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R Recensione

7/10

Rox

Memoirs

 In un mercato discografico scombussolato da nuovi media e crisi varie non c'è da stupirsi di niente. I paradossi sono all'ordine del giorno, al punto che la regola e l'eccezione giocano sempre più spesso a scambiarsi di ruolo. Non fa più notizia, dunque, che le major investano su generi e artisti (potenzialmente) ostici e underground, così come, dall'altra parte, le indie mettano sotto contratto cantanti (potenzialmente) pop e commerciali. Fa tutto parte di questo continuo rincorrersi ed accavallarsi di nuove e vecchie tendenze musicali. Una politica che, nel migliore dei casi, può rivelarsi utile a deporre barriere commerciali e pregiudizi estetici.

E qui potremmo trovarci di fronte a uno di quei famosi casi. Lei si chiama Roxanne Tataei, in arte Rox, mezza jamaicana e mezza iraniana, ma per il resto inglese a tutti gli effetti: nata a Norbury, Londra, ventun'anni fa. La sua storia ricalca pari pari quelle di tante enfant prodige della musica black: primi passi nel coro della chiesa, quindi una significativa esperienza nel teatro musicale inglese con quella benemerita istituzione che è il National Youth Musical Theatre, poi, inevitabile, il richiamo di un altro, più popolare palcoscenico, quello della canzone pop, della musica leggera, come corista (per Mark Ronson, fra gli altri) prima, un coro da cui esce presto per firmare un prestigioso contratto con la Rough Trade. Ecco l'indie - e che indie! - di cui sopra, lupus in fabula. Ed ora, in questa estate 2010, il debutto sulla lunga distanza con Memoirs. Un album che, pur senza fare chissà quali sfracelli, pare destinato a guardarsi un suo posticino al sole in questo piccola soul renaissence di fine/inizio decennio. I numeri, la ragazza, ce li ha tutti. Quel che sarà, staremo a vedere.

Per ora sul piatto c'è questo Memoirs che è un disco nu-soul, ad alta gradazione R'n'B e con una bella pennellata northern. In virtuoso equilibrio fra british e american, fra passato e presente, abilmente confezionato in un aureo formato pop da Commissioner Gordon - non l'alleato di Batman ma l'artefice dei grandi successi della Divina (Lauryn Hill) - e Al Shux, della cricca di Jay-Z.

Tracciante ideale per lei che, in un certo senso, è più simile ad una Amy Winehouse (ma fra le sue influenze cita, oltre alla Divina, anche Joni Mitchell e Sade) che a sista rivoluzionarie come le nostre muse Erykah e Janelle. Agli eccessi sboccati e ai tormenti lirici della della bad girl del ghetto ebraico, però, Roxanne contrappone un'immagine più innocente e scanzonata. Pagine di memorie - il titolo non mente - ricopiate dal diario di una ragazzina perbene e per nulla stupida, che esce alla vita ed affronta, con una salutare dose di positività ed ironia, gli amori e i dolori dell'età adulta.

Voce strepitosa, quella della Rox, capace di svariare dal miagolio sinuoso e affusolato alla Winehouse nell'epos vezzoso di No Going Back (prezioso il break con mormorio sommesso tra il primo ritornello e la seconda strofa), alla soul ballad acustica e vellutata di Do As I Say, con l'accompagnamento scarno degli staccati di chitarra, l'hammond soffuso, il cesello della melodia flautata e un catartico epilogo corale, per non parlare dell' hip-soul cinematico alla Fugees di Page Unfolds, con quell'intro quasi da western “cooderiano” e l'impressionante, struggente scalata di ottave dell'inciso. Per passare poi con disinvoltura dal numero doo-wop per solista di girl-group in libera uscita della facile I Don't Believe, al dancefloor un po' vintage di My Baby Left Me. Non tutto è a fuoco, ingenuità e paraculaggine affiorano qua e là, e alcuni brani sanno un po' di specchietti per le allodole o di semplici riempitivi (la Jamaica da cartolina, oziosa ed estiva, di Rocksteady, tanto per fare un nome).

Difetti ampiamente perdonabili se riletti alla luce della giovane età dell'artista e del contesto particolare in cui si muove. Soprattutto perché sull'altro piatto della bilancia pesano gemme appena lavorate quali: Heart Ran Dry bozzetto in tinta bluesy/gospel per chitarra e voce, semplice e buttato lì - lei a gambe incrociate sul letto della sua stanzetta, mentre canticchia annodandosi le trecce disfatte di capelli crespi - eppure così incantevole; Breakfast In Bed, ancora Amy, ma nulla a che vedere con le sue sbornie cattive, gli sconosciuti accaldati nell'altra piazza, le bottiglie vuote e le tempie in frantumi: una fanciulla che si risveglia di malumore e si crogiola fra le lenzuola per il gusto di tirare tardi, imbronciata e squisita quando gonfia il petto e sbuffa come una “locomotion” sul ritornello, i sixties di Precious Moments con lievi afrori caraibici, i nineties di Oh My che incrocia con classe nu-soul e ballad orchestrale.

Se son Rox fioriranno.

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Voto degli utenti: 5/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

Ci sono 4 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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FrancescoB alle 9:02 del 17 luglio 2010 ha scritto:

Disco davvero interessante, forse non così esplosivo come i recenti capolavori di Erykah e Janelle, ma comunque ricco e scorrevole, con alcuni pezzi degni di nota ed una voce nothern soul splendida. Al solito, recensione impeccabile Simò.

Totalblamblam alle 19:05 del 25 luglio 2010 ha scritto:

suonano gratis sabato al croydon summer festival,

non li conosco pensavo di andarci per damned e martha reeves rox inizia alle 3.40 vediamo se non fa troppo caldo...

http://www.croydonsummerfestival.org/

simone coacci, autore, alle 18:17 del 26 luglio 2010 ha scritto:

RE:

Lei ha una voce splendida e le canzoni sono di pregevole fattura. Se non fa troppo caldo, faccelo un salto, Stoke! Poi mi racconti...

Totalblamblam alle 14:12 del primo agosto 2010 ha scritto:

RE: RE:

si una topina ieri vestita alla chaplin (alta quanto lui ghghh), bella voce e presenza scenica...più verace della sade leggo una delle sue influenze ma lei addormenta meno per il poco che ho visto sono arrivato troppo tardi e ho sentito solo due pezzi ...poi sono arrivati i damned e boom cazzo sono ancora grandiosi