Courtney Barnett
Sometimes I Sit And Think, And Sometimes I Just Sit
Slacker: nullafacente, scansafatiche, fannullone.
Il termine è stato coniato per la prima volta nellOttocento con riferimento agli operai del Sudan (allora colonia britannica) che, durante i lavori per i canali di irrigazione del Nilo, si rifiutavano per protesta di continuare a lavorare. (enjoy Wikipedia!)
Don't ask me what i really mean. I am just a reflection of what you really wanna see So take you want from me
Campo lungo. Prime chiazze luminose del mattino. La schiuma dellonda va e viene. Accarezza come una fisarmonica pigra lorlo della spiaggia. Zoom. Sabbia e ancora sabbia. Poi un punto nero, indefinito. Una foca morta. Rewind. Melba ha sui 16 anni e una Ford wagon blu del 99 laspetta sbuffando monossido di carbonio in strada. Il viale è anonimo, uno dei tanti. Di una lontana lontana periferia anonima. E il momento di lasciare questo sputo di mondo, ragazzina: arrivederci Sydney, destinazione Hobart. Un tipino sveglio, Melba. Viviseziona persone, cose e luoghi con fame adolescente, filtrando e fotocopiando tutto con grandi pupille à la Margaret Keane. Una Leica M6 biologica, di carne e ossa, selettiva, precisa, sempre a caccia di stimoli e idee intorno alla sua testa bambina. Mi domando se Melba avrà mai avuto a che fare con quella parolina un po sinistra, da orgogliosa paginetta wiki. Un nerd sostantivo-aggettivo forgiato, suppongo, dalle medesime menti occidentali superiori che ama(va)no seghettare generi musicali, correnti politiche, donne (millenaria pratica fallocentrica, ok) e, last but not least, quel supermarket esistenziale che ai tempi sponsorizzava la famigerata generazione X. La mia generazione. Il mio disagio con codice a barre che qualche maitre a penser molesto, di solito sbucato fuori da uno speciale tg2, provava a rivendermi come un pacchetto di Fonzies scaduto o un laserdisc HLD-X9 della Pioneer vuoto. Nel 2015 dopo Cristo vi sembrerà paleolitico ma quel dannato fagocita dischi ultraborghese costava più dei socialmente cancerogeni i-phone di ultima generazione, uno dei luminescenti schermi tattili da cui forse scrutate questo simulacro di recensione. La parolina sinistra, ci siamo capiti, era slacker. Allepoca lassociavo tendenzialmente a cinevisioni horror e metal-dipendenza estrema (slasher? pusher? thrasher?), fregandomene del puro significato etimologico. Lunica, indiscutibile certezza che avevo è che tutto, o quasi, ebbe origine dal filmino Sundance lo-fi di uno chiamato Linklater
Taxidermied kangaroos are littered on the shoulders, a possum Jackson Pollock is painted on the tar Sometimes I think a single sneeze could be the end of us.
Fast forward di circa dieci anni. Sydney, Hobart e la Tasmanian School of Arts. Allindomani della partenza dalle spiagge assolate a nord di Sydney lex teenager Melba vede in sogno il proprio futuro, un futuro in cui compaiono accecanti le sacre stimmate di St. Cobain a benedirla e indicarle magnanime la giusta via maestra. La ragazza non spreca un minuto dalla Rivelazione e di lì a breve saprà farsi apprezzare chitarrista smaliziata e dal tocco lieve/grattuggiato nel revival-grunge oceanico dei Rapid Transit. Quindi arrivano le solite sentinelle delle new sensations pitchforkiane a rimbalzarsela come una trottola indie-impazzita, per una volta a ragione direi, grazie a due (ottimi) ep solisti più in là riuniti nella raccolta A Sea Of Split Peas: Ive Got A Friend Called Emily Ferris del 2012 (che includeva già lesemplificativo primo singolo Avant Gardener) e How To Carve A Carrot Into A Rose, 2013. La piccola sedicenne che lasciava Sydney ora gira con una band di maschi in tour senza soste fra le due sponde dellAtlantico. Il suo nome e cognome è Courtney Barnett. A detta di taluni indiecronisti se lo scazzo sonico degli (anti)eroi Novanta ha ancora una qualche ragione di resistere e persistere sarà soprattutto per colpa del talento/iperattivismo live di questa piccola aussie dai tratti paffutelli-McCartney. Molto più banalmente, lacuta Melba che osservava il mondo dalloblò della propria cameretta è ormai matura per il salto decisivo del full-lenght, quello davvero importante in studio di registrazione: le saranno