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R Recensione

7/10

Lorenzo Feliciati

KOI

Seguendo un percorso evolutivo che ha attraversato alcune delle più significative esperienze collettive di casa RareNoise (Beserk!, Naked Truth, Twinscapes), il bassista romano Lorenzo Feliciati, al suo secondo album solista, ha organizzato in forma di suite le proprie idee ed ispirazioni musicali, operando in senso opposto a quanto manifestato in “Frequent flyer”, che era un caleidoscopio di musiche possibili per basso ed altri strumenti. “KOI” richiede alcuni ascolti per essere pienamente apprezzato, essendo costituito da un flusso sonoro apparentemente privo di picchi che può richiamare l’elemento liquido proprio del protagonista del concept che ne sta alla base, ovvero la carpa asiatica, simbolo di resistenza e perseveranza che, nella cultura popolare cinese, arriva a risalire le cascate del Fiume Giallo e viene premiata dagli Dei con la trasformazione in Drago dorato. In realtà, un’osservazione più attenta rivela diversi elementi interessanti nel lavoro di Feliciati, in questa occasione in compagnia dell’ex Japan Steve Jansen e del pianista Alessandro Gwis, con sporadiche apparizioni del batterista crimsoniamo Pat Mastellotto, di Angelo Olivieri e Nicola Alesini, e la presenza di una sezione fiati (Stan Adams, Pierluigi Bastioni e Duilio Ingrosso). Innanzitutto la struttura: sei brevi interludi ambientali affidati alle tastiere ed al basso, alternati ad altrettante composizioni che hanno come elemento centrale la componente ritmica assicurata dal drumming creativo e duttile di Jansen, dal basso carico di effetti del leader e dalle tastiere elettroacustiche di Gwis . Le coordinate sonore sono un vero melting pot di esperienze e propensioni dei protagonisti, spaziando dal progressive al jazz fino a quella speciale forma di world music elaborata al culmine del percorso artistico dei Japan, e quindi sviluppata dai singoli membri della band inglese, ma  con la novità dei fiati e l’assenza delle chitarre. “New house” stratifica gli interventi solisti di tastiere e tromba  su un accattivante groove fiatistico, in “Oxbow” la partenza  sorniona prelude ad uno svolgimento colorato di jazz e di elettronica per approdare ad una parte finale dominata dalle progressioni del basso, mentre “Noir Alley Verigris” è un sottile gioco di chiamata e risposta fra gli strumenti, che culmina in un  lungo assolo al sax di Nicola Alesini sorretto unicamente dal basso/bordone  di Feliciati e dalle percussioni di Jansen. Altre suggestioni provengono da “Narada” che alterna un riff jazzistico giocato tra basso e pianoforte ad avvolgenti sezioni dominate ancora dal basso e dai fiati, da “Margata” ricca di percussioni tribali nelle sue diverse sezioni, e da “Fish blow”, che apre con un perentorio riff della sezione fiati una metronomica corsa funk su cui incombono tamburi tribali e percussioni elettroniche.

Koi rielabora in chiave personale proposte che stanno nel dna del suo autore, ed offre un’ esperienza di ascolto coinvolgente, tanto che, in alcuni casi, si vorrebbe uno sviluppo più esteso degli  interessanti spunti sparsi lungo i suoi quarantadue minuti di durata.

 

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