Isaac Hayes
Hot Buttered Soul
Difficile riassumere in poche righe l'importanza, la centralità di un artista come Isaac Hayes, sebbene per molti resti soltanto quello della colonna sonora di Shaft, che gli valse tra l'altro, nel 1972 l'Oscar per la Miglior Canzone Originale. Ma sarebbe riduttivo limitare la sua figura solamente a questo, pur splendido, episodio: Brother Ike è stata una delle figure fondamentali e più carismatiche della black music, prima come session-man, poi, in coppia con David Porter, come autore (sono a loro nome infatti alcune delle più belle canzoni di Sam & Dave, una su tutte, la celeberrima Soul Man), ed infine come straordinario solista, traghettando il Soul attraverso il Funk, la House ( la sua I Can't Turn Around, diventata nelle mani di Fairley Jackmaster Funk Love Can't Turn Around, uno degli inni della prima generazione di Chicago) e l'Hip Hop (i suoi dischi sono infatti tra i più campionati).
Hot Buttered Soul è il secondo disco di Hayes, e la sua genesi è alquanto singolare: Al Bell, patron della Stax, per rilanciare la sua etichetta, falcidiata dalla tragedia aerea che nel Dicembre del 1967 vedrà morire il suo artista di punta, il meraviglioso Otis Redding, decide di lanciare sul mercato ventisette LP tutti lo stesso giorno. Ad Isaac viene concessa assoluta libertà artistica e quello che viene fuori è qualcosa di inaudito e sconvolgente per l'epoca: non è un semplice disco, è un'autentica pietra miliare, un'opera capace di scavalcare gli angusti steccati del soul, un calcio in culo alle convenzioni che vogliono canzoni da tre minuti. E' un disco capace di colpire al cuore, alla pancia e alla testa, e di generare sensazioni forti, sin dalla splendida copertina, e dal titolo, più che allusivo; ma la cosa migliore è che la musica che contiene è anche meglio. Un disco, inoltre, che aprirà una stagione di capolavori nel nome, per dirla come un disco dei Temptations, dello Psychedelic Soul: da Maggot Brain dei Funkadelic, a There's A Riot Goin' On di Sly & The Family Stone, passando per i lavori di Norman Whitfield con i già citati Temptations, tutti dischi che, direttamente o indirettamente si rifaranno a Hot Buttered Soul.
Il disco si compone di appena quattro tracce, la più breve dura cinque minuti, la più lunga quasi diciannove, due originali e due cover, anche se il modo in cui verranno stravolte le rednono di fatto in tutto e per tutto, composizioni originali. Bastano i primi due minuti e dieci per consegnare il disco alla leggenda: sopra un tappeto appena accennato di Hammond, si stendono lussureggianti arrangiamenti di archi (che anticipano di fatto di qualche anno il Philly Sound di Gamble e Huff) che cominciano lievi, per poi salire di initensità, sempre più su, in quello che somiglia ad un attacco alle coronarie, per poi collassare all'improvviso e lasciare spazio ad una chitarra che più acida non si può, sino all'entrata in scena della voce del Black Moses, calda ed avvolgente,carnale ed ipnotica. E' questa l'intro della cover di Walk On By di Bacharach e David, uno dei momenti più alti della storia nella black music tutta. Il resto della canzone vivrà nell'alternanza tra momenti orchestrali e sfuriate elettriche, in un gioco di continuo accumulo e rilascio di tensione, una gioia per le orecchie. La seconda traccia, nonchè primo dei brani autografi è Hyperbolicsyllabicsesquedalymistic (!), e sin dal titolo capiamo subito che quello che ci troviamo di fronte è vera e propria crema di funkadelia alla quale gente come George Clinton e Outkast presteranno più di un ascolto, e ci mostra come sia possibile trasformare una semplice funky track in una jam di nove minuti, travolgente, ma caratterizzata allo stesso tempo da un raffinato felling jazzy, nella quale, sopra una sezione ritmica semplicemente impeccabile (quella dei Bar-Kays, che accompagneranno Hayes per tutto il disco), sono chitarra wah-wah e piano a dominare la scena: i Public Enemy ringrazieranno, e la campioneranno in Black Steel In The Hour Of Chaos, contenuta nel loro capolavoro It Takes A Nation Of Millions To Hold Us Back. La terza traccia One Woman, è forse la più convenzionale del lotto, ma non per questo la meno bella; anzi, si tratta di una signora soul ballad, superbamente arrangiata, che raggiunge vertici di inarrivabile romanticismo nel delizioso refrain, nell'interplay tra la voce calda e profonda di Isaac, e le backing vocals femminili (“One woman makes my home…while the other woman’s making me do wrong”). A conclusione del disco è posta la cover di By The Time Get To Phoenix di Jim Webb, che diventa un tour de force di diciotto minuti e quarantuno secondi. I primi nove minuti non sono nient'altro che un lungo incipit recitativo, a metà tra lo spoken poetry e il rap, nel quale il nostro, con uno scarno accompagnamento di piatti,basso e organo, narra col suo tipico stile sensuale e affabulatorio della tormentata storia d'amore di un uomo e una donna, e serve a creare l'atmosfera per il brano vero e proprio, nel quale il funk strabordante dei brani precedenti, lascia spazio ad arrangiamenti più sfarzosamente pop, tanto da ricordare in più di un momento le vecchie ballads di Frank Sinatra.
Isaac Hayes se n'è andato nell'Ottobre del 2008, lasciando nel cuore di tutti gli appassionati un grande vuoto, ma Hot Buttered Soul resterà un'impronta indelebile del suo passaggio in questo piccolo mondo che, grazie alla sua musica, è diventato un posto migliore in cui vivere. Grazie di cuore fratello!
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