Hindi Zahra
Handmade
“Le donne, come i sogni, non sono mai come tu le vorresti” – (Luigi Pirandello)
“Il segreto per andare d’accordo con le donne è avere torto” – (Achille Campanile)
“Amare le donne intelligenti è un piacere da pederasti” - (Charles Baudelaire)
“Ragazzi, come si sta bene tra noi, tra uomini! Ma perché non siamo nati tutti finocchi?” (Gastone Moschin nei panni de “Il Melandri”)
Prima di cominciare a darmi del misogino sbruffone (parlo per i lettori di sesso femminile, perché quelli di sesso maschile staranno ridacchiando soddisfatti) guardate la foto di copertina e ragionate con me: una donna così, con quello sguardo imbronciato il cui unico scopo è quello di stemperare un’arroganza saccente e risoluta (osservate la postura del braccio destro) che effetto vi fa? Una con tutti quei bracciali che neanche le cameriere del Drive-In oserebbero indossare, una con quel look in grado di mischiare il freak-punk da centro sociale al radical-chic borghese hollywoodiano, cosa potrà mai comunicarci? Non so, lunghe dissertazioni su temi importanti quali l’ambiente, il veganesimo, il commercio equosolidale? Un reading sull’anarcofemminismo? Un corso serale per imparare a confezionare abiti con materiali riciclati?
Per nostra fortuna e nonostante le apparenze, Hindi Zahra si limita a cantare e suonare le 11 tracce del suo debutto discografico. Un debutto che è insieme folgorazione, promessa e conferma. Arrivata in Francia dal Marocco, questa curiosa creatura riproduce in musica quel meticciato culturale tipico del sud della Francia, nel quale le tradizioni berbere si fondono col sofisticato patrimonio di culture francese.
Aleggia ovunque un caldo sapore blues misto a certa sensibilità cantautoriale europea, laddove le chitarre acustiche “in levare” (simili per certi versi – ma non vi spaventate – a quelle di un Manu Chao senza maschera no-gobal) ricoprono di velluto una voce che sa di sbuffi di fumo da jazz-club (“Beautiful Tango”). Spesso la vicinanza con la sensibilità occidentale spazza via i retaggi di Nord Africa creando atmosfere simili a quelle di Feist, o a quelle di Cat Power quando è in vena di amoreggiare (cioè sempre) (“Fascination”), ammiccando morbidamente al ballo di coppia come potrebbe fare Tom Waits (“At the same time”) o giocando semplicemente con le progressioni rock (“Music”). E il bello deve ancora venire. Perché laddove i riferimenti “nativi” si fanno più incalzanti la musica di Hindi Zahra diventa blues elettrico e circolare inneggiante alla libertà (“Set me free”), gospel sommesso e notturno cantato con abilità straordinaria (“Kiss & Thrills”), oppure si tinge di richiami linguistici mediterranei (“Oursoul”, “Imik is Mik”) che non sono mai pretesto ma – piuttosto – elementi di urgenza espressiva penetrati alla perfezione nel contesto jazz-soul di riferimento.
Perché “Handmade” rimane uno (splendido) esempio di musica pop, laddove con pop si voglia intendere un’accessibilità musicale fatta di pochi e facilmente intelligibili elementi. Ed è in questo senso che i tre brani posti in chiusura sono la perfetta rappresentazione dell’incredibile maturità di questa giovane artista, in grado di indurre alla danza su ritmi arab-reggae (volete scoprire cos’è l’”arab reggae”? Ascoltate “Stand up”), al sogno su atmosfere acustiche in bianco e nero (“Don’t Forget”) e alla dolcezza (chiamiamola così) su strutture musicali eteree e fumose (“Old Friends”).
Un ottimo esordio da parte di una donna dotata e intelligente, che probabilmente vorrà perdonare al sottoscritto alcune idiozie riportate qui e altrove. D’altra parte “Essere donna è terribilmente difficile perché consiste principalmente nel trattare con gli uomini” (Joseph Conrad)
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