V Video

R Recensione

8/10

Svin

Missionaer

Quanto è bello sorprendersi. Lo abbiamo quasi perso, il gusto della sorpresa, diciamoci la verità. Ora che internet ha dato la possibilità a (più o meno) tutti di esprimersi, ascoltare musica, leggere qualsiasi cosa, abbiamo tutto e subito e poco ci interessa attendere, emozionarsi, coltivare il gusto del desiderio proibito e non, di accedere a qualcosa di nuovo, inaudito, per pochi eletti.

Quella benedetta attesa che arrivi qualcosa che si sta attendendo da tempo, creando l'aspettativa, l'insolito.

L'insondabile che poi si palesa davanti a tuoi occhi, lasciandoti inebetito, col sorriso stampato in faccia, gli occhi semichiusi, in estasi, nella migliore delle ipotesi. 

Più o meno ciò che è accaduto al sottoscritto dinanzi all'opera quarta di una band, che sta per uscire dall'anonimato (si spera presto), che è cresciuta in maniera esponenziale, riconsegnando alla storia un suono sferragliante ed inebriante. Sto parlando naturalmente degli Svin, quella strana cosa proveniente dalla Danimarca, ma che ormai ha finalmente dimostrato che l'appartenenza geografica è solo un cliché, liberando la musica da angusti steccati e barriere che non hanno più ragione d'essere se non nella testa di qualche critico in formaldeide o allampanati teenager con l'ecstasy conficcata nel culo.

Open up and listen to the music, quindi. Mi sembra quasi di risentire Alan Vega parlare di Ayler e Cecil Taylor come sue influenze, oppure Tim Berne che cita Seasons in the Abyss degli Slayer (senza voler scomodare il buon John Zorn).

E' esattamente ciò che accade ascoltando Missionaer: Post e Math Rock in centrifuga e lasciati sprofondare in un oceano di Ambient in un gorgo di maelstrom Noise (Dodskointainer), Rock dritto, muscolare accompagnato da uno splendido e delirante video di un artista chiamato Blake Nicotine: un montaggio originale ed inquietante di tre film sexplotation: Geography of the Body, di Willard Maas, The Cage, di Sidney Peterson, infine The Potted Psalm, di James Broughton e Sidney Peterson; nudità esplicite, torture gratuite, lascive donne discinte dedite a baci saffici, nonchè disgustosi primi piani di parti anatomiche e occhi che si staccano dal bulbo oculare e rotolano via in un mare di fango e terra (Faergen Ellen).

Un nujazz dalle parti di 1.Oustide di David Bowie (V), poi i ghiacciai perenni, le bufere ed i geyser rievocati in Jasper, quello che gli Svin hanno scorto dallo studio di registrazione: la magnifica terra del ghiaccio chiamata Islanda.

Un po' come Zawinul che compose quel capolavoro di In a Silent Way osservando la neve cadere nel parco dalla sua stanza d'albergo a Vienna.

Come se non bastasse, in coda, due composizioni superbe: Kirkeorgelsafrikaner, sferragliante e lisergica, con chitarre zoppicanti e una ritmica imprendibile, scomposta, irregolare e Stella: pastorale e magnetica, la quiete dopo la tempesta durata lo spazio di sei quadri sonori di appena 38 Minuti. 

Less is more, direbbe qualcuno, ma qui c'è talmente tanta musica ed anima da sentirsi saziati ed inebriati per anni. Grazie ragazzi, alla prossima. 

V Voti

Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 1 voto.
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woodjack 7,5/10

C Commenti

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Marco_Biasio alle 12:25 del 30 dicembre 2016 ha scritto:

Il Nuzzi che caccia queste bombette sul finire dell'anno è il regalo migliore che si possa desiderare. Segnalazione e recensione da veri numeri uno!

Paolo Nuzzi, autore, alle 13:36 del 30 dicembre 2016 ha scritto:

Marco caro, ti ringrazio! Questa, manco a farlo apposta, è proprio roba per te. Fammi sapere! un abbraccio!