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R Recensione

6,5/10

Tom Brosseau

Grass Punks

L’America ha una grande tradizione cantautorale che trova in Bob Dylan e Leonard Cohen due dei massimi esponenti, uno per Paese. L’arte dello storytelling, e di conseguenza del folksinger, è qualcosa di estremamente radicato nell’animo americano e proviene probabilmente dalla risicata cronologia dei manuali di storia americana, oppure è fortemente legata alla commistione di etnie, razze e religioni che nei secoli hanno affollato il nuovo continente. Fatto sta che Tom Brosseau si inserisce perfettamente in questa prestigiosa scuola di cantastorie americani, essendo egli un artista folk (da non confondersi col country), nato nel 1976 in North Dakota, arrivato nel 2014 al decimo album solista in dodici anni.

I dieci brani di “Grass Punks” sono un appassionato racconto di luoghi, odori, genti e strade americane, nelle quali Brosseau, senza cipiglio alcuno, tenta di accompagnarci, mano nella mano, semplicemente attraverso il suo minimalismo strumentale e vocale. Anche se non mancano momenti di ingiustificato ottimismo, quasi di stucchevole banalità (“I love to play guitar”), il disco scorre liscio ed asciutto soprattutto in pezzi come “Cradle your device”, “Today is a bright new day” e “Gregory Page of San Diego”. Accanto alla narrazione di un mondo languido e distratto, Tom Brosseau sembra volerci parlare anche di gramigna, ovvero di quell’erba infestante che rovina ogni piantagione, riferendosi metaforicamente alle persone inadatte, ai reietti, agli emarginati, a tutti coloro che vengono esclusi perché considerati appunto “grass punks”.

Ma quella scuola cantautorale fondata da Bob Dylan all’inizio degli anni Sessanta e portata avanti da Van Morrison, Lou Reed, Neil Young, Woody Guthrie, Bruce Springsteen o Simon & Garfunkel, ha trovato oggi la sua sede presso i Sun Kil Moon di turno, che a vario titolo rinvigoriscono e rinnovano il folk degli States. In questo panorama di ritrovata serenità per l’unplugged vis-à-vis, sembra quasi che Brosseau rappresenti un’inservibile appendice. Nonostante ciò, la cura globale nel confezionamento del prodotto discografico è decisamente migliorata rispetto agli esordi, e questo ci spinge ad affermare che “Grass Punks” sia un discreto disco di folk statunitense. Nulla di più. Post scriptum: singolare l’idea della copertina in stile Philips.

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