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R Recensione

7,5/10

Deus Ex Machina

Devoto

One of the most extraordinary bands in the entire music universe”. Deve avere pesato non poco, una definizione del genere, elargita dalla bibbia musicale AllMusicGuide, sulla storia e l’evoluzione di una band nata negli anni ottanta, con la creazione di un’opera rock (“Gallium Caeli”), autrice di tre album in studio in bilico fra prog e metal, (editi dall’etichetta Kaliphonia e prossimi ad una ristampa) con testi cantati in latino, ed approdata al primo disco internazionale con un’etichetta autorevole come la statunitense Cuneiform. Si era nel 2002, e l’opera che meritava cotanta ammirazione era “Cinque” considerata fra le migliori dei bolognesi Deus Ex Machina, a cui seguì, dopo sei anni, la produzione live/studio di “Imparis”, ulteriore evoluzione verso una forma di fusion jazz rock in grado di scomodare paragoni con la PFM, Mahavisnu Orchestra, King Crimson e addirittura gli Area, ugualmente acclamata all’interno del circuito progressive internazionale. Apprezzamenti che esaltano, ma possono anche rivelarsi macigni per le ricadute in termini di aspettative e responsabilità di chi è chiamato a dare seguito a precedenti di tale peso. Di qui, forse, e per altri motivi ancora, gli otto anni di silenzio che separano quell’ultimo lavoro da questo nuovo segnale di vita captato nel 2016. “Devoto” è il nuovo capitolo nella storia del gruppo composto da Alberto PirasMauro Collina, Alessandro Bonetti, Alessandro Porreca, Luigi Savino e Claudio Trotta, nonché il primo lavoro dopo l’abbandono del pianista Fabrizio Puglisi (avvistato di recente nel supergruppo di casa RareNoise Berserk!) ed il ritorno alle tastiere di Luigi Ricciardiello, e rappresenta un ritorno in ottima e più che mai energetica forma.

Certo, occorre abituarsi (o riabituarsi) ad un uso della voce che un orecchio non allenato potrebbe giudicare enfatico e caricato, con le strofe di Piras, questa volta totalmente in italiano, spesso sovrapposte alle basi strumentali con metriche libere e cariche di pathos ed emozione, che evocano inevitabili richiami all’arte vocale di  Demetrio Stratos. Bisogna, inoltre, accettare la convenzione che qui il tempo si è fermato a metà anni ’70, inclusa la data di fabbricazione di tutti gli strumenti utilizzati, perché suoni e modi espressivi di quella stagione sono eternati in forma di linguaggio scarsamente intaccabile da tutto ciò che è successo negli ultimi quaranta anni in campo musicale.

Fatte e condivise queste premesse, “Devoto” offre nove tracce di presa immediata, con un riequilibrio, rispetto ai lavori precedenti. della componente hard rock rispetto a quella tipicamente prog, evidente nei micidiali groove di chitarre e tastiere della title track, di “Multiverso” e “Transizione”, ed un tiro più diretto ed essenziale, al quale sono ricondotte le ineccepibili doti strumentali di tutti i musicisti.

Dopo “Imparisl’album metà live metà studio del 2008, abbiamo affrontato un periodo di scarsa energia dovuta in parte alla partenza di Fabrizio Puglisi” - spiega Alberto Piras - dovevamo capire dove volevamo andare e se saremmo stati in grado di continuare a produrre la musica dei Deus Ex Machina. La registrazione di “Devoto è stata abbastanza veloce, ma è stata il risultato di un lungo e meditato processo di ripensamento, durante il quale alcuni membri della band hanno preso parte ad altri progetti,  come Alessandro Bonetti, che suona il violino con la PFM, ed il batterista Claudio Trotta, che lavora con molti altri musicisti

Percorsi ed influenze che hanno sicuramente giovato alla ecletticità di un album (viene da chiamarlo così, in omaggio a quei tempi...) che, accanto alle caratteristiche citate, esibisce una vivace e lussureggiante componente prog, nelle mini suites “Distratto Da Me”,  protagonisti insieme al violino anche una aggiuntiva sezione fiati, (Alessandro Meroli e Marco Matteuzzi ai sassofoni e Massimo Greco alla tromba), “Più Uguale” ,che sfoggia un avvio in odor di Gentle Giant per evolvere in una tumultuosa sezione rock e concludersi nel cosmo elettronico che si poteva scorgere con un cannocchiale anni settanta, o nella nervosa scansione ritmica di “Figli”, con Piras che domina il soundscape costruito dai fiati e dalle tastiere elettriche. “Autori Del Futuro” è invece una prog ballad alimentata da organo e violino, che ospita una sezione solista psych- rock di Collina, prima di un arrembante finale con cori in falsetto alla Robert Plant

Ad altre latitudini, “Eterno Ritorno” e “Quattro Piccole Mani” rappresentano il versante più acustico e raffinato del lavoro: la prima è un bucolico quadro dipinto dalle corde di chitarre e violino, la seconda lo strumentale di chiusura, quasi un raga che contorna di elettronica il dialogo fra l’acustica e la lap steel.

