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R Recensione

9/10

George Will

Dawn

Arriva dalla Lettonia George Will (Jurģis Narvils)  l’ex chitarrista degli Audrey Fall. Si presenta con quest’album solista ed autoprodotto dal titolo "Dawn". Ci troviamo tra le mani un album appartenente al genere Post Rock strumentale. Questo termine utilizzato molto spesso e anche a sproposito per definire qualcosa che forse non può essere definito. Ciò accade perché il Post Rock ridefinisce gli stilemi tradizionali del Rock. Ma nonostante questa terminologia così conosciuta e abusata da molti, di fatto questo genere, oppure sottogenere, non riesce mai ad acquisire quell’importanza nel mondo della musica da guadagnarsi un posto definito e definitivo nell’auge della sacralità musicale. Ed è un destino ingiusto questo, che continua a perpetrarsi negli anni. Ingiusto soprattutto perché ogni evento che contribuisce a definire e tracciare una linea tra qualcosa che c’era prima e qualcosa che è venuto dopo, meriterebbe una riconoscenza e un’affermazione universale. Con il Post Rock finisce veramente un’era e ne comincia un’altra perfettamente indefinibile. Viene ribaltata persino la struttura classica di un brano Rock, il convenzionale Strofa – Ritornello – Assolo – Strofa – Ritornello vengono sostituiti da strutture musicali indefinite e non prestabilite. Le canzoni assumono più la struttura di un’improvvisazione che di un brano tradizionale. Dal punto di vista tematico i movimenti culturali che contribuiscono a far nascere questo genere partono dalla cultura dei giovani intellettuali e scapigliati post industriali. Queste ideologie si percepiscono sia nelle strutture musicali che nell’approccio compositivo che viene applicato. Le ispirazioni e le tematiche trattati sono derivanti dall’illuminismo al razionalismo, con sfumature New Age e le teorie di fisica sperimentale arrivando al post industrialismo. Tutto questo contribuisce a far nascere delle sonorità più concettuali che effettive, viene sviluppato il sentimento e le sensazioni che mirano a provocare l’ascoltatore nella ricerca dei propri sentimenti, sensazioni e fantasie. Stilisticamente il Post Rock è più vicino all’Ambient e alla musica Etnica che al Classic Rock. Tutto si basa sul coinvolgimento emotivo, e non quello tecnico, l’obiettivo è far immergere l’ascoltatore in un mondo parallelo fatto di atmosfere e mood che mirano a far viaggiare chi ascolta nel mondo delle proprie fantasie e sentimenti.

Gli Audrey Fall con il loro "Mitau" hanno portato queste sonorità ad un livello di eccellenza assoluta. Tutto ciò ha avuto non poca importanza per George Will ed è servito come un’ottima base di partenza e appoggio per la creazione di "Dawn". L’appartenenza a quel piccolo capolavoro non viene rinegata bensì sviluppata e portata ad un livello di sonorità diverso e inedito. Viene introdotto l’uso di diversi strumenti come per esempio il pianoforte e violoncello che contribuiscono a creare un lavoro finale più intimo, delicato e coinvolgente. Se in lavoro fatto con Mitau si faceva più riferimento ai luoghi reali, in Dawn il riferimento è più all’immaginario e alla Natura stessa reale o non. Le sonorità infine sono più morbide e si percepisce maggiormente il coinvolgimento Ambient.

Questo approccio più intimo e sentimentale si nota dalle prime note di questo nuovo lavoro con l’omonimo brano Dawn che ti accoglie con le sue soave sonorità del pianoforte. Il coinvolgimento emotivo è garantito. Brano perfetto per cominciare questo viaggio verso nuovi mondi inesplorati. Metaforicamente è una discesa verso l’intimità dell’universo interiore di ognuno. Quei posti inesplorati e sconosciuti a noi stessi, perché spesso velati da mille maschere, forme e apparenze. Simbolicamente è come giungere ad una quieta alba in un mondo nuovo, dopo una notte buia e tempestosa. Quei mondi misteriosi che indaga Mist, la seconda traccia dell’album. Che riscopre il mistero delle nostre intime fragilità. Con Aeon invece possiamo fare il parallelismo tra la vastità dell’universo individuale e la vastità dell’universo fisico inteso come planetario. E per quanto l’uno sembra così vicino e l’altro così lontano, in verità sono la stessa cosa, realtà sconosciute al nostro primordiale involucro. In quanto ognuno di noi è fatto di polvere delle stelle e in ognuno di noi si annida una particella Divina. Dopo aver dato una visione olistica del nostro mondo ci troviamo di fronte due brani molto terreni e diretti come Rust e Iris. Brani da un sapore tradizionale e classico, come se volessero dimostrare e non rinnegare l’appartenenza al mondo convenzionale e umano, musicalmente parlando sono due brani con maggior matrice Rock rispetto al resto dell’album. Questo passaggio lo reputo importante e molto intelligente, che ci dimostra come George Will non lascia nulla al caso, creando un effettivo ponte tra il prima e il dopo, l’aspetto che abbiamo affrontato all’inizio di questa recensione. Davvero ottimo lavoro. Con il prossimo brano Veil è come se si levasse il velo dagli occhi per riuscire finalmente a vedere per la prima volta. Vedere oltre la vista, percepire oltre il mondo materiale e liberarsi dal peso dell’ignoranza trovando la solenne salvezza nell’eterno vuoto del nulla assoluto, che è la madre di tutte le cose. Questa consapevolezza però viene raggiunta solo con il prossimo capitolo Rhea che ti proietta nella realtà in cui ti senti un uccello senza ali. Nato geneticamente per volare ma costretto dal proprio corpo a camminare. A volare però è l’anima e non il corpo, e come con una scenografica rincorsa prendesse il volo lasciando il proprio corpo giù, sulla terra, ad espiare la sua eterna condanna. Ed il viaggio continua con Sylo dove tutto è possibile, ogni terra, ogni mondo e ogni universo è raggiungibile in un attimo. Perché tutti questi luoghi magnifici in realtà sono dentro di noi. E non esiste altro mondo lontano o vicino che sia, più bello e più grande dell’immensa realtà dei nostri sogni e della nostra fantasia. Così come lo è Arda fantastica e fantasiosa Terra di Mezzo di J.R.R.Tolkien che in realtà non è altro che la nostra Terra ma ad un differente stadio di immaginazione.