sufficienti otto giorni nellaprile 14 (chiusa dentro gli Head Gap Studio di Preston, Victoria) a germogliare latteso esordio ufficiale Sometimes I Sit And Think, Sometimes I Just Sit. Che parte già benissimo con un titolo di minimale efficacia zen, ripreso dalla frase che larguta nipotina guardava appesa su un vecchio poster a casa di nonna Barnett. Non contenta, Courtney si crea anche una label discografica autoctona (la Milk! Records) con limpegno di pubblicare in totale libertà creativa amici musicisti e i suoi 44 minuti di ellepì, a un anno dallinizio delle sessions con i fidi Bones Sloane al basso, Dave Mudie alla batteria e lesperto Dan Luscombe (seconda chitarra e mixing) in ferie dagli eccellenti Drones. Prodotto dalla Barnett con Burke Reid e lo stesso Luscombe, lhomemade e beffarda filosofia della Sedia quale centro dellUniverso è un mutevole, istantaneo e solidissimo specchio riflesso musicale della sua sveglia autrice. Capace di alternare croccante indie/pop-rock e post riot-grrrlismo (lopening Elevator Operator gustosamente Sleater-Kinney, le pennellate di nonsense e vita quotidiana sentimentale in Dead Fox, gli aromi sixties di Debbie Downer con quellorgano così kinksiano) a stentorei saliscendi elettrici in flanella Seattle (il single "Pedestrian At Best", che spinge su un rifforama molto Bleach e spavalda ritmica Grohl-oriented, lagile interplay di sei corde in Aqua Profunda!), riti sciamani di doorsiana evocazione (i quasi 7 minuti dellipnotica Kims Caravan, con folate psych memori di un Robby Krieger) a intimo folk riverberato che sfuma nostalgico nel Lou Reed 50s di Small Poppies e nel mercuriale outro alla Beck Boxing Day Blues.
Watermarks on the ceiling. I can see Jesus and he's frowning at me. I see a dead seal on the beach. The old man says he's already saved it three times this week. Guess it just wants to die. I would wanna die too
Ma di questa giovane cantastorie moderna con il cuore/jack spesso piantato nel Marshall vanno a segno soprattutto alcuni imperdibili, spesso agrodolci, flashback letterari da Peanuts cresciuti a Jonathan Richman e Pavement via Raymond Carver. Beffardi quadretti personali che succhiano verità come nel minuzioso autobiografismo di An Illustration Of Loneliness (Sleepless In New York) (There's oily residue seeping from the kitchen. It's art-deco necromantic chic, all the dinner plates are kitsch with Irish Wolf Hounds, french baguettes wrapped loose around their necks. I think i'm hungry , i'm thinking of you too ) e nel vado-non-vado della pseudo morettiana Nobody Cares If You Dont Go To The Party (You say "You sleep when you're dead", i'm scared i'll die in my sleep. I guess that's not a bad way to go. I wanna go out but i wanna stay home ). Fino ai frammenti di suburbia e vecchiaia della memorabile Depreston, candidamente rivestita di ricordi amarognoli e dylanesco stream of consciousness (We drive to a house in Preston, we see police arrestin' a man with his hand in a bag. How's that for first impressions? This place seems depressing, it's a californian bungalow in a cul-de-sac ). Cè una capacità, in Sometimes I Sit And Think, Sometimes I Just Sit, un tratteggio lieve nel raccontare e raccontarsi non comune, che oggi fa la differenza. Domani chissà. Il futuro di Courtney va oltre le facili etichette dellusa-e-getta internettiano e potrebbe ragionevolmente lasciare al palo vagonate di altre cantautrici 2.0 distorsore incluso. It ain't no use to sit and wonder why, babe if you dont know by now cantava qualcuno. Ecco, mai amate certe targhette adesive generazionali: mi trasmutano scivolose e passatiste sensazioni della perfida età slacker. Quando lapatico sentimento era un cagnolino che scodinzolava per andare al parco, a disegnare pipì dietro il cestino dei rifiuti, un malinconico Elio Vito dei nostri tempi brutti, un passepartout identitario fedele e un po rompicoglioni.
Campo medio, tardo pomeriggio. La schiuma dellonda continua a portarsi via lo sporco dalla sabbia. Un vecchio fuori fuoco si ferma e fissa lo sguardo con compassione. Cosa resta di questi giorni accigliati? Sonnolenza. Filigrane. Gesù, Kurt e il Sunset Strip. Unaltra foca morta.
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