R Recensione

5/10

Jeff Cascaro

Mother and Brother

Con il soul c’è poco da scherzare, è la musica dell’anima o l’anima della musica (a seconda del punto di vista).

Ultimamente vi è la tendenza a creare una quantità d’icone pop - nel senso più commerciale del termine - con l’intento principale di incanalare i loro flussi carismatici o all’interno di una commistione di generi, appunto, tra soul e jazz, o in quella specie di etichetta - tale r’n’b - tornata alla ribalta negli ultimi tempi e che non si riesce bene a capire a cosa alluda (teniamo di conto che il vero r’n’b spopolava alla fine dei cinquanta e all’inizio dei sessanta).

Tratteremo qui della prima specie, l’ibrido modern-soul-jazz.

Vi dicono niente nomi quali Bublè (più sul versante swing), Cincotti, Cullum (prepotentemente più jazzy questi ultimi due)? Sì? Beh sappiate che di questa cricca fa parte anche il nostro Jeff Cascaro.

Per chi avesse risposto negativo non si preoccupi: si perde assolutamente niente.

Ma veniamo a “Mother and Brother”.

La cosa più irritante di questi lavori (parliamo al plurale, causa la preoccupante omologazione degli artisti appartenenti al gruppo sopra citato) è che tutto è fatto spesso per non essere ascoltato. Mi spiego meglio: c’è un approccio a questo tipo di genere retrò, che condiziona l’ascoltatore a recepire la musica solo e unicamente come sottofondo, in un nuovo concetto di musica da ambiente. In soldoni: da ascoltare mentre si fa tutt’altro. Tutto l'opposto di quella che era l'etica del soul ai suoi anni d'oro.

Non scordiamoci beninteso, che spesso questi sono musicisti con i contro-attributi: Cascaro viene da una carriera abbastanza lunga da turnista e come se non bastasse, è professore di canto jazz al conservatorio di Weimar.

Il livello tecnico nel disco è infatti alto, la voce di Cascaro modula ogni frase, all’interno dei ritornelli sembra non seguire mai una linea melodica incatenata ma, al contrario, ha un’ampia libertà di manovra; la sessione ritmica e i vari arrangiamenti sono oggettivamente ineccepibili.

Fine dei pregi.

Sull’altro versante il disco non esiste, non riuscirebbe ad arrivare nemmeno alla fine se non fosse per tre cover (“Love is in the air” di Paul Young (terribile già nell’originale del ‘78), “Help the poor” di B.B.King e “Follow you, folow me” dei Genesis (?!) che, riproposte senza troppa personalità, hanno la sola funzione di allungare il minutaggio.

Fosse uscito trentacinque-quaranta anni fa questo disco sarebbe stato un capolavoro, oggi non aggiunge niente, ma soprattutto, come se non bastasse, continua a fomentare quest’ondata di soul-jazz plastificato che tutto fa tranne che arricchirci musicalmente.

Cascaro è un gran musicista, mi auguro che non si butti via in maniera così misera.

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C Commenti

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clay alle 16:28 del 20 aprile 2009 ha scritto:

mmmh

Mi sembra che la recensione sia piuttosto cattiva: cominciamo dall'Italia, chi è che può cantare in questo modo a parte Mario Biondi (anche se in un registro più basso)?

O forse c'è qualcuno da X-Factor o amici in grado?

Non scherziamo, arrangiamenti e canto veramente ok.

Baldaduke, autore, alle 17:05 del 20 aprile 2009 ha scritto:

Infatti riguardo alle capacità vocali e agli arrangiamenti mi pare di aver detto la stessa cosa che sostieni tu....