V Video

R Recensione

7,5/10

Vampire Weekend

Modern Vampires Of The City

L’insostenibile leggerezza dell’essere vampiri. Ma solo nel week-end (“Ouì-chen” come lo pronuncerebbe Dargen D’Amico). Afro-dandy e hipster nottambuli che si lasciano intervistare dalle principali riviste musicali del pianeta, mentre aspettano che Anne Rice si accorga di loro. Tornano a mordere i giovani canini americani più amati (e odiati) dell’ultimo lustro, a parte forse quelli di “Twilight”. Con il terzo album, intitolato “Modern Vampires Of The City”, i Vampire Weekend realizzano quella che è probabilmente la loro opera più laboriosa e meditata, in particolare sul piano della stratificazione dei suoni e delle scelte di produzione. Meno esotico e solare rispetto a “Contra”, più brumoso e chiaroscurale come la bellissima immagine di copertina (dietro l’innegabile bellezza iconografica fa però capolino la morte: una New York soffocata dallo smog che fu la causa del decesso di centinaia di persone in un caldo e asfissiante giorno del 1966), il nuovo lavoro mantiene le coordinate stilistiche essenziali del quartetto proiettandole al contempo su uno scenario sonoro in lenta ma sensibile trasformazione. L’afro-pop ha ceduto progressivamente il passo al modello cantautorale delineato da Paul Simon negli anni 80, con una panoplia di riferimenti (e campionamenti) elettro-analogici e digitali al posto delle contaminazioni world, le chitarre, sempre più sparute, alle tastiere/synth e alle loro notevoli possibilità di orchestrazione, i suoni si sono fatti un po’ più chiusi e compressi, meno ariosi e spensierati, a tratti quasi cupi (è il caso, come vedremo, di “Hannah Hunt” e “Hudson”).

Come reduci dai postumi di una sbornia di sangue amaro, Koenig, Batmanglij e soci sentono vacillare la loro fede romantica nell’amore, simulacro di quella religiosa e cercano di districarsi in questa sorta di crisi esistenziale usando le loro armi migliori: l’ironia intellettuale e un po’ ombelicale dei testi, il vitalismo del ritmo sempre spiazzante e fantasioso che sanno imprimere ai brani (eccellente, as usual, il contributo di Baio e, soprattutto, Tomson), la cura certosina delle melodie, a cui affidano i loro soffici e delicati lamenti, magari meno spontanee e radiose che in passato ma comunque di elevatissima qualità. Qualità, appunto, che sanno infondere sia nei brani più sfumati e regolari come l’opener “Obvious Bicycle”, electro-pop sofisticato e un po’ nostalgico degli 80s, scandito da un pulsare ferroso e frammentato, intarsiato dalle doppie voci e da un’elegante outro di piano, le volute leggiadre e serpentine per organo e piano elettrico di “Step” o il crescendo sintetico-orchestrale, quasi un personalissimo wall of sound, di “Don’t Lie”, sia nelle incursioni uptempo di “Unbelievers”, nel rock’n’roll in versione plastificata e parodistica di “Diane Young”, nell’accelerazione “punkeggiante” di “Finger Back” o in quella sorta di giga battente dal retrogusto irish e country che è “Worship You”. E se “Everlasting Arms” è forse la più coerente evoluzione della poetica “paulsimoniana” espressa fin qui dal quartetto, l’afro-reggae apparentemente gioioso di “Ya Hey”, col suo ritornello “pitchato” e caricaturale, innalza una qualche invocazione spirituale (a “Jah” o “Yahweh”, non è dato sapere) che si stempera poi nei cori chiesastici del finale. A conti fatti, però, i momenti più atipici e tormentati rispetto al loro canzoniere prendono forma nei due pezzi di cui vi anticipavamo sopra: l’andamento lineare ma nevrotico e sofferto di “Hanna Hunt”, un vecchio amore infranto e ancora dolorante, che trova la sua catarsi nel gemito brullo e disperato del cantante, nel finale e quel gioiello assoluto che è, a parere di chi scrive, il pop simil gotico ed equoreo di “Hudson”, break-beat e archi e cori che emergono staccandosi piano piano dallo sfondo (con uno strano sentore quasi portisheadiano), per quella che sembrerebbe un’elegia allegorica per l’uragano “Sandy” che ha colpito la City nel 2012, prostrandola nel caos e nella distruzione. 