La parte letteraria del disco è attraversata da una riflessione sul rapporto fra l’essere umano e la terra, che alterna aspetti legati alla dimensione individuale a rilievi su significati ed aspirazioni collettive, completando una proposta espressiva che sa parlare forte e chiaro su tutti i versanti.

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theRaven 8,5/10

C Commenti

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swansong alle 10:04 del 19 dicembre 2016 ha scritto:

WOW!

Albo non ancora da me ascoltato, ma....già "goduto" (in parte) in sede live la scorsa primavera. Band semplicemente mostruosa! Impeccabile sia tecnicamente che stilisticamente. Purtroppo, sino ad ora, solo pochi eletti, in Italia, pare si siano accorti dei DEM e ciò, nonostante siano sul mercato da oltre 20 anni! A sfornare capolavori uno via l'altro...

Qui mi fermo perché sarei troppo "encomiastico" e poco obiettivo. Posso solo complimentarmi col recensore per averli finalmente portati, come (già) merita(va)no, al cospetto di un sito che dovrebbe fare del suo nome (omen) un imperativo categorico nella ricerca di esperienze musicali altissime ed entro la quale, mia modestissima opinione, questi 5 pazzi bolognesi occupano senz'altro i primissimi posti mondiali nell'ambito della musica (jazz-rock) contemporanea!

P.S.

VDGG?....Scatenati!!!!!

Utente non più registrato alle 20:39 del 19 dicembre 2016 ha scritto:

Occhio adesso che accade eeeh...

Utente non più registrato alle 17:04 del 19 dicembre 2016 ha scritto:

Beh! ovviamente un NOVE strameritato per questo e per tutto quello che finora hanno fatto

Utente non più registrato alle 17:36 del 19 dicembre 2016 ha scritto:

Ho letto molto velocemente la recensione e non mi trovo d'accordo su molte cose, ma va bene lo stesso...

Solo due/tre cosine: il primo album si chiamava "Gladium Caeli", in nessuno dei loro lavori è presente una componente metal, infine la pausa di 8 anni è stata più che altro dovuta a motivi personali di uno o più componenti del gruppo.

Parlando con il chitarrista Collina, mi ha detto che hanno già pronto un altro album.

redbar, autore, alle 20:53 del 19 dicembre 2016 ha scritto:

Grazie per le precisazioni VDGG. Ovviamente il pezzo riporta le mie personali impressioni dopo il dovuto periodo di ascolto dell'opera in questione e dei precedenti, sulle quali è lecito ogni dissenso. Preciso solo che le considerazioni iniziali sul periodo di stasi vanno valutate come ipotesi di chi scrive ed erano funzionali a far emergere la realtà di un gruppo osannato all'estero (per la Cuneiform sono essential! fra i nomi del proprio roster) ed in Italia davvero poco conosciuto rispetto ai suoi meriti. Credo che dal testo si possa comprendere. Attendo comunque con ansia una tua recensione su uno degli album precedenti che renda giustizia a questo grande gruppo che, a mio parere, può essere apprezzato con le riserve che cito nella recensione.

Utente non più registrato alle 20:51 del 20 dicembre 2016 ha scritto:

Mah guarda, ormai da anni ho una mia precisa idea sulla “critica” musicale, sulla sua “narrazione” e sulle recensioni...ormai anche quando “consiglio” a qualcuno un disco, mi astengo il più possibile dalle mie valutazioni personali...ma se mai mi decidessi a scrivere recensioni ti manderò i link...

Che i Deus Ex Machina siano osannati all'estero e da pochi in Italia non è cosa che mi stupisce più...che siano entrati a far parte della scuderia Cuneiform (unico gruppo italiano) è ottima cosa, è un po' come un grande Artista presente in un prestigioso Museo...

La frase di AllMusic che hai riportato mi trova completamente d'accordo; fin dagli esordi sono sempre stati uno dei miei gruppi preferiti, posseggo tutta la loro discografia ed ho assistito e goduto ad almeno sei concerti...

Sono di parte? Sono orgogliosamente di parte...

Fin dagli esordi (parere personale) sono diventati il più grande gruppo italiano (forse solo gli Yugen possono tenergli testa) e non mi riferisco solo al loro ambito musicale...

Fuori dai confini nazionali sicuramente sono stati e restano ai massimi livelli.

swansong alle 17:28 del 21 dicembre 2016 ha scritto:

Bravo VDGG!!

(per quanto possa valere) Sottoscrivo ogni singola sillaba del suo accorato commento!

Il gruppo italiano più importante degli ultimi decenni..senzaombradidubbioalcuno...

E se per caso vi piacciono i loro lavori in studio, non avete la più pallida idea cosa significhi ascoltarli dal vivo...IMMENSI!