Giungiamo così alla conclusione di questo intenso viaggia attraverso diversi stadi emotivi raggiungendo l’apoteosi individuale liberando l’anima e lo spirito dei sogni e dell’immaginazione. Ci troviamo di fronte un lavoro di musica strumentale molto intimo ed intenso. George Will si dimostra un raffinato esteta dei sentimenti umani. Dawn è un magnifico viaggio nelle profondità dei fantastici mondi di ognuno di noi.

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Utente non più registrato alle 13:54 del 19 giugno 2017 ha scritto:

Ammetto di non aver letto tutta la recensione (come mio solito ormai) e d'averla letta frettolosamente, ma ci sono due passaggi che mi hanno lasciato "perplesso".

"Con il Post Rock finisce veramente un’era e ne comincia un’altra perfettamente indefinibile. Viene ribaltata persino la struttura classica di un brano Rock, il convenzionale Strofa – Ritornello – Assolo – Strofa – Ritornello vengono sostituiti da strutture musicali indefinite e non prestabilite."

Ma non era già accaduto decenni fa?!

"Stilisticamente il Post Rock è più vicino all’Ambient e alla musica Etnica che al Classic Rock. Tutto si basa sul coinvolgimento emotivo, e non quello tecnico..."

Beh dipende...

"Questo genere, oppure sottogenere, non riesce mai ad acquisire quell’importanza nel mondo della musica da guadagnarsi un posto definito e definitivo nell’auge della sacralità musicale."

Non so se corrisponda al vero, forse non ai gruppi più importanti.

Personalmente ho sempre trovato il post-rock un genere sicuramente interessante ma forse un po' limitato a 2 o 3 caratteristiche ripetute all'infinito e che inoltre finiscono per far assomigliare i gruppi gli uni agli altri.

Parere squisitamente personale eh!

Volodia, autore, alle 17:03 del 19 giugno 2017 ha scritto:

Ciao VDGG

"Ma non era già accaduto decenni fa?!

Beh, ciclicamente accade tutto ed il contrario di tutto... sopratutto nella musica. I generi musicali vengono stravolti sempre e di continuo, delle volte da questi stravolgimenti nascono altri generi, altre volte sono progetti o sperimenti sporadici ed isolati. Non intendevo di certo dire che hanno inventato nulla di nuovo in assoluto, volevo sottolineare il fatto che accostati alla parola Rock, spesso il Post"..." di fatto non ha nulla a che vedere con il concetto classico di Rock o di Metal dal punto di vista strutturale.

"Beh dipende..."

Come appena detto, e lo ribadisco, come anche affermano gli stessi interpreti e le band che fanno tale genere musicale, anche se ovviamente provengono tutti dalla "scuola" rock/metal, l'approccio musicale che usano nel comporre la loro musica è tutt'altro. E ancora, vengono abbandonati e/o addirittura snobbati i vari tecnicismi. E non intendo assolutamente dire se è una cosa giusta o sbagliata. Dico semplicemente che più delle volte è un dato di fatto in tale genere musicale, a detta degli musicisti stessi.

"Non so se corrisponda al vero, forse non ai gruppi più importanti."

I gruppi più importanti di post rock/metal sono ad esempio gli God is an Astronaut e Russian Circle. Beh, dico solo che ultimamente sono stato ai loro rispettivi concerti a Roma. C'erano si e no 200-300 persone, in una città di 7 milioni di abitanti. Sono molto famosi, sì, per gli addetti ai lavori e appassionati di nicchia appunto. Certo se ci metti in mezzo anche i Sigur Ros il discorso cambia leggermente... ma anche musicalmente ci spostiamo un pò su altri piani, concetti, e generi... e anche in questo caso, se restiamo nei confini italiani, anche i Sigur non sono poi così famosi come sembrano, se non per i melomani, addetti e appassionati di questi sonorità... almeno basandomi sulle mie esperienze...

