R Recensione

7/10

Underworld

Oblivion With Bells

A distanza di pochi mesi dal nuovo Chemical Brothers, tocca a un'altra sigla storica della leftfield inglese fare la sua ricomparsa: gli Underworld orfani di Darren Emerson, chiamati a risollevare le proprie quotazioni, crollate bruscamente dopo l'uscita del deludente A Hundred Days Off.

E non stupisce più di tanto che I due decidano di giocarsi la carta del ritorno alle origini, approdo sicuro per gruppi in crisi creativa: fin dalla grafica di copertina il richiamo a Dubnobasswithmyheadman risulta subito evidente. Il disco con cui il mondo sotteraneo è emerso verso la popolarità, prima della canonizzazione via Trainspotting e dei blaterii sconnessi di Born Slippy, prima dello sdoganamente in terra indie dell'elettronica, prima del big bang della progressive. Una fusione imprevedibile e imprevista di techno, house e trance per mano di uno strano terzetto, i due ex new wavers Karl Hyde e Karl Smith e il Dj prodigio Darren Emerson. Che si rivelò il vero demiurgo (artefice ?) del suono del gruppo.

Dal 2002, come si è accennato, Emerson non c'è più e dei vecchi divi dell'elettronica anni '90 si son perse da tempo le tracce, Orbital e Leftfield volatilizzati, Massive Attack ridotti a una persona, fratelli chimici invecchati precocemente.

Difficile, pressochè impossibile ricreare i fasti di una golden age impolverata dagli anni, impensabile ricreare il senso di febbrile scoperta di Dubnobasswithmyheadman. Ma Hyde e Smith decidono di provarci comunque. E, bisogna ammetterlo, lo fanno con gran stile.

Crocodile apre la danze di slancio, innesta su un groove funky house trascinanti amarcord e reminiscenze progressive, che vengono portati a compimento nella successiva Beatiful Burnout, vero e proprio momumento all'era di BT e Faithless.

Holding the Moth alza la posta e sgancia un siluro acid techno degno di Green Velvet, aprendo ad una vena scura che si rivelerà la più convincente del disco: la stessa che anima il mantra ipnotico di Boy,Boy,Boy (una di quelle immersioni psichedeliche che ci hanno fatto amare tanto Beacoup Fish), il dark ambient sepolcrale di Cuddle Bunny Vs The Celtic Villages, ma anche l'algido numero Kraftwerk di Faxed Invitation, spettrale vocoder in bella vista e pedalare.

Fanno da contraltare l'ambient celestiale (e un pò kitsch) di To Heal e il bagno progressive di Glam Bucket, ma anche una Ring Road in cui il ritornello bizzarro e la parlata so english finisceono curiosamente col ricordare certe cose del signor Streets ed una vellutata Good Morning Cockerel che pare messa lì apposta per ricordarci i trascorsi indie del duo.

Il pattern insipido di Best Magmu Ever è posto a chiusura di un disco che così insulso per fortuna non è: preso atto come sempre del tempo che passa implacabile, va riconosciuta agli Underworld una certa verve nella riproposizione di un suono che è solo loro e che risulta immediatamente riconoscibile dopo pochi secondi. Di quante stelline della leftfield attuale si potrà dire lo stesso tra quindici anni ?

V Voti

Voto degli utenti: 5/10 in media su 1 voto.
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