Il terzo atto della trilogia vampirica si allinea per continuità e spessore alle già eccellenti prove degli album precedenti. 

V Voti

Voto degli utenti: 7,4/10 in media su 31 voti.
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mavri 8,5/10
sfos 7,5/10
max997 9/10
Cas 6,5/10
crumley 9,5/10
target 7,5/10
creep 7/10
ethereal 5,5/10
REBBY 6,5/10

C Commenti

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casadivetro (ha votato 8 questo disco) alle 0:45 del 22 maggio 2013 ha scritto:

Che dire? Bellissimo pop.

La cosa buffa (è buffa?, non so...) è che mi pare abbia il sapore di un classico: melodie perfette, produzione curata ma mai patinata, tutto dosato e ben rifinito. Un gioiellino.

Franz Bungaro alle 8:49 del 22 maggio 2013 ha scritto:

Lo sto ascoltando in questi giorni. Devo dire che è molto piacevole. Ripasso dopo un buon numero di ascolti!

target (ha votato 7,5 questo disco) alle 12:58 del 22 maggio 2013 ha scritto:

Non ho ancora capito di quanto, ma è sicuramente il loro disco migliore.

REBBY (ha votato 6,5 questo disco) alle 8:18 del 27 maggio 2013 ha scritto:

Ascoltato più volte durante il fine settimana (e quando se no? eheh), anch'io sono convinto che sia sinora il loro album migliore, più vario, elaborato, maturo e peculiare dei precedenti.

rdegioann452 (ha votato 8,5 questo disco) alle 15:23 del 22 maggio 2013 ha scritto:

mi sono sempre piaciuti, ma non mi aspettavo un album di questo livello. davvero stupendo. anch'io penso sia il loro miglior disco.

Gio Crown (ha votato 8 questo disco) alle 18:55 del 30 maggio 2013 ha scritto:

Mi sono piaciuti gli altri due album. MI piace molto anche questo. Nemmeno un dettaglio fuori posto o fuori dalle righe. Ha ragione il recensore, rieccheggiano molto l'esperienza di Paul Simon in un preciso momento (quando suonava e cantava con il suo coro di angeli neri). Tuttavia, preferisco loro, se non altro per le loro sfumature indie rock. Pur essendo molto orecchiabili (e quindi adatte ad un orecchio non raffinato come il mio...!) le musiche sono di qualità sublime. Amo Step per quanto è carezzevole, fresca anche nella sua strana fine. Don't lie così energica e perfetta nella sua costruzione progressiva. Ya Hey per la sua gioia e Hudson per la sua malinconia, sottolineat dagli archi e dai cori cupi in sottofondo.

Per me hanno fatto centro ancora una volta e anzi noto una certa maturazione nella scrittura anche se mantengono il loro tono scanzonato (sono pur sempre molto giovani, no?)

Da ultimo: complimenti al recensore, ancora una volta grazie a voi che scrivete qui riesco a dare voce alle emozioni che la musica mi suscita

FrancescoB (ha votato 7 questo disco) alle 11:57 del 4 giugno 2013 ha scritto:

Il lavoro è molto buono, anche se (come tutti i precedenti, per quanto mi riguarda) non riesce a spiccare il volo. Quindi, 7.