Utente non più registrato alle 20:35 del 19 giugno 2017 ha scritto:

Banalmente, tendo a separare nettamente quello che è il valore reale (o, se vuoi, quello che io gli attribuisco) di un gruppo/genere dal seguito che ha...

Per "tecnicismo" bisogna vedere cosa intendi/ono...a me non dispiace, se non è solo la dimostrazione di quanto si è veloci...

Volodia, autore, alle 20:48 del 19 giugno 2017 ha scritto:

Sono Assolutamente d'accordo con te riguardo entrambe le affermazioni. Anche per il semplice fatto che stiamo discutendo sotto la recensione di codesto album

Dico solo che in altri generi a volte i due concetti coincidono, o co-esistono, qui non è mai accaduto finora.

Sul tecnicismo possiamo esprimere pareri personali, e anche se il mio coincide con quello tuo, è giusto raccontare o

semplicemente testimoniare pareri o modi di vedere/pensare altrui

Utente non più registrato alle 13:17 del 20 giugno 2017 ha scritto:

Per quanto riguarda invece il disco in questione, non è male (gli darei massimo un 7/7,5), ma, a parer mio, siamo al solito, le 2 caratteristiche (3 erano troppe) vengono rispettate: inizio mesto e sottotono, crescendo con chitarra che s'inerpica...

Ti dirò che alla fin fine, per il post-rock, forse possono bastare una dozzina di lavori, compresi i più recenti dei Meniscus e Caspian, che mi dicono di più di questo.

Ciao

luin alle 15:52 del 20 giugno 2017 ha scritto:

Però attenzione a identificare il post-rock con la musica di Mogwai, Explosions in the sky, God is an austronaut... fanno parte già della seconda/terza ondata, e sono anche quelli che, fissando uno standard, hanno contribuito all'equivoco "post-rock genere ripetitivo".

"Post-rock" è stato usato per la prima volta per fare un discorso generale su alcuni gruppi inglesi dei primi anni 90 (Disco inferno, Pram, Stereolab, Bark psychosis ecc.), già non molto simili tra loro. Poi è stato esteso a gruppi americani che facevano ancora un'altra musica. Poi ci sono state contaminazioni e tutto è diventato ancora più complicato: il post-rock chitarristico-atmosferico "alla Mogwai" (scozzesi) è un'evoluzione (o degradazione) dei primi gruppi americani, ed è il filone dominante del decennio 00 (da cui l'equivoco) ma non l'unico.

Insomma non direi proprio che il post-rock è un genere limitato (anzi, per definizione è proprio un calderone in cui puoi metterci di tutto).

Utente non più registrato alle 20:15 del 20 giugno 2017 ha scritto:

Si certo, per carità, ed è anche il rischio delle "etichette"...

LucaJoker19_ alle 21:59 del 27 giugno 2017 ha scritto:

attenzione, un 9! urge ascolto anche se non il mio genere

hotstone alle 16:12 del 20 agosto 2018 ha scritto:

Ascoltatori mensili su spotify 272,su youtube presso il canale worldhaspostrock che è il canale di riferimento per questo genere, il disco ha 16.145 visualizzazioni.

La mia curiosità mi ha portato ad ascoltarlo. Beh devo dire che il 9 proprio non ci sta. al massimo 6.5 per l'impegno. Sembra di ascoltare un disco di una qualsiasi post rock band di ragazzini sedicenni.

Volodia, autore, alle 13:43 del 21 agosto 2018 ha scritto:

Sono gusti, ovviamente. Sono tuttavia felice che tutto ciò ha portato a farti ascoltare il disco. Sappiamo bene che la tecnica nel post rock/metal ha poca importanza/senso. Dico questo perché ciò che mi ha coinvolto in questo lavoro è il mood, l'atmosfera, il coinvolgimento emotivo che riesce a creare la sua musica... ti trasporta... e non mi succede mai, nemmeno lontanamente, ascoltando una qualsiasi band di sedicenni che fanno musica Post...

hotstone alle 15:57 del 23 agosto 2018 ha scritto:

Sono gusti, giusto quello che dici ... Però ho una domanda. Se questo lavoro per te vale 9, un disco superiore quanto dovrebbe valere ?

Volodia, autore, alle 13:16 del 30 agosto 2018 ha scritto:

Forse 9,5 oppure anche 10. Comunque il voto in se non è di fondamentale importanza secondo me. Bisogna leggere una recensione, sempre se si vuole, e capire del perché è consigliato o meno l'ascolto. Leggendo la recensione, credo che si capisce del perché in questo caso, il voto è 9. Secondo il recensore, ovvio.