Matthew E. White
Big Inner
Sarebbero così tanti i riferimenti da citare per descrivere questo disco d'esordio di Matthew E. White che la recensione rischierebbe di diventare un elenco telefonico. Questo potrebbe sminuire la qualità di un lavoro che è anche (e sopratutto) un miracolo d'inventiva e fantasia, un puzzle sonoro nel quale ogni tessera è così perfetta da poter essere invertita o modificata senza correre il rischio di pregiudicarne la resa finale. Allora facciamo così, parliamo dei singoli brani, dei singoli suoni e delle singole emozioni (perchè è ancora questo quello che cerchiamo in un disco, no?) e poi al fondo elenchiamo i riferimenti, affinchè ognuno possa ricollocarli all'interno del disco come ritiene opportuno (questa poi me la rivendo ai tizi della Settimana Enigmistica).
Matthew E. White è un ciccione barbuto di 30 anni e arriva da Richmond, Virginia. Lì è una mezza leggenda: promotore culturale, produttore, arrangiatore, fondatore del "Patchwork Collective" (collettivo creato con lo scopo di dare vita ad una scena musicale locale) e leader dei Fight the Big Bull (ancora attivi, spesso in collaborazione con David Karsten Daniels). Qui da noi arriva solo ora, con il suo debutto solista intitolato "Big Inner". Nonostante alcuni brani siano accreditati come cover (!), solo "Will You Love Me" riprende il tema di "Games people Play" di Joe South, che però White dichiara di aver preso dalla versione di Lee Dorsey del 1970, salvo poi accreditarla a Jimmy Cliff come "ispiratore" (e citare un verso della sua "Many Rivers To Cross"). Insomma un gran casino, ma la cosa divertente è che White omaggia i suoi idoli citandoli e accreditandogli i suoi pezzi. La conclusiva "Brazos", ad esempio, vera e propria summa dell'album, tripudio di archi, fiati, cori gospel ed "esplosioni melodiche" talmente esaltanti da richiedere l'intervento di ben 30 musicisti per la sua esecuzione live , è accreditata a Jorge Ben. "Gone Away", indolente ballata dalle rotondità "classiche" che al quarto minuto si trasforma in un gospel nero e misericordioso, (di conseguenza) cita e viene accreditata a Washington Philips. E l'intero disco è una sintesi mirabile di vecchio e nuovo, è un ponte tra il Tennesse della Stax, il soul degli anni '60, l'ispirazione "tropicalista" e i moderni cantautori (barbuti e non) alt-country o indie-pop.
Sentire l'approccio vocale dimesso di "One of These Days" fa venire in mente le intuizioni dei noti eroi indie-americani del nostro tempo, ma al tempo stesso quella battuta lenta, quegli accordi soul di chitarra e quei fiati richiamano le migliori pagine della musica nera americana di cinquant'anni fa. "Big Love" va anche oltre, accelerando il passo, introducendo handclapping e un piano in controtempo che uccide, eppure cedendo (ma come fa?) ogni tanto il passo a svenevolezze soul in bianco e nero. E quel finale che coniuga rock e gospel senza rientrare in nessun canone di entrambi, è puro genio. Di "Will You Love Me" si è già detto, ma bisogna aggiungere che la resa del tema citato è talmente soave da far dimenticare lo scempio-tormentone compiuto anni fa dagli Inner Circle. "Steady Peace" mette il soul sulla pista da ballo come potevano farlo solo certi artisti della Motown (l'andamento allegro da black-boy band degli anni '70, capito chi?) o della Stax (quel falsetto, capito chi?). "Hot Toddies" associa un quartetto d'archi a ritmi da jazz-club ma poi si trasforma in un mantra oscuro e misterioso carico di note basse. E poi quel finale collettivo, così bianco e così nero, così semplice e così complesso. Dieci minuti che ti avvicinano al Paradiso, senza paura. Perchè “Jesus Chris is our Lord/Jesus Christ he is your Friend”.
Passato: Alan Lomax, Brian Wilson, Caetano Veloso, Randy Newman, Burt Bacharach, John Lennon, Jimmy Cliff, Washington Philips, Jorge Ben, Arthur Russell, Fred Neil, Sons of Champlin, Allen Toussaint, Chico Buarque, Harry Nilsson, Donny Hathaway, Jackson Five, Curtis Mayfield
Presente: Lambchop, Sufjan Stevens, Iron & Wine, The National, M. Ward, Palace Music, Bon Iver, Megafaun, Mountain Goats, Gayngs
Buon divertimento.
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