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R Recensione

8/10

TEKE::TEKE

Shirushi

Se volessimo dare un titolo a questa recensione probabilmente questo sarebbe “non tutta la nostalgia vien per nuocere”. Perché il disco di debutto dei TEKE::TEKE, band splendidamente multiculturale ma con centro a Montréal, si dichiara espressamente creatore di un suono reminiscente di quelle che furono le colonne sonore giapponesi del ventennio Sessanta e Settanta (il progetto nasce addirittura come un omaggio al celebre chitarrista degli anni Sessanta e Settanta Takeshi Terauchi, che quest’anno festeggia il suo ottantaduesimo compleanno), reinterpretate secondo un “twist frenetico e moderno”. Dico che non tutta la nostalgia nuoce perché nel variegato fenomeno contemporaneo della musica nostalgica, spesso compiuto da alcuni artisti involontariamente e senza una precisa intenzione di farlo (i casi non sono pochi), un intervento come quello dei TEKE::TEKE rappresenta una perla splendidamente rara e riuscita. Il disco si intitola Shirushi e i suoi autori sono ben sette, con una varietà strumentale che mette davvero d’accordo l’antico e il moderno, mescolando strumenti tipici della tradizione giapponese con quelli dello psych rock e del jazz occidentali: Serge Nakauchi Pelletier e Hidetaka Yoneyama alla chitarra, Mishka Stein al basso, Ian Lettre alle percussioni, Yuki Isami al flauto, Etienne Lebel al trombone e la versatile vocalist Maya Kuroki.

In quanto eredi di Terauchi, il suono dei TEKE::TEKE di Shirushi si rifà al rock euroamericano degli anni Sessanta, al folk e al surf rock, e al cosiddetto Eleki, la loro interessantissima traduzione giapponese espressa da band come Terry and the Blue Jeans, i Launchers, i Bunnys, divenute in Giappone famose tanto quanto i protagonisti occidentali del genere. Ma a questo bisogna aggiungere la stagione della psichedelia degli anni Settanta legata, come già affermato, alle colonne sonore giapponesi. La modestia del settetto internazionale di Montréal si ferma qui, ma in Shirushi si puo cogliere persino di più. Lo dimostrano brani che, rispetto a tracce come Kala kala, Yoru Ni, dove l’esperimento e l’omaggio sono evidenti, o la posseduta Barbara, che sembra ricordarci i sogni disturbati di un film animato di Satoshi Kon, realizzano piccole chicche jazzistiche che sono fiaba assoluta, come Dobugawa e la conclusiva Tekagami, fatta di sinuose percussioni, piano stregati e un’orchestra tutta semitoni e diminuite.

Se il termine Shirushi potrebbe riferirsi ad alcuni simboli usati nel contesto della pratica spirituale del Reiki, TEKE::TEKE potrebbe fare riferimento alla inquietante leggenda giapponese del Teke-teke, riguardante una ragazza che fu tagliata in due da un treno dopo essere caduta sui binari e che, sotto forma di spirito maligno, tormenta i malcapitati cercando di privarli della parte inferiore del corpo. Ma potremmo anche sbagliarci, ascoltando il disco con una serenità in più.

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