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R Recensione

7/10

Radiodervish

Human

Nono disco per la formazione italo – palestinese con base in Puglia, i Radiodervish possono essere considerati un vero gioiello della musica italiana, uno dei pochi prodotti musicali nati nel nostro paese in grado di tenere testa a quelli internazionali, anche perché internazionali lo sono a tutti gli effetti. Le quattro lingue utilizzate in questo disco, ed una montagna di strumenti dalle svariate provenienze, ne fanno una band multiculturale in senso pieno, con le radici profonde nella cultura mediterranea.

Il duo Nabil Salameh e Michele Lobaccaro (sedici anni di lavoro insieme nei Radiodervish, e prima ancora, dal 1988, l’esperienza fondamentale e seminale con gli Al Daravish, la band che ha portato in Italia la world music e l’etno rock), ha prodotto un disco curatissimo nei suoni e nelle armonie vocali, e intenso nei temi, trattati con delicatezza anche quando si racconta di vicende tristi e dolorose

Una band che rappresenta il tentativo di far dialogare oriente e occidente, quel dialogo che cercava di instaurare l’artista milanese Pippa Bacca, alla cui triste esperienza (violentata ed uccisa durante una performance itinerante in Turchia) si ispira il brano che apre il disco, Velo di sposa, una lenta ballad d'atmosfera impreziosita da suoni che uniscono sapientemente l’elettronica agli strumenti tradizionali. Suoni elettronici e acustici che si fondono e confondono così come avviene anche in  Istanbul (città che rappresenta l’incontro tra occidente e oriente), dove ad unirsi sono anche le lingue, italiano e francese.

Se si vuole cercare un filo conduttore del disco, è proprio questo continuo mischiarsi di culture, questo fondersi di musiche e strumenti, idiomi e parole, che sfocia nella creazione di un suono ed un linguaggio ben definito, che è la cifra stilistica dei Radiodervish. Così è per Lontano, ballad cantata in italiano ed arabo, che racconta la perdita di un congiunto o un amico come occasione di riflessione per il futuro, per Voices in your heart, cantata in inglese e arabo, brano veloce e ritmato, colorato dalle sonorità solari e mediterranee degli strumenti a corda tradizionali, o ancora per Birds, cantata in arabo su suoni e strumenti dell'area del mediterraneo.

Questo mischiarsi di culture raggiunge l’apice ne Il lamento dei mendicanti, dove la band unisce l’arabo al dialetto pugliese in una canzone del grande cantastorie Matteo Salvatore, creando un brano dai suoni evocativi, dove il disagio dei braccianti pugliesi raccontati da Salvatore assume valenza universale, e ben si adatta a quello dei lavoratori da cui sono partite le ribellioni arabe dello scorso anno. La cosiddetta Primavera Araba, a cui i Radiodervish hanno assistito in prima persona (in quei giorni erano proprio in piazza Tahrir) e che raccontano in In fondo ai tuoi occhi. Cantata in italiano, così come due altre splendide composizioni in cui ritroviamo la grande capacità della band di unire suoni dalle provenienza più diverse: Qualcosa oltre il sole, veloce e ritmata, dalle sonorità solari e mediterranee, con gli archi dell'orchestra araba a creare una melodia che prende al primo ascolto, e Quello che non dici, lenta ballad che inizia con banjo, glokenspiel e fisarmonica, per chiudersi con chitarre elettriche, basso, batteria e archi.

Il brano di chiusura racchiude in se tutto il senso del disco: Stay Human, la frase con cui Vittorio Arrigoni chiudeva i suoi reportage dalla Palestina. A lui è dedicato il brano, un altro di quei piccoli grandi eroi che hanno pagato con la vita il loro messaggio di amore verso l'umanità. Esempio di integrazione culturale splendidamente riuscita, i Radiodervish colpiscono per la loro poesia, per i suoni delicati e trascinanti ad un tempo, per quell'insieme di tradizione e modernità che li rende unici nel panorama musicale italiano. Una band che fa del suo essere ponte tra le culture il suo impegno primario, dimostrando che la musica resta ancora, nonostante tutto, il vero linguaggio universale

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 1 voto.
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Gio Crown 7,5/10

C Commenti

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Gio Crown (ha votato 7,5 questo disco) alle 12:29 del primo luglio 2013 ha scritto:

Grandiosi! Ascoltati ieri sera al concerto a Villa Ada...alla fine eravamo tutti in piedi ad applaudirli, emozionati! Abbiamo cantato con loro trascinati dal fascino di un suono elegante, carezzevole e universale. Sì, siamo tutti proprio sulle rive dello stesso "lago" (il Mediterraneo) e condividiamo suoni, strumenti e ispirazione...con noi avrebbe potuto esserci Goran Bregovich e Bombino! E i Dead Cat in a Bag