A La musica è finita – Quello che resta della canzone d’autore

La musica è finita – Quello che resta della canzone d’autore

La musica è finita – Quello che resta della canzone d’autore

Mario Bonanno

Stampa Alternativa, Viterbo 2015

pag. 240 – euro 15,00

 

Archiviata la 39° edizione della Rassegna organizzata dal Club Tenco (con le consuete, sterili, polemiche sull’assegnazione di qualche Targa), torniamo sull’argomento Canzone d’autore con il nuovo libro di Mario Bonanno (giornalista e critico musicale) che l’affronta con un titolo volutamente provocatorio.

L’assunto da cui parte Bonanno è che gli anni sessanta e settanta siano stati l’età dell’oro della canzone d’autore italiana, anni in cui la canzone d’autore dava i suoi frutti migliori e i dischi più importanti, e, soprattutto, sembrava poter incidere in qualche modo sulla realtà circostante o, quando meno, sulla vita dei più giovani. Anni in cui le parole dentro nei dischi contavano, mentre ora, lascia intendere l’autore, contano forse un po’ meno.

Il libro, suddiviso in tre sezioni (Incontri, Storie e Temi), racconta e analizza alcuni  dei cantautori di quella generazione, nomi tra i più importanti della discografia italiana, attraverso tre punti di vista diversi.

Nella prima parte sono raccolte le interviste realizzate da Bonanno in trent’anni di attività giornalistica con alcuni degli esponenti più importanti della canzone d’autore: Battiato, Branduardi, Bubola, Castelnuovo, De Angelis, Locasciulli, Lolli, Ruggeri e Vecchioni, sempre illuminante e colto, anche quando parla di canzone d’autore. Nella seconda sezione troviamo gli articoli monografici di Bonanno, che approfondiscono il discorso su altri grandi nomi (Jannacci, De Gregori, Gaetano, Guccini, Venditti, Gaber, Graziani, Conte, Bertoli, Rosso, Fossati, Dalla), alcuni davvero molto interessanti per l’analisi proposta, come quello su Enzo Jannacci.

La terza parte, molto interessante, indaga i cantautori partendo da uno o più temi delle loro opere. Si va dal tema della guerra in De Andrè e la sua La Guerra di Piero, all’idea della morte nelle canzoni di Vecchioni, secondo Bonanno uno dei temi centrali del canzoniere del professore, a partire dal classico Smarcanda. Analisi interessante e acuta, così come quella sulle figure femminili nelle canzoni di Branduardi. Gli anni settanta, l’epoca d’oro di cui sopra, ma anche l’epoca del terrorismo e dello stragismo, ritorna in questa sezione, prima con un’intervista a due dei protagonisti di quel periodo, Eugenio Finardi e Gianfranco Manfredi, e poi con un lungo e documentato articolo che analizza alcuni testi dei cantautori sull’argomento. Altrettanto interessante il corposo articolo finale, che esamina la figura del matto e la malattia mentale così come è stata raccontata dai cantautori, partendo dalla vecchissima I pazzi sono fuori di Vecchioni per arrivare a Cristicchi ed alla sua Ti regalerò una rosa

Quello che esce dalla lettura di questo libro è un’analisi interessante e documentata della canzone d’autore italiana storica, quella nata negli anni sessanta e settanta, con alcuni spunti di riflessione davvero interessanti e a volte inediti. Meno condivisibile l’idea che la Canzone d’Autore c’era una volta e ora non c’è più. In realtà anche oggi ci sono moltissimi cantautori che proseguono su quel percorso, che mettono dentro nei dischi parole che contano, chi riproponendolo più o meno fedelmente (Alessio Lega, Federico Sirianni, Max Manfredi) chi aggiornandolo e contaminandolo con le sue radici (Cesare Basile, Paolo Benvegnù), chi dandone una versione aggiornata agli anni duemila (Vasco Brondi e Le Luci della Centrale Elettrica, Il Teatro degli Orrori).

Qualcuno in effetti si è chiesto come mai, davanti ai grandi fatti che hanno sconvolto il nostro paese negli ultimi anni, non c’è stato un solo cantautore che abbia sentito il dovere di prendere la parola, come invece succedeva negli anni sessanta e settanta. In realtà non è così. Cantautori che hanno parlato, scritto, raccontato, preso posizione, ce ne sono e ce ne saranno sempre. La differenza è che questi oggi sono diventati quasi invisibili al grande pubblico, non vanno in classifica, non passano in tv, e soprattutto non riescono più a parlare ai giovani con la stessa forza con cui lo facevano negli anni settanta. Lo fanno in vece, e sovente molto bene, i rappers. Perché il rap abbia preso oggi il posto che era della canzone d’autore, soprattutto tra i giovani, sostituendosi ad essa, potrebbe essere un buon argomento per il prossimo libro di Bonanno.

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FrancescoB alle 10:01 del 30 novembre 2015 ha scritto:

Letto tutto d'un fiato, al netto di qualche caduta nella nostalgia militante, un lavoro molto interessante, profondo, vissuto. Bellissime alcune interviste (su tutte quella a Claudio Lolli, davvero cervello sopraffino).