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R Recensione

7/10

Charles Bradley

No Time For Dreaming

“Non è più tempo di sognare ad occhi aperti, è tempo che ti trovi un lavoro vero!”. Chissà quante volte se lo sarà ripetuto, Charles Bradley, nel corso delle sue  62 primavere lunghe e vissute intensamente. E ce n’è voluto di tempo perché il suo vecchio sogno vedesse finalmente la luce e la musica diventasse il suo “vero” lavoro. Prima, il cantante di Brooklyn, ne ha viste e fatte di tutti i colori. Nel senso buono, intendiamoci. Girando gli Stati Uniti in lungo e in largo, da costa a costa, da nord a sud, conoscendo il meglio e il peggio della vita e attraversando una teoria ininterrotta di luoghi, di persone, di stagioni e generi musicali. Guadagnandosi da vivere come cuoco e suonando nei club quando poteva permetterselo, sempre con un’idea fissa: il soul. 

Una “mecca” che lo folgorò nel lontano 1962, quando vide per la prima volta James Brown suonare all’Apollo - in quel ciclo di esibizioni che culmineranno in uno dei dischi più importanti della propria carriera e della black music tutta - e in direzione della quale ha orientato l’intera sua vita. Arrivando, tra mille peripezie, ad impossessarsi di quel prestigioso repertorio alla tenera età di 51 anni, con il nome d’arte di Black Velvet, in un’apprezzata tribute band del “Godfather”. E ad esordire, infine (anche se è solo l’inizio), con un disco di canzoni proprie, di canzoni scritte per lui (o da lui) e che parlano della sua vita. Chiudendo il cerchio (ed avverando quel vecchio sogno) a 62 anni, per l’appunto.

E proprio del Brown pre-funk e del tipico old soul affine alla Stax di metà 60’s sono impregnate fino al midollo le canzoni di No Time For Dreaming. Con la produzione essenziale e certosina del talentuoso Tommy “TNT” Brenneck, musicista di casa Daptone, e accompagnato dalla Menaham Street Band (in formazione che più classica non si può: batteria, basso, chitarra, hammond, una sezione di fiati e una di coristi), l’album si rivela un volano impeccabile per le ragguardevoli doti vocali e interpretative di Bradley. Sorta di James Brown in versione proletaria, ruvida e callosa, inguaribilmente perdente e romantica nell’intimo, che canta i temi classici di una vita, non solo sentimentale, errabonda, torcendosi nel fuoco dell’amore e dei suoi patimenti con un’autenticità a prova di manierismo o revivalismo. Certo la scrittura dopo un po’ rimane a corto di variazioni sul tipico canovaccio vintage ma l’efficacia e il pathos dell’esecuzione (tecnicamente perfetta, oltretutto) tengono botta fino alla fine.

Sia che incalzi rabbioso sugli staccati ritmici e i pattern di fiati come nella sua piccola hit The World (Is Going Up In Flame) o che si sciolga in una vena più malinconica come nella distesa e avvolgente The Telephone Song, che si conceda sfumature northern come in Golden Rule (con uno splendido break di fiati prima del finale in dissolvenza) o sussulti funky come nella title track, che a tratti ricordi Wilson Pickett (Love You Baby) o una It’s A Man’s World nel suo piccolo (In You (Found Love)), che s’impenni sulle frasi jazzate del sax (How Long) o apra ad un inciso più arioso e solenne (Why Is It So Hard), le canzoni di Bradley e della sua band hanno il potere di tenerci incollati alle cuffie ad ascoltare una storia che conosciamo a memoria ma che non smetteremmo mai di sentirci raccontare, perché vivida, umana e universale come l’anima stessa di questa musica d’altri tempi. Di questo piccolo sogno afroamericano vissuto finalmente in prima persona.

E siamo sicuri che anche “Soul Brother Number One”, da lassù, stia strizzando il suo occhio benevolo.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 1 voto.
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Cas 7/10

C Commenti

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Cas (ha votato 7 questo disco) alle 0:26 del 5 aprile 2011 ha scritto:

sembra una scheggia saltata fuori dopo tanto tempo direttamente dagli anni '60, più che un revival un flashback... disco piacevolissimo!

fabfabfab alle 10:04 del 5 aprile 2011 ha scritto:

Beh, se ha 62 anni potrebbe anche essere il primogenito di James Brown, chi lo sa... La somiglianza è davvero impressionante, ma se revival dev'essere, che sia questo. Dritto dritto nell'autoradio e pronto per l'estate... Grazie per la bella segnalazione Simò