Xiu Xiu
Angel Guts: Red Classroom
Una quadrifonia di suoni pervade e satura lo spazio in un'atmosfera tesa fino allo spasimo. I loop puliti trasmettono echi asincroni di voci ed effetti mentre mi abbandono, sempre più incapace di reagire, alla claustrofobica spirale che mi conduce spedito nel tunnel senza ritorno del fantastico mondo degli Xiu Xiu. Quel genio poliedrico di Jamie Stewart ne ha combinata un'altra delle sue, catapultandoci nel bel mezzo di un racconto di cui non si conosce l'inizio e men che meno la fine, un paesaggio denso di sperimentazioni industrial cucite su oscuri tappeti sonori.
Strabiliare è indubbiamente una prerogativa ad appannaggio della band californiana, compagine di alchimisti di un suono avanguardista e sperimentale che ha contraddistinto il brand sin dall'esordo nel lontano 2001. "Angel Guts: Red Classroom" (nome di una pellicola erotica giapponese del 1979 di Chusei Sone), edito negli Stati Uniti dall'etichetta Polyvinyl Record Company e in UK/Europa con la Bella Union del redivivo Simon Raymonde, è uno di quei dischi che sorprende ad ogni ascolto per personalità e ricercatezza. L'insanabile, lucida schizofrenia di Stewart, poeta carismatico e frontman eclettico di una stirpe ridotta alla conta sulle dita di una mano, partorisce un corredo lirico di stupefacente caratura che si districa tra questioni di morte, etica sociale ed eros con il piglio fatalista e disfattista in voga nei letterati decadentisti: "We don't need to live to love, everyone has failed us and we have failed everyone" ("New Life Immigration"), epitaffio lapidario che permea il pensiero comune di quasi tutte le liriche del disco. Suddette trovano una coerente, naturale appendice nella parte strumentale, schematica evoluzione di sequenze asciutte e prive di sussulti o virtuosismi, eredità genetica del compianto Alan Vega.
Torbide cyber-ballate avvolte in un drappo più nero della pece prendono sostanza in "Archie's Fades" e "New Life Immigration", convogliate dal tenebroso timbro vocale di Stewart. Synth analogici si combinano in "Stupid In The Dark" e "Lawrence Liquors" seguite dall'insolente "Black Dick", traccia che sconfina in territori breakbeat, tanto bella quanto indicibilmente oscena nell'impudente finale dal "dick" ripetuto all'infinito. La spettrale ninnananna di "El Naco", la opprimente litania a passo lento e inesorabile di "A Knife In The Sun", le convulsioni ipnotiche di "Cinthya's Unisex" "Adult Friends" e "The Silver Platter" (quest'ultima fortemente ispirata dei padri putativi Suicide) ed il conclusivo field recordings di "Red Classroom" completano una veste lirica e musicale di notevole qualità, un incredibile lavoro totemico per attitudine e spessore.
Non c'è un preciso segreto nel passare indenni quindici anni di mode e tendenze musicali, rimanendo originali nonostante le allettanti sirene che garantiscono facili guadagni e perseverando nel proprio progetto, nella propria visione di musica ma, se ti chiami Jamie Stewart, beh... allora tutto è più complessamente semplice!
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