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R Recensione

8/10

Kottarashky

Opa Hey!

Due luoghi comuni sugli abitanti del Nord-Europa: 1) Sono educati e silenziosi 2) Sono efficienti. Per breve esperienza di chi scrive, entrambi gli stereotipi corrispondono a piena verità. I riscontri sono sempre gli stessi: strade pulite, verde pubblico curato, traffico ordinato, auto che si fermano per rispettare le strisce pedonali (lo sapevate che le strisce si chiamano pedonali perchè danno la precedenza ai pedoni? Incredibile eh?), ma anche osservazioni più curiose. In Finlandia, per esempio, a cinque chilometri di distanza da un paese che si chiama “Nokia”, le persone camminano ancora in posizione eretta. Come fanno? Semplice: non tengono il cellulare perennemente incastrato tra l’orecchio e la spalla, ma bensì in tasca (o in borsa) e lo tirano fuori (raramente) solo quando devono telefonare. Pazzesco.  

Ad un certo punto inizi a odiare questa gelida precisione e ti manca il caos, ti viene voglia di trascorrere la seconda settimana delle tue vacanze a Città del Messico, o a Hong Kong. Un giorno, in coda (perfetta, tutti dietro la linea gialla, silenziosi, distanziati gli uni dagli altri e con il numerino in mano) per comprare il biglietto alla stazione del treno (otto impiegate per una stazione di quattro binari), noto davanti a me un tizio che racconta al cellulare, ovviamente in italiano, la mia stessa meraviglia: “Minchia, devi vedere sta città, al confronto Milano pare la Bulgaria”.  

Sarà che non so niente della Bulgaria, sarà che sono curioso di documentarmi sul casino indicibile di una città Bulgara (che se rispetta il rapporto Finlandia-Milano dev’essere una roba tipo Saigon nel 1975), inizio ad esplorare (virtualmente) questo misterioso paese balcanico: dunque vediamo … sul web non c’è traccia di particolari stati di caos … crescita demografica negativa … Hristo Stoickov lo conoscevo già … mah. Niente di interessante. Musicalmente poi, non ne parliamo: Sylvie Vartan, danze popolari a base di flauto e cornamusa, canto corale, compositori melodrammatici e sinfonici.  

Invece, spostandosi da Wikipedia verso i soliti blogger “di nicchia” ecco la sorpresa: Nikola Gruev, trentunenne architetto di Sofia che nel tempo libero si trasforma in Kottarashky e diventa produttore, musicista e dj. “Opa Hey!” è il suo primo album ed è anche la dimostrazione di come si possa produrre ottima musica utilizzando pochi ma ben dosati elementi.  

Kottarashky prende la sintesi elettro-folk del primo Four Tet e la corrompe con gli elementi etnici del suo paese, inserendo il proprio lessico balcanico in un contesto moderno che potremmo definire (vai con l’etichetta!) etnotronico. La tecnica usata da Gruev per assemblare questi dodici paesaggi retromoderni è semplice ed efficace: armato di microfono, questo trentunenne di Sofia ha trascorso intere giornate lungo le vie della città alla ricerca di suoni, parole e rumori che ha poi campionato, manipolato ed arricchito con l’aiuto di alcuni musicisti. Una sorta di “fields recording” urbano, nel quale compaiono frasi (musicali e non) carpite dai numerosi artisti (anche di strada) di Sofia e successivamente reiterate su nastro fino a creare affascinanti loops fuori dal tempo.  

A volte l’elemento balcanico emerge con prepotenza, come in “Lele”, “Blatoto” o nell’iniziale “Chetiri”, che riprende alcuni frammenti dei compagni d’etichetta Fanfare Ciocarlia liberandoli da ogni necessità ritmica e inserendoli in un contesto jazz talmente bislacco da sembrare una versione “click ’n cut” di Tom Waits. Molto spesso i suoni sono semplicemente registrati al contrario ed accompagnati da ritmi dub o trip hop (Opa Hey). L’aspetto assolutamente affascinante del lavoro di questo giovane producer Bulgaro risiede nel particolare uso delle voci, anch’esse registrate chissà dove e successivamente tagliate e sovrapposte su ritmi da Gotan Project (“Tempe”), ripetute all’infinito su scansioni stomp (“Tebe”) o delicatamente adagiate su mantra folk zingari (“Mandra”). E, a proposito di zingari, sono proprio loro i protagonisti di “Long Song”, interamente basata su registrazioni catturate durante un matrimonio zingaro.  

Un disco dal fascino inusuale come il suo autore e come la terra dalla quale proviene, capace di scuotere, divertire e spesso commuovere, come nelle morbide forme etno-jazz di “September” (talmente suadente da rimandare con forza a certi sapori nordafricani) o nella splendida “I Want You to Sleep”, miracoloso incastro di chitarra acustica, fiati, percussioni digitali e voci trasfigurate. Musica che non ha bisogno di paragoni quella di Kottarashky, il D.J. Shadow di Bulgaria. Altro che Milano.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 1 voto.
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