Radiodervish
Il Sangre e il Sal
Il percorso dei Radiodervish tra le culture del mediterraneo questanno ci racconta di porti, di viaggi, di partenze e di sradicamenti, ma anche di senso di appartenenza. È questo il significato del titolo del disco, sottolineato anche dalluso del Sabir, lantica lingua dei porti del mediterraneo. Il Sangre e il Sal è infatti un modo di dire in lingua Sabir per indicare questa doppia condizione tipica di chi è costretto a viaggiare per mare: il sangue, che rappresenta il legame con le nostre origini, e il sale, che il mare ci lascia addosso dopo il viaggio. Appartenenza e sradicamento quindi sono i due concetti fondamentali per entrare nello spirito di questo nuovo, affascinante lavoro di Nabil Salameh e Michele Lobaccaro.
Al centro di tutto ancora una volta il mediterraneo, con le sue lingue, la sua musica e la sua cultura che si incontrano e si mischiano. Se Itaca (quale titolo migliore per parlare di viaggi, abbandoni e ritorni?), è una ballata dolcissima dai sapori mediterranei, ispirata da una poesia di Konstantinos Kavafis, in Ali dagli occhi azzurri la band riprende Pasolini e la sua celebre Profezia, trasformandola in una ballata cantata in italiano ed in arabo, mentre in La beaute troviamo alcuni versi di Charles Baudelaire, su un tappeto sonoro fatto di fisarmonica e chitarra acustica, con le onde della risacca del mare in sottofondo. Non manca la poesia araba, qui rappresentata da una poesia di Mahmoud Darwish in citata in Una candela nel buio.
È un vero e proprio in contro di culture: quella classica e quella moderna, della Grecia, del mondo Arabo, della Francia, che si incontrano in Italia, vista dai Radiodervish come vero e proprio ponte tra Europa e Mediterraneo. Questo incontro di culture si riflette anche nella musica dei Radiodervish: in Oasi strumenti a corda del mediterraneo e strumenti elettrici occidentali si incrociano in unaccattivante pop song, citando Rimbaud, e cantando in italiano ed in arabo, mentre in Time for a coffee troviamo musica mediterranea e rock, che si si incontrano e mischiano così come la lingua inglese, larabo e litaliano, per raccontare con acuta e sottile ironia il dramma dellapartheid subito dalla popolazione palestinese.
Sempre con uno sguardo attento al presente, i Radiodervish omaggiano il ricordo del sindaco di Pollica Angelo Vassallo e la sua lotta contro la malavita in Il sogno delle lucciole, un brano cantautorale e folk, con una frase in arabo, e le percussioni in evidenza, e non dimenticano il problema della precarietà del lavoro, che in Nuovi schiavi viene identificata appunto come la nuova schiavitù. Il disco si chiude con una canzone damore, la title track Il sangre e il sal, una lenta ballad cantata in Sabir, la lingua dei porti del mediterraneo, nata dallinsieme di italiano, veneziano, genovese, spagnolo, francese, arabo, latino.
Il Mediterraneo dei Radiodervish è questo, un spazio fatto di persone (e non di nazioni), con una cultura millenaria, rappresentato dai tanti poeti citati nelle canzoni del disco (Omero, Kavafis, Pasolini, Darwish, Panagoulis, Baudelaire, Matvejević), che con le loro diverse lingue hanno raccontato questo mare e la vita delle sue genti, così come la band pugliese lo racconta da anni con la sua splendida musica.
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