Mulatu Astatke & The Heliocentrics
Inspiration Information
A vederlo così, con quella faccia piena e lo sguardo buono, i capelli radi e brizzolati, potreste scambiarlo per un diplomatico, o per un ricco commerciante di tessuti. Se siete particolarmente perspicaci potreste anche intuire di trovarvi di fronte un musicista. Magari un pianista di lungo corso, un orchestrale esperto e prezzolato, un vecchio chitarrista blues. Invece no. Questo è uno che da molti viene chiamato Re Mulatu. Proprio così, Re. Re dell’ Ethio Jazz, genere creato da Mulatu fondendo l’esperienza jazz (maturata accanto a personaggi come Duke Ellington …) con i suoni della sua Etiopia, ovvero strutture ricche di fascino danzante influenzate dalla strumentazione e dai ritmi africani.
La musica di Mulatu Astatke, inutile dirlo, è rimasta sconosciuta al grande pubblico per oltre vent’anni, finché, nel 2005, Jim Jarmush non inserisce una sua composizione nella colonna sonora del film “Broken Flowers”. Da lì, le collaborazioni (ricordate i Baustelle di “Ethiopia”?) ed i tour europei rappresenteranno per Re Mulatu un giusto riconoscimento del suo valore di innovativo compositore nonché geniale musicista (vibrafonista, soprattutto). Proprio durante un recente tour inglese il re dell’Ethio Jazz incontrerà per la prima volta gli Heliocentrics, collettivo guidato dal batterista Malcom Catto, propugnatore di un energico mix jazz-funk e noto per alcune collaborazioni con Madlib e Dj Shadow. Da questo incontro nasce “Inspiration Information Vol 3”, che da un lato rappresenta il ritorno discografico di Astatke dopo venti anni, dall’altro la possibilità per gli Heliocentrics di rendere omaggio al grande Maestro.
La fusione tra la componente afro-jazz di Mulatu e le spinte electro-funk degli Heliocentrics è pressoché assoluta fin dall’opener “Masengo”, unico pezzo cantato, del tutto in bilico tra bassi pulsanti, percussioni desertiche e piano free-jazz. Alcune volte prevale l’elemento modernista creato dalla strumentazione di Catto e soci, come nelle chitarre di “Blue Nile”, nei fiati “cinematici” di “Esketa Dance”, nei ritmi quasi drum’n bass della splendida “Addis Black Widow” o in quelli decisamente funky di “Live from Tigre Lounge”. Più spesso è la personalità di Re Mulatu a prevalere, come nell’andamento sghembo di “Chik Chikka”, nella folle influenza orientale di “Chinese New Year” o nel drammatico arrangiamento per archi di “An Epic Story”, meravigliosa colonna sonora di un film che ancora non c’è.Quasi a voler evidenziare l’importanza dell’opera, i momenti migliori si trovano nel saggio per vibrafono contenuto nell’ autocelebrativa “Mulatu”, e nei nove minuti e quarantuno secondi della conclusiva “Anglo Ethio Suite”, vero e proprio viaggio nel tempo, con la Cinematic Orchestra come compagna di viaggio e Sun Ra come guida. A proposito di Re…
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