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R Recensione

7/10

Rokia Traoré

Beautiful Africa

Mélancolie,compagnon fidale de ma solitude

 

L’African chic sembra destinato a diventare uno dei filoni strategici che l’industria discografica che conta, nel mondo dei benestanti, si appresta a sfruttare in misura sempre più massiccia. Di certo ne sa qualcosa la Nonesuch della famiglia Warner, che quest’anno dopo il talentuoso bluesman tuareg Bombino, rilascia pure, a breve distanza, il nuovo album della cantante e polistrumentista maliana Rokia Traorè, Beautiful Africa.

La musica di Rokia, negli anni (è questo il quinto LP in 15 anni di brillante carriera) è una chiara trasposizione della sua storia umana. Nata nel Mali da una ricca famiglia, da subito gira il mondo al seguito del padre, un diplomatico del governo del Mali. L’amore per la sua terra si mischia presto alle innumerevoli influenze che il contatto con le altre culture incontrate le pone davanti. Vive a lungo in Francia ed in Belgio e la sua musica è sempre stata un’efficace miscela di tradizione popolare africana, con le note pizzicate del tradizionale xalam (l’antesignano del banjo) sempre in evidenza, ed elementi di musica occidentale quali rock, blues, jazz ed elettronica, presenti in ordine sparso nelle produzioni passate. Il tutto sempre con grande delicatezza senza mai snaturare completamente o imborghesire del tutto la tradizione africana.

Beautiful Africa ha un suono decisamente piacevole, con pezzi che richiamano la tradizione dell’Africa nera occidentale ammiccanti al desert blues di respiro internazionale (e sono sostanzialmente le prime tracce dell’album, Lalla, Kouma e Sikey) altri dal sapore più roots (su tutte, la stupenda N’Tèri, poi Ka Moun Kè) nel solco della canzone wassoulou maliana al femminile (Oumou Sangare, Djeneba Diakite, e soprattutto in questo caso Nahawa Doumbia). La title track invece è un amabile funkettone al retrogusto di mafè, cantato in francese ed in inglese, dove si parla dell’amore incondizionato per questa terra piena di contraddizioni e difetti, ma bellissima agli occhi di chi c’è nato per vedere poi di forza sradicate le proprie radici.

Una menzione a parte la meritano due brani particolarmente efficaci e riusciti. Melancoliè, un inno alla malinconia, fedele compagna di una solitudine che sembra attanagliare l’artista, e che è pure il primo singolo estratto dall’album e la traccia finale, Sarama, una sorta di crocevia tra la canzone di redenzione di jamaicana memoria e la Tracy Chapman agli esordi. Brano già eletto dal sottoscritto come momento più delicato e intimo del corrente anno in musica.

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Voto degli utenti: 7/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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Marco_Biasio alle 15:43 del 5 giugno 2013 ha scritto:

Spero di poter ascoltare il disco a breve. Nel tour europeo il suo chitarrista sarà Stefano Pilia, peraltro

Franz Bungaro, autore, alle 16:30 del 5 giugno 2013 ha scritto:

Si Marco, te lo consiglio. Non credo sia il suo album migliore, ma in compenso spazia molto in sonorità per lei nuove, prima solo accennate. Questo ha fatto storcere il naso ad alcuni fan ma io l'ho trovata una cosa "simpatica". lei poi ha un fascino ed una intensità che ti rapisce sempre. Per Pilia, dico, buon per lei!

fabfabfab (ha votato 7 questo disco) alle 20:42 del 5 giugno 2013 ha scritto:

Lei è sempre bravissima, sebbene in questo disco il processo di "francesizzazione" sia un po' troppo spinto per i miei gusti. Bravo anche Franz, sempre più afrocentrico...

Franz Bungaro, autore, alle 14:40 del 6 giugno 2013 ha scritto:

ahahah, grazie Fab...in effetti da bambino mi scambiavano per marocchino visto che avevo (e ho tutt'ora in verità) un colorito tra il terrone intenso (quale sono) e il nocciola nordafricano... comunque sono un "sud-icio" dentro e certe sonorità le ho sempre sentite familiari. Viva il Sud, ovunque esso sia.