Kid A alle 22:20 del 6 giugno 2013 ha scritto:

a

Rorschach (ha votato 7 questo disco) alle 19:42 del 9 giugno 2013 ha scritto:

Non sono un loro grande estimatore, ma questo disco è davvero piacevole da ascoltare...Diane Young è probabilmente uno dei migliori singoli usciti quest'anno.

andrea-s (ha votato 7 questo disco) alle 10:26 del 10 luglio 2013 ha scritto:

I loro dischi del passato non mi avevano lasciato nulla, dopo poche settimane finirono nel mio dimenticatoio, questo è buono. Vedremo!

Cas (ha votato 6,5 questo disco) alle 13:33 del 16 luglio 2013 ha scritto:

niente da fare, continuo a trovarli insipidi. c'è qualche barlume di creatività, ma nel complesso l'impressione è che i Vampire Weekend non siano in grado di gestire le loro ambizioni arty...

futuroalt-j (ha votato 9 questo disco) alle 16:36 del 16 luglio 2013 ha scritto:

Ammetto che all'inizio non mi era piaciuto.

Riascoltandolo.. Per me sfiora il capolavoro.. Tutto è legato insieme e l'armonie e le melodie ti restano in testa al termine..

Il bello è che dopo 1 mese di ascolti ripetuti non mi scende, anzi ogni volta scopro qualcosa di nuovo!

Stupendo.

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 10:21 del 20 luglio 2013 ha scritto:

Molto bello!

NathanAdler77 (ha votato 6,5 questo disco) alle 0:12 del 23 luglio 2013 ha scritto:

"Everlasting Arms" è tipo la miglior outtake perduta di "Graceland". Koenig si riconferma uno che con l'abbecedario art-indie-pop degli ultimi quarant'anni ci sa fare, qui piazza melodie liturgiche e barocche (l’american gothic di beats marziali "Hudson") a fianco della consueta afro-world in Lacoste con echi Simon & Garfunkel ("Obvious Bicycle", "Unbelievers", "Young Lion"). Qualche lampo di vera maturità, qualcosa che perde in immediatezza nella seconda parte: l'esordio 2008 e il suo ingenuo (?) indiesotismo gli sono una spanna superiore. Bella la cover d'autore in b\n.

Flabenu (ha votato 9 questo disco) alle 0:24 del 24 luglio 2013 ha scritto:

Signori questo è un grande album, era da tanto tempo che non trovavo un insieme di brani di alto livello tutti insieme e quasi tutti hanno le carte in tavola per diventare delle hit. Trovo inoltre alcuni brani molto originali come ad esempio Ya Hey. Lo sto ascoltando ormai da più di un mese e non annoia mai.

hiperwlt (ha votato 7 questo disco) alle 12:56 del 11 agosto 2013 ha scritto:

c'è una riduzione, evidente (ma che pur rimane), dell'afro pop nei solchi di questo "modern vampires of the city". una rilettura in chiave più realista, matura, direi esistenziale (l'euforia lascia il passo a ciniche percezioni e istantanee, nei testi - specie di natura sentimentale) del loro immaginario, declinato in una scrittura molto complessa (senza mai perdere in efficacia pop), dalle atmosfere anche rallentate e dilatate e in chiaro scuro; percorso da una vena solenne, di oscura ambiguità, ad avvolgere la gestalt di questo lavoro che si stacca, un certo senso notevolmente, dalle precedenti produzioni (con l'esordio, soprattutto). mi sembra, ad oggi, il loro disco più maturo, sia a livello di arrangiamenti e di melodie, sia in quanto a testi. su tutte dico "hudson" (chi l'avrebbe pensato, un lustro fa, un pezzo così?), "obvious bicycle", "don't lie", "everlasting arms", "diane young" e (secondo me, l'apice assoluto del loro corso artistico) "step". riascoltato in queste settimane e, analizzandolo a fondo, mi sento di aggiungere come minimo un punto al mio voto (quindi otto). eccellente Simone, d'accordo con te su ogni punto.

futuroalt-j (ha votato 9 questo disco) alle 11:27 del 20 giugno 2014 ha scritto:

Ripreso in mano stamani, questo disco non smette mai di stupirmi tuttora.. Miglior album del 2013 per me.