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R Recensione

8/10

Mbongwana Star

From Kinshasa

Ve li ricordate gli Staff Benda Bilili? Ok, ve li ricordo io. Erano un gruppo congolese composto da persone disabili che ebbe un buon successo qualche anno fa. Come spesso accade, la storia di quella band valeva almeno quanto la musica che produceva. Quattro musicisti paraplegici di mezz'età che si riuniscono a suonare per le strade di Kinshasa e assoldano giovani senzatetto della periferia, creando un gruppo che è al contempo un collettivo di musicisti ma anche una famiglia, con i vecchi che si occupano di "proteggere" i giovani e i giovani che creano, innovano e si riscattano da una vita infame. Il tutto supportato dal produttore belga Vincent Kenis, già complice dell'exploit della serie Congotronics e dei Konoko n°1

Oggi, due protagonisti di quell'incredibile esperienza (Coco Yakala Ngambali e Theo Nzonza Nsituvuidi) si ritrovano insieme con la precisa volontà di "tirare fuori la magia dalla spazzatura". La spazzatura è quella di Kinshasa, la terza città africana per numero di abitanti. Una città che è stata per anni il centro della musica africana (soukous e rumba, soprattutto), salvo poi essere travolta dalle guerre degli anni '90, in particolar modo da quella che fu definita la "guerra mondiale africana", che vide scontrarsi in territorio congolese gli eserciti di ben sei nazioni diverse. La magia è la musica di "Yakala" e "Nzonza" che decidono di cambiare strada, superando il funk-rumba degli Staff Benda Bilili e applicando il concetto di "Mbongwana" (che significa "cambiamento"). Il cambiamento in questione arriva direttamente dal produttore hip-hop irlandese Doctor L (Liam Farrell), che Coco e Theo avevano apprezzato tra i solchi di "Black Voices" di Tony Allen. Ad affiancare Doctor L, "Yakala" e "Nzonza" ci sono il giovane chitarrista Jean-Claude Kamina Mulodi (detto "R9" perchè era il nono figlio della sua famiglia), "Randy" (Makana Kalambayi) un ragazzo di strada già al lavoro sulle percussioni degli Staff Benda Bililli, e "Sage", il figliastro di Coco.

La magia e la spazzatura, si sa, sono uguali in tutto il mondo. Per questo "From Kinshasa" ha davvero un respiro internazionale, e l'obiettivo dei fondatori ("cambiare i pre-concetti sulla musica africana") sembra centrato in pieno. Come dichiarato dagli stessi protagonisti, il risultato sembra la sintesi tra le speranze dell'Africa dei primi anni '70 e il fermento della New York degli anni '80. E sebbene da Kinshasa si possa arrivare alla luna in 2 minuti e 24 secondi ("From Kinshasa to the moon"), Coco e Nzonza non dimenticano le loro radici, che sono ben salde nella rumba di strada di "Shégué", nei ritmi frenetici di "Malukay" (che gode della spinta dei Konoko N°1), nella dolcezza del blues di "Coco Blues" e nelle poliritmie da Orchestre Poly-Rythmo de Cotonou di "1 Million c'est Quoi?".

Ma la tradizione, la rumba, l'afrobeat, le chitarre soukous e gli strumenti autocostruiti dei musicisti congolesi trovano nuova linfa vitale nel "trattamento" di Doctor L, che corrompe quella cultura con giri di basso trip-hop ed elettronica da Warp Music. "Masobèlè" usa chitarre funk reiterate per facilitare l'incontro tra l'afrobeat e l'hip-hop, "Suzanna" inserisce un canto tradizionale che profuma di natura incontaminata in una base techno che puzza di cemento, "Kimpala" proietta il tutto nello spazio facendo dell'atmosfera il luogo d'incontro perfetto. Ovvero, il concetto di integrazione spiegato da chi - nonostante tutto - non ha paura dell'uomo bianco. Quasi a voler esemplificare la naturalezza e la spontaneità della convivenza nella diversità, dell'abbattimento delle frontiere come possibilità. Una lezione che arriva direttamente da chi ha sempre cercato accoglienza senza mai imbracciare fucili, da chi ha sempre capito la differenza tra migrazione e conquista, da chi potrebbe insegnarci a non aver paura di questo "mbongwana".

Da Kinshasa alla luna. Dagli anni '70 al 2015. Dal cuore della cultura africana al futuro di quella occidentale. Tutto in carrozzina e in soli quarantasei minuti. Diversamente geniali, immensamente abili.

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