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A Fabrizio De André

Fabrizio De André

Fabrizio De André (1940 - 1999) è uno dei massimi cantautori italiani di sempre: influenzato da chansonniers e songwriters come Brassens, Dylan e Cohen, ha a sua volta esercitato un grande influsso sulla successiva musica italiana ed internazionale (si pensi solo a De Gregori, suo grande ammiratore nonché suo collaboratore nell'album Volume VIII). Nasce a Genova, città a cui resterà sempre legato e che non cesserà mai di cantare: crogiuolo di lingue, culture e musiche, proiettata nella vastità del Mediterraneo ma insieme stretta dalle montagne, il cui stesso dialetto pare separarla dal resto d’Italia per accostarla alle coste della Sardegna, del Nord Africa, del Medio Oriente. Influenzato dallo stile dei grandi cantautori internazionali, De André compone ballate popolate da personaggi problematici, emarginati, spesso accompagnato da semplici arrangiamenti strumentali o anche dalla sua sola chitarra: a raccolte antologiche come Volume I (1967) e Volume III (1968) si contrappone un concept album dalle complesse (a volte fin troppo) orchestrazioni come Tutti morimmo a stento (1968), destinato a restare tra le sue opere più celebri. Molte le composizioni di ispirazione letteraria: dalla Ballata degli Impiccati (ispirata ad una poesia di Villon) a La buona novella (1970, ispirata ai testi dei Vangeli apocrifi) a Non al denaro, non all’amore né al cielo (1971, tratto dall’Antologia di Spoon River di Masters). Nel 1973 esce un album importante: Storia di un impiegato investe per la prima volta la tematica politica, resoconto di una problematica ribellione anarchica al potere costituito. In questo album De André mette in discussione la sua stessa posizione politica (se così si può definire) per approdare da una ribellione individuale e quindi sterile ad una presa di coscienza collettiva. Altrettanto importante è l’incontro con Francesco De Gregori, suo grande ammiratore: dalla collaborazione dei due nascerà il bellissimo Volume VIII (1975), in cui l’influenza dell’artista romano è evidente nel maggiore ermetismo dei testi, mai così vicini ad una poesia a verso libero. Nel 1979 De André è vittima di un sequestro in Sardegna, esperienza che ispirerà molte tracce dell’album successivo L’indiano (1981). Del 1984 è invece Creuza de ma, sicuramente il suo lavoro più ambizioso e sperimentale: un grande affresco sulla cultura mediterranea reso attraverso l’uso esclusivo del dialetto genovese (anche se parrebbe più corretto definirla come una lingua vera e propria) e di strumenti dal sapore etnico. Con questo album De André pare superare la mera musica cantautorale (nel senso riduttivo del termine) per approdare ad un’espressione che mescola armonicamente suono e linguaggio. Espressione che sarà poi carattere peculiare (malgrado il ritorno, con poche eccezioni, alla lingua italiana) del suo ultimo capolavoro, il bellissimo Anime salve (1996) inciso assieme all’amico e conterraneo Ivano Fossati.