tribù.

Piano, non siamo ancora diventati pazzi o, peggio, un settimanale del gruppo Rusconi: questo è solo un breve estratto del campionario di morbosità e nefandezze, quasi tutte documentate, che i media hanno fatto girare sul suo conto. Messe così, alla rinfusa, perché si sappia che siamo a conoscenza di tutto e che non ce ne frega niente. Perché non abbiamo trovato il tempo (o il modo) di occuparci di lei assiduamente, in tempo reale, come si dice, e forse è stato meglio così. Perché a meno di sei mesi dalla pubblicazione dell’ultimo singolo e a più d’un anno e mezzo dall’uscita dell’album, la giostra impazzita sembra finalmente sul punto d’arrestarsi e le sue vertigini non rischiano più di corrodere la nostra innata capacità di giudizio. Perché Amy Winehouse è molto più che una lacoontica creatura catodica (all’altro capo? A turno: un Pete Doherty, una Kate Moss, Britney Spears o Lindsay Lohan) discintamente coricata sul divanetto di un club privè di Soho. Perché il lavoro di questa dark lady pret a porter, di questa Lydia Lunch del neo soul, disossato di ogni sovrastruttura moralistica, possa rivelarsi, prospetticamente, in tutto il suo valore.

Basta sforzarsi di ascoltare attentamente un pezzo come “Rehab” (il che non vuol dire piazzarlo smaccatamente in sottofondo e lasciare che sia... tipo i servizi mondani di “Studio Aperto”) per accorgersi che la ragazza batte in cinismo e consapevolezza persino chi sul cinismo (mascherato da miti consigli) s’è costruito una reputazione: lo staccato scandito dagli handclappin’ e doppiato dalle fanfare enfie come quelle di una big band, i contrappunti orchestrali à la Bacharach (archi, piano e vibrafono) sullo sfondo, e in primo piano il lamento sfrontato, lo shout arrotato e contorto, il miagolio sulfureo e sarcastico di una randagia che rifiuta di conformarsi al cliché “notturno hollywoodiano” dei vizi privati e delle pubbliche virtù. “You Know I’m Not Good” è una cantata soul jazz proporzionata al metro dell’hip hop (le sincopi di cassa e rullante, il loop del basso che sembra tolto di peso a “Jump Around” degli House Of Pain): e dove finiscono i meriti musicali (di Mark Ronson, in particolare) cominciano quelli letterari, con le liriche al curaro della Winehouse, affettate da rime regolari che rivendicano, forbite, puntuali e spietate, l’ennesima orgogliosa ammissione di solitudine e diversità.

E ancora: “Me And Mr Jones”, in stile Motown, con l’inossidabile pattern di fiati e batteria e i cori doo wop che, aggiornati ai tempi, ripetono parole dolci come “fuckery” e “dick to me”; “Just Friends”, stesso Tamla sound ma con andatura ska; “Back To Black”, una delle vette del disco, con la ritmica del piano che sembra quasi una rimembranza di “New York, New York” e dell’età dell’oro dei musical, l’orchestrazione spectoriana e le note in “nero” di Amy che non avrebbero sfigurato nella “Carmen” afroamericana diretta da Otto Preminger. L’altro capolavoro è “Love Is A Losing Game” (vincitrice del premio Ivor Novello e inserita come testo d’esame a Cambridge), tutta costruita sulle similitudini come una lirica amorosa del XIII secolo, una sorta di “My Way” al femminile con la chitarra funky che spicca sull’accompagnamento old-fashioned da canzone confidenziale (e con Amy che azzera ogni prevaricazione sessuale in un ruolo, quello del crooner, storicamente mascolino). “Tears Dry On Their Own” ha l’incedere ascendente d’uno standard di Aretha, una disillusa “R-E-S-P-E-C-T” del nuovo millennio in cui, mutatis mutandis, uomini e donne hanno smesso di credere l’uno nell’altra (“I shouldnt play myself again / I should just be my own best friend / Not fuck myself in the head by stupid man”) o in un legame franco e duraturo (“Even if I stop wanting you / A perspective pusher thru / I’ll be some next man’s other woman soon”).

Wake Up” è un numero da girl group col testo, poetico e scurissimo, che è uno splendido, simbolico intarsio di Dylan e Sylvia Plath; al cospetto di quest'ultima “Some Unholy War” sembra una goccia d'acqua ma punta più decisa dai paraggi della Stax. In “He Can Only Hold Her il piano, metallico e ficcante, martella sull’assito ritmico in modo tale che i fiati, assolti da questo compito, possono tracciare divagazioni armoniche sui beat alla Salt’n’Pepa; “Addicted” gioca sul contrasto fra l’r’n’b sincopato della sessione ritmica e l’arrangiamento da night club (tra gli ottoni spunta persino un clarinetto) con Amy che sbuffa la sua cocente ironia dolendosi candidamente di preferire la marijuana a nuove (dis)avventure amorose.

Un opera ai limiti dell’ostentata perfezione pop(ular) cucita su misura per le doti immaginifiche della più grande interprete “black” (in tutti i sensi, tranne che per il colore della pelle) del Regno Unito. Diffidate delle chiacchiere e, soprattutto, delle imitazioni. Di quegli ipocriti che quando l’ipocrisia avrà ucciso, andranno all’inferno e si crederanno in paradiso.

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Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 32 voti.

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fabfabfab (ha votato 8 questo disco) alle 12:01 del 2 luglio 2008 ha scritto:

Peccato

Bellissima recensione e ottimo album. Peccato che, giovane e ingenua, sia stata inghiottita dal vortice Mtv-gossip-cazzate-lucignolo-puttane-studio aperto-kate moss-paris hilton ...

Mr. Wave (ha votato 8 questo disco) alle 12:13 del 2 luglio 2008 ha scritto:

Ottima recensione, bravissimo Simone... Stavolta, ci sta tutta la locuzione; ''è un lavoro quasi perfetto'', come scrivi giustamente << ...opera ai limiti dell’ostentata perfezione pop...>> ebbene sì sono d'accordo. Un escursione attraverso le possibilità espressive pressoché illimitate di un sound fortemente intrecciato negli anni Cinquanta e Sessanta. Un bellissimo disco, a mio giudizio, godibile dalla prima all'ultima traccia (sensazionale il terzetto: “Back To Black”, “Love Is A Loosing Game” o “Tears Dry On Their Own”... una più bella dell'altra) anche e soprattutto su un piano strettamente musicale, al di là delle spesso ''scomode'' contraddizioni di un personaggio che non tutti ''smaltiscono'', facilmente... ancora complimenti!

Marco_Biasio (ha votato 7 questo disco) alle 13:08 del 2 luglio 2008 ha scritto:

Prima o poi tocca a tutte le webzine musicali affrontare la patata bollente di Amy Winehouse, meglio perciò togliersi il pensiero il prima possibile. Ero pronto a difendere la pulzella tatuata a spada tratta contro un'arringa spietata, ma devo constatare con piacere che qui la pensate come e meglio di me. Gossip e carriera son due cose diverse ma, nel clichè dei luoghi comuni, spesso finiscono per confondersi e divenire una cosa sola, spesso se poi il personaggio è personaggio a 360 gradi. Pezzo preferito "You Know I'm No Good". Ciao, Simone, ottima disamina.

TheManMachine alle 20:44 del 2 luglio 2008 ha scritto:

Bella recensione, lei però...

avrà anche una bella voce che utilizza in un repertorio azzeccato, però dai è veramente poco normale, e anche i fans più sfegatati farebbero bene a tenersi a distanza di sicurezza da lei, per non rischiare di lasciarci un'arcata sopraccigliare, un setto nasale, o quant'altro... guardate un po' qua: http://www.viralthis.com/198/amy-winehouse-punches-fan.html

Neu! (ha votato 1 questo disco) alle 15:06 del 29 agosto 2008 ha scritto:

1

questo vale

Truffautwins (ha votato 10 questo disco) alle 3:46 del 7 dicembre 2008 ha scritto:

Dai su!

bart (ha votato 2 questo disco) alle 16:40 del 3 maggio 2010 ha scritto:

Insipido

Lei ha un grande talento, ma le canzoni, apparte qualche momento piacevole, non mi dicono nulla.

DucaViola (ha votato 7 questo disco) alle 16:43 del 7 maggio 2010 ha scritto:

Il disco mi piace molto e lei ha una gran voce, è un lavoro ben cesellato... peccato che la sua testa non le farà fare molta strada.

bart (ha votato 2 questo disco) alle 16:55 del 7 maggio 2010 ha scritto:

RE:

Sono d'accordo con te: lei ha una gran voce, ma la deve smettere di devastarsi la vita in questo modo. Gli "artisti maledetti" hanno già fatto il loro tempo.

DucaViola (ha votato 7 questo disco) alle 17:16 del 7 maggio 2010 ha scritto:

RE: RE:

ho già specificato che la sua testa non le permetterà di fare molta strada, ma ciò non influisce sul mio giudizio. Gran voce, buon disco... il resto è affar suo... io ascolto musica non psicoanalizzo i cantanti e i musicisti in genere... e non scrivo neanche sulla lavagna i buoni e i cattivi come a scuola.

J.J.FOX (ha votato 7 questo disco) alle 22:07 del 17 dicembre 2010 ha scritto:

Beh se non e' brava le a canatre non so chi merita... L'ho vista live in una serata in un locale da 300 spettatori in Canada, era strafatta che sembrava potesse cadere dal palco da un momento all' altro, invece a cantato per un ora e mezza alla grande. Bell'album. Piace

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 20:35 del 14 gennaio 2011 ha scritto:

Gran bell'album!

Dr.Paul (ha votato 8 questo disco) alle 14:53 del 11 maggio 2011 ha scritto:

riascoltato ieri....grande disco!! la voce poi è veramente entusiasmante, nessuno strascica come lei nella cup of tea del nu soul! NESSUNO ))!

dalvans (ha votato 2 questo disco) alle 14:51 del 21 ottobre 2011 ha scritto:

Imbarazzante

Brutto

risen (ha votato 8 questo disco) alle 16:32 del 17 dicembre 2011 ha scritto:

voce magnifica-grandi canzoni ma non ancora un capolavoro

ROX (ha votato 8 questo disco) alle 19:39 del 26 dicembre 2011 ha scritto:

bel disco davvero...

Totalblamblam (ha votato 8 questo disco) alle 19:29 del 6 settembre 2014 ha scritto:

bel lavoro. unico appunto mio personale : avrei mixato la sua voce in modo diverso e dato anche un taglio meno "dry" al sound. anche il bonus disc della deluxe edition ha qualche perlina nascosta.

Totalblamblam (ha votato 8 questo disco) alle 17:59 del 7 settembre 2014 ha scritto:

ho letto la rece lol simone non mi trovo su un punto: rehab e "i contrappunti orchestrali à la Bacharach (archi, piano e vibrafono) sullo sfondo". io di burt ci sento poco. per me è un pezzo spectoriano fino al midollo.

simone coacci, autore, alle 18:40 del 7 settembre 2014 ha scritto:

si forse mi ero un po' lasciato trasportare...