R Recensione

7,5/10

HUMANBEING

Humanbeing

Quello di Rossano Baldini è il percorso di un musicista per il cinema e per la televisione con una forte formazione accademica, che lo ha portato a collaborare con artisti del calibro di Gianluca Petrella, Michele Rabbia, Pierpaolo Ranieri e del grande Nicola Piovani. Il disco omonimo che lo consacra con il suggestivo nome di HUMANBEING è un lavoro che segna la rinascita di Baldini come compositore di musica elettronica. “HUMANBEING è un progetto molto personale”, racconta il musicista in un’intervista, “così personale che ho avuto bisogno di creare una nuova identità”.

È molto interessante, a parere di chi scrive naturalmente, leggere quest’album alla luce di quella che è la variopinta carriera musicale di Baldini, che alla musica per il cinema e alla composizione accademica ha associato l’amore adolescenziale per i Beatles di White album, il pop, il folk e il country, Beethoven e Aphex Twin o Underworld, dato che rende questo Humanbeing non solo qualcosa di inedito nella produzione dell’artista, ma anche un disco personalissimo, libero dagli schemi che le composizioni-per comportano, potendo contare sulla propria collaudata tecnica ed esperienza musicale.

Paesaggi sonori, suite elettroniche, la figlia neonata del musicista (la cui voce è forse udibile in sottofondo nella traccia Skin?), nata nel periodo di stesura del disco, per raccontare con una perfetta consequenzialità narrativa (i brani sono inscindibili l’uno dall’altro) la dimensione più sensibile ed empirica dell’essere umano, realizzando una vera e propria anatomia in suono, senza pero - mi si perdonera l’intellettualismo banalmente hegeliano, che è tuttavia sincero - scindere la fisica dalla metafisica, il corpo dal concetto. Carne viva, sangue che scorre e che pulsa, pelle, polmoni, fegato, cuore. I cori sinuosi di Skin sono il paesaggio della pelle, gli altipiani, le conche, le dune. Flesh pulsa per la presenza del regolare battito cardiaco e Blood, uno dei brani più vivi, racconta le funzioni ondulatorie e labirintiche del sistema vascolare, i punti di massimo e di minimo, come una sorta di elettrocardioramma redatto su carta da pentagramma. La più potente Liver riesce addirittura a far ballare grazie al suo suono ricco, ruvido, pulsante. Il sapiente gioco di orchestrazione, che affida al pianoforte i toni caldi, gli zampilli più docili di questa anatomia, alle percussioni i segni vitali, le bradicardie e le tachicardie, ai synth il mondo interno che rimane, è una perfetta testimonianza che la musica non è un’arte astratta e indecifrabile, ma un’arte in grado di raccontare con perizia di dettaglio, e forse meglio delle parole, anche gli anfratti più complessi e oscuri, come quelli che compongono il dedalo del corpo umano. “Non voglio descrivere precisamente”, dice infatti Baldini, “vorrei raccontare una storia”.

Il suggestivo lavoro grafico è del fotografo parigino Manuele Geromini. “Qui non c’è letteratura, non ci sono metodi”. Grazie a Baldini anche per questo.

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