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R Recensione

7,5/10

Stefan Goldmann

17:50

Stefan Goldmann non è il classico Dj trendy proveniente da Berlino. Il suo approccio alla musica elettronica è rimasto sempre lo stesso, nonostante le mega hits del calibro di Sleepy Hollow o The Maze, le collaborazioni con brand dominanti quali Perlon, Innervisions, Cocoon e Ovum, che l’avrebbero potuto far vivere tranquillamente di rendita per gli anni a venire.

Techno e house sono gli strumenti migliori per interrogarsi sul futuro; spingersi ogni volta in avanti è al contempo fonte di eccitazione e ragione di vita. Il ruolo dietro ai piatti o in studio gli va perciò stretto, ed allora eccolo nelle vesti di discografico con la Macro records (nel cui roster troviamo Elektro Guzzi, Peter Kruder e Santiago Salazar) e di editorialista sulle pagine del flyer del Berghain.

I suoi ragionamenti sull’evoluzione del Dj (ed il suo rapporto con l’arte) sono tra i più interessanti che si possano leggere: basta con l’inutile confronto vinile vs mp3, concentriamoci piuttosto sull’unicità della performance, unica ragione per preferire il mondo reale a quello virtuale. Come ai tempi dei grandi compositori classici, quando era il teatro a commissionare un’opera, così oggi i clubs dovrebbero richiedere ai Dj’s materiale esclusivo da rendere pubblico soltanto in un secondo momento se non mai.

Gli spettacoli di Stefan si basano tutti su questo principio ed ogni show è in pratica unico.

Naturalmente in una visione così particolare non vi è più differenza tra producer e Dj.

Il concept di 17:50, la cui uscita ufficiale è prevista per settembre, nasce intorno alle tecniche di pitch bending e de-tuning: le note, private della loro intonazione naturale e stravolte nell’estensione, vengono trasformate in un linguaggio alieno mantenendo tuttavia un’impronta funky a testimonianza dell’origine umana. L’acid house senza la Tb 303 tanto per semplificare.

In realtà Stefan manipola il pitch di ogni tono ricercando armonie inedite, ispirandosi anche alla tradizione bulgara: melodie popolari su cui si è ballato per secoli e che vanno a segno pure stavolta, risultando fresche e all’avanguardia.

L’utilizzo di strumenti analogici conferisce inoltre un piacevolissimo senso di calore e profondità.

Infine per rendere completa l’esperienza all’album si affiancano un dvd, Parameter, booklet con le fotografie di Dimitar Variysky ed un apposito blog, 17×50.wordpress.com, dove è possibile trovare anteprime, clips ed altro materiale.

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andy capp 4,5/10

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