Erykah Badu
New Amerykah Part Two (Return Of The Ankh)
Una donna nera cammina per le assolate avenue del centro di Dallas. Porta grandi occhiali scuri ed è vestita pesante, dalla testa ai piedi, nonostante l'afa che traspira dalle immagini. Gira in incognito, come se non volesse farsi riconoscere. Non ha indugi, va per la sua strada, incurante della gente (quasi tutta bianca) che le sfila accanto anonima, senza volto. Poi, come se niente fosse, comincia a spogliarsi. Così, davanti a tutti: prima gli occhiali da sole, poi il cappuccio della felpa, poi tutto il resto. Ora lei è completamente nuda, sulla schiena una scritta tatuata: “evolving”, ma continua ad avanzare imperturbabile, sotto gli occhi esterrefatti dei passanti. Sembra che nessuno possa dissuaderla, che a tutti manchi il coraggio di fermarla. Improvvisamente nell'aria esplode un colpo di fucile e la donna si accascia al suolo. Nuda, esanime, in una chiazza di sangue multicolore. Questo è quello che fanno le persone ai loro simili - ci dice una voce fuoricampo - quando hanno troppa paura per sforzarsi di capire le loro ragioni.
Se aggiungiamo che il video, virato in un finto Super8, richiama fedelmente il famoso filmato di Zapruder e che termina nel punto esatto in cui fu ucciso il presidente Kennedy, si capisce un po' meglio perché l'evitico nudo integrale della Badu, fra una tetta sventolata al Superbowl e una Lady Gaga senza mutande, ha suscitato tanta indignazione negli Stati Uniti. Al punto che la polizia di Dallas, non potendo rivalersi altrimenti, l'ha multata di 500 dollari per “condotta disdicevole” in un luogo pubblico. Il video in questione, grazie al quale la Badu si conferma vera artista multimediale e intelligente provocatrice nella miglior tradizione afroamericana, è la trama audiovisiva del superbo singolo Window Seat, pietra angolare dell'atteso e procrastinato ritorno discografico della cantante texana.
Un album geminale, intitolato New Amerykah Part Two (Reurn Of The Ankh), che rappresenta l'ideale continuazione e la metà mancante dell'osannato e semi-eponimo predecessore. Di 4th World War il nuovo lavoro perpetua la costruzione contaminata, espansa, libertaria, la visione cosmica e trasversale della musica soul, intesa come anima, come inconscio collettivo, come flusso ininterrotto che abbraccia tutta la storia della musica nera: da Nina Simone a D'Angelo, dallo Stevie Wonder di Songs In The Key Of Life all'hip-hop di J Dilla e Madlib, da Marvin Gaye a... Erykah Badu. Perché dopo quasi quindici anni di carriera ai massimi livelli è lei stessa parte viva, pulsante, dialettica di quella storia.
Si parte dal dream-soul di 20 Feet Fall, vaporoso idillio discinto da tastiere leggere e adamantine e poi Window Seat naturalmente, funk liquido, ambientale, cinematico che si sforza di apparire canzone, e poi Agitation funk-progressive fulmineo (un minuto e mezzo scarso) ma pieno di spunti e di ripartenze. Due brani maliardi, ballabili, contagiosi come Turn Me Away (Get Munny) e Umm Mmh (sardonica come il titolo), la blaxploitation rosa e femminista di Gone Baby, Don't Be Long, le radici hip-hop del nuovo soul in Fall In Love (Your Funeral) e la oldschool robotica e asintotica di Love. Eccentricità baduiane tipo Incense con l'arpa di Kirsta Agnesta e la base di Madlib: come se Erykah e Joanna Newsom avessero jammato di nascosto per tutta la notte e un frammento di quella jam fosse rimasto incastonato in una goccia d'ambra del sequencer. Più o meno, una cosa dal genere. Fino alla spericolata suite, quasi una stratificata galleria musicale e temporale sulla black music, di Out Of My Mind, Just In Time.
Questo, fratelli e sorelle, è il soul dell'avvenire.
Tweet