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R Recensione

7,5/10

Edoardo De Angelis

Io volevo sognare più forte

Arrivato a cinquanta anni di carriera, Edoardo De Angelis nel 2018 ha deciso di fondare una casa discografica con lo scopo di promuovere le nuove proposte della canzone contemporanea, il cui nome Il Cantautore necessario, rivela anche il concetto che la figura dal cantautore sia ancora importante. Oggi, a tre anni di distanza, con questa stessa casa discografica pubblica il suo nuovo disco Io volevo sognare più forte”, un lavoro molto importante, che si posiziona nella tradizione classica della canzone d'autore, con testi ricercati, e l'attenzione agli arrangiamenti che il cantautore romano ha sempre dedicato ai suoi lavori.   

Molti i temi affrontati nelle dodici tracce, ma quello che subito colpisce, e forse non a caso scelto per aprire il disco, è il tema dell'Unione Europea, tanto bistrattata in questi ultimi anni. In un periodo storico in cui sembra che tutti i nostri problemi siano causati dall'Europa, De Angelis ne rivendica l'importanza con “Prima d'essere l'Europa”, un brano elettrico che raccontando la storia della nascita e delle motivazioni che hanno portato all'unione, ne racconta il suo significato più profondo, cosa c'era prima (guerre, distruzioni, confini) e quale sogno è racchiuso in quell'anello di stelle (pace, stabilità, libertà). Un atto d'amore per l'Unione Europea, rimarcato anche nella lenta ballata “Le strade d`Europa”, perché l'Europa raccontata da De Angelis non è solo un'espressione geografica, ma il compimento di un'idea di solidarietà tra i popoli.

Il cantautore romano non rinuncia al suo tratto caratteristico, raccontare la società in cui viviamo senza nasconderne i lati più oscuri. La tragedia delle migrazioni, raccontata nella lenta e intensa Lettere dall'inferno” attraverso gli occhi di un migrante che scrive una lettera immaginaria alla madre, con le sue paure (“il mare mangia gli uomini”) e le sue speranze (“io voglio essere libero”). Le tragedie epocali ricordate in “Il dolore del mondo”, una canzone splendida in cui ripercorrendo i momenti più cupi della storia dell'uomo (dai roghi della Santa Inquisizione ai treni per i campi di concentramento e l'olocausto, fino alla tragedia di Hiroshima) De Angelis ci invita a “imparare il dolore del mondo e imparare il perdono”. Un brano che suona anche come avvertimento, un campanello d'allarme, per non ritornare in quel Medioevo raffigurato in “L'apertura della caccia”. Un brano che, dietro il suo arrangiamento allegro, ci mette in guardia dal non farci prendere dal clima di paura, molto spesso indotto e non giustificato dai fatti, e dalla cultura della difesa dei confini e dall'auto difesa della proprietà, quella cultura del sparare per primo che ci riporta in quello che l'autore definisce come un ritorno al Medioevo.

Sono però canzoni anche di speranza, scritte quasi come fossero delle favole. La dolce ninna nanna con la quale, in un campo nomadi, il padre tranquillizza il figlio in “Il lupo non verrà”, una ballata molto bella con l'organetto di Alessandro d'Alessandro che contrappunta la voce del cantautore; la bellezza della libertà raccontata in “Biancaneve farà un po' tardi”; l'invito a continuare a sognare un futuro migliore de “L'orso e la stella”, da una cui frase prende il titolo il disco, dotata di una melodia convincente e coinvolgente. De Angelis racconta così anche l'ottimismo portato dalla consapevolezza della forza dell'amore, che ci spinge a inseguire i nostri sogni. Quell'amore che in “Cuore selvatico” diventa rifugio dalla tempesta e dalle intemperie, l'amore puro e incontaminato di un bambino di sette anni raccontato in “Nel mio cuore”, come anche l'amore per una città tanto bella quanto maltrattata come Napoli in “Ma quanto è bella Napoli”, una lenta ballata voce e chitarra con la preziosa chitarra classica di Michele Ascolese.

Non manca, a completamento del disco, una bella rivisitazione di “Lella”, una delle prime canzoni italiane in cui si racconta di un femminicidio. A metà strada tra canzone popolare romana e canzone d'autore, in questa nuova versione prende un respiro diverso, e da ballata popolare diventa una canzone intensa, quasi drammatica. Accompagnato da un folto gruppo di ottimi musicisti, tra collaboratori storici, nuove leve e ospiti illustri (oltre ai citati Ascolese e D'Alessandro, merita ricordare anche Alberto Laruccia alle chitarre e pianoforte, oltre che arrangiamenti e direzione), Edoardo De Angelis conferma con questo nuovo lavoro che i vecchi leoni della canzone d'autore sanno ancora graffiare